In realtà questo post nasce un po’ così, ovvero mi è venuta in mente il titolo (“Emma Marrone Is The New Sabrina Salerno”), che è una roba stratosferica da oscar della rete, ma non un post. La bozza contentente titolo e l’immagine qui sopra, scelta per dimostrare la veridicità dell’affermazione, almeno per le cose realmente importanti, è data al 27 di maggio. Quindi insomma, è passato un bel po’ di tempo, e io non sapevo davvero che scrivere. Non certo un parallelo musicale fra le due, perché chi se ne frega dai, non fa nemmeno ridere. E però la musica ce la volevo infilare, in qualche modo, visto che sia Emma che Sabrina sono cantanti. E dunque, mettiamola così: 1) puppe, 2) entrambe sono esponenti di successo della musica da classifica del rispettivo periodo storico, 3) entrambe sono schifate dalla gente che detesta la roba da classifica in quanto tale e fa della dialettica commerciale vs anti-commerciale il proprio filtro di valutazione della realtà.

“Ahahaha, coglione, tornantene a sentire la Salerno/Marrone!”

Questa frase, e infinite varianti, sarà stata pronunciata milioni di volte. La cosa interessante è adesso questa: è molto probabile che oggi chiunque pronunci quella frase ascolti musica infinitamente peggiore di quella di Emma Marrone, che pure è una simpatica & popputa guagliona ma insomma rompe veramente la coglia. Ma che dire di antipatici sfigati come praticamente l’intero arcipelago dell’Indie Italiano, da cima a fondo? Al confronto, Emma diventa Shemekia Copeland!

Per esempio, prendete il trafiletto qui sopra. E’ una lettera di un imbecille, tale Steve Morrissey di Manchester, che demolisce i Ramones. Caso volle che, qualche anno dopo, questo tizio diventasse il cantante di una delle tre più ripugnanti band della storia della musica PII (Prima dell’Indie Italiano), ovvero gli Smiths. Il punto è: in retrospettiva, si capiva già che ‘sto tizio era un coglione e andava interdetto dagli studi di registrazione. E i fan italiani degli ombrosi, tormentati e intensi Smiths, al tempo, di sicuro schifavano la volgare strappona Sabrina Salerno (chissà come mai, diranno alcuni). Sostituite agli Smiths un altro gruppi italiano degli anni ’80, tipo i Diaframma o i Litfiba, e la contrapposizione viene preservata. Ma non oggi. La cosa che indispettirà molto i fan dell’indie italico, e che quindi già solo per questo ha buone probabilità di essere vera, è che sia la Marrone sia gli Stato Sociale di turno sono figli della stesso identico impulso, ovvero quello del buttarsi senza alcuna nozione del concetto di dignità personale. Non Emma nello specifico (perché qualche dote effettivamente spendibile nel contesto di riferimento, ovvero aspetto fisico e un certo rustico carisma, ce li ha pure), ma gli Stato Sociale sì, e questo porta ulteriormente acqua al mio mulino, che a questo punto è già sulle rive del Mississippi in piena. Emma è riuscita, almeno per ora, a sopravvivere al tritacarne dei reality canterini, e quindi rappresenta un caso di success story. Avevo già analizzato il realitame canterino e quindi non mi ripeto, semmai linko. In breve, comunque: sei disposto all’umiliazione in diretta nazionale? Ok, vieni qui che noi ci si tira su l’Auditel!

Sui gruppi indietalici e garrincheschi, la questione è in reatà similissima. Mettiamo che uno si metta a cincischiare con chitarre e computer e tiri fuori una serie di canzoncine mongolitiche che paiono un misto di 883, Lunapop ed musiche del Nintendo. Tipo Stato Sociale, per intendersi. La reazione sana comporterebbe l’autocritica, ammettere il proprio schifo e ripromettersi di smettere per sempre o in alternativa imparare prima un po’ di roba, perché non esiste che qualcuno possa apprezzare simile merda. Occhio che il paragone col punk è dietro l’angolo, ma io lo disinnesco subito. Perché il punk ’77 esplose e bruciò molto rapidamente. Riportò il rock alle sue pulsioni basilari in un periodo di elefantiasi avvitata su sè stessa. Tutti i gruppi del periodo che sono andati oltre la morte naturale della scena (che so, Damned, Stiff Little Fingers, Clash, Crass…) hanno in seguito corretto il tiro imparando a suonare e cambiando musica, se non spirito, nel proseguimento dell’attività. La stessa cosa successe con il molto più interessante scenario dell’hc americano degli anni ’80. E non sto dicendo che sia stato un bene o un male: il (salutare) suono ignorante e zozzo ma carico di energia e carica dissacrante si è sempre strutturato meglio per prendere altre direzioni. Una questione di autocoscienza. Invece, come il karaokista stonato e inguardabile decide di mettersi nelle mani dei vocal coach e di diventare una star facendo figure di merda in tv ogni settimana, allo stesso modo il musicista indietalico riesce a crearsi un giro nell’alternativame generico, sospinto dal passa parola e dall’interwebs e dal diabolico pubblico hipster a prova di tutto.

E qui si arriva al punto realmente delicato. Questo tipo di musica DI MERDA presuppone l’inesistenza del concetto di dignità personale, ma non ha fini come lo sfregio della morale (ormai obsoleto) o della “buona musica” (pure). No. Si inserisce nel micidiale circuito dell’Ironia 2.0 che rende impossibile qualunque critica. Anzi, una critica rafforza il circuito. Potrei passare ore a scrivere perché i Gazebo Penguins, i Cani, Marta Sui Tubi o Maria Antonietta fanno vomitare il culo ai gabbiani, ma “troppo tardi, lo sanno già, ahaha”, “chi se ne frega, loro lo sanno”, “non vanno presi sul serio, sono ironici”, fino al peggiore, “ormai che vuoi fare, le note sono sette, tutto è già stato detto”. Cioè, il fatto che gente faccia musica di merda che metta in musica quanto la musica è di merda con testi di merda sulla merda assolve automaticamente tutto con una scrollata di spalle. Posso non condividere, e infatti non lo condivido, il punto di vista di Kekko, ma è rispettabile e coerente, sempre che l’abbia capito bene: ovvero che la musica deve dirti qualcosa sulla tua vita, e farlo sinceramente, per meritare attenzione. E’ un leitmotiv ricorrente del suo blog e quindi immagino che per lui sia importante. Anche più della musica in sé, visto che secondo lui la validità di Gazebo Penguins o Stato Sociale discende da quanto siano in sintonia con l’esperienza di vita di un ventenne medio in Italia oggi. Io non la penso così, credo che la musica (ma potrei dire l’arte) sia finzione e che la verità in tal senso conti poco e niente, meglio una bella recita che una mediocre verità. Soprattutto, non ho alcun bisogno che un musicista “mi parli”. Sia io che il Kekko siamo grandissimi appassionati di Henry Rollins. “Ecco finalmente qualcuno che riesce a spiegare quello che sento ma non so dire. A un tratto mi pareva di conoscerlo da sempre.” Io non sono in grado di ragionare così. La musica di Henry Rollins mi piace di per sé e per l’immaginario che riesce a rappresentare. Non sentendomi inadeguato o alienato, o essendo troppo insensibile per sentirmici, mi godo le qualità estetiche della musica, la rappresentazione di questa inadeguatezza, ma senza immedesimazione. Per me va benissimo dipingere un’immaginario personale e renderlo vivo. La mia connessione diretta, provata sulla pelle, è irrilevante. Altrimenti è come dire che, non essendomi mai drogato, non dovrei amare i Monster Magnet. Cosa dice della mia vita, non so, Branford Marsalis? Credo ben poco, se non che mi piace la musica di Branford Marsalis. Dovrebbe esserci altro? No.

E dunque, sulla base di tutto lo sproloquio senza senso che è arrivato fino a Andy Warhol che regge il mantello di Miles Davis quando faceva dischi orribili, come chiudere? Che arrivati ad un certo punto, quando il fare schifo alla merda in maniera assoluta e totale diventa una cosa del tutto gratuita e fine a sé stessa, occorre impugnare il mitra e sparare ad alzo zero contro la marea di merdoni. E’ vero, ognuno fa quel che vuole e si esprime come gli pare. Ma rispetto molto di più chi vuole diventare una star e comprarsi il villone a Bel Air piuttosto che chi va in giro per i bar a rompere i coglioni con canzoncine di merda sull’esser stati mollati dalla tipa nell’intervallo pubblicitario di Don Mattero via Facebook nell’incertezza del precariato che tanto vale andare fare l’aperitivo coi soldi della borsa di studio in scienza della banana mentre si pensa a come la gente criticherà questa stessa canzone di merda che ripete un arpeggio di un pezzo dei Wilco ma solo alla seconda strofa e lo fa per strizzare l’occhio e lo dice pure il testo. No, basta, veramente, ci vuole un po’ di dignità, perché con l’indietalico il livello di infimaggine dei libri di Enrico Brizzi o dei film di Marco Ponti ha trovato una traduzione musicale accurata. L’unica arma, a questo punto, diventa ignorare il fenomeno, cosa che proprio in questo post del cavolo non ho fatto, ma insomma qualcosa dovevo pur scrivere.

Quindi, Emma Marrone vince. Fa musica commerciale, brutta e rompicazzo. Ma molto meno degli indiesfighi medi, e senza la rete di salvezza dell’Ironia 2.0 e della contrapposizione alternativo vs. commerciale che giustifichi le peggio aberrazioni in nome di sé stessa e del proprio ironico pubblico.