Category: contributi evolutivi


Pile-Driver

Non essendo io, a differenza della stragrande maggioranza dei miei connazionali, un esperto di antiterrorismo, geopolitica, teologia, relazioni internazionali, antropologia, tattica militare e balistica, non vi tedierò su cosa si sarebbe potuto o dovuto fare per sventare i fattacci parigini, né cosa si potrà o dovrà fare da qui in avanti. Volevo però fare qualche ragionamento, spero non del tutto a bischero, su una particolare impasse che da anni è parte dell’armamentario retorico e della cultura in cui viviamo, ed è quel rapporto tanto forte quanto involontario fra jihadismo e politicamente corretto variante “le colpe dell’uomo bianco”. In sostanza, dopo episodi agghiaccianti come quello di Parigi (e di Beirut, del Mali, di Israele… la lista è lunga e non finirà) l’opinione media si divide in due fronti, caratterizzati da un’abbondanza di stupidità: il fronte “ammazziamoli tutti porcodio!” e quello “oh ma il mio kebabbaro Abdul è così bravo non sarete mica islamofobi porcodio?”. Ovvero, sostenitori di Salvini & co. e gente che tenta complesse capriole dialettiche per giustificare in qualsiasi modo la cultura araba pur di non essere accomunata in alcun modo ai sostenitori di Salvini. Fra questi due estremi lo spazio di manovra è ridottissimo, perché nessuna delle due parti è ragionevole, ed entrambe fanno un ottimo servizio agli attentati a venire.

Il cocktail in fin dei conti è letale: fra “fanno gli attentati per colpa nostra che siamo stati cattivi in Medio Oriente”, “fanno gli attentati per colpa nostra che li trattiamo male qui” e “fanno gli attentati perché la società capitalista mette alla porte gli ultimi che reagiscono nel solo modo concessogli”, ci manca solo che qualcuno li ringrazi per gli attentati. Si forma una zona grigia fra atto criminale, paternalismo terzomondista e razzismo spicciolo in cui si possono incuneare cose brutte e schifose – il ritorno di nazionalismi autoritari (le lodi a Putin etc si sprecano e aumentano, come i consensi dei partiti nazionalisti europei) e la mancanza di un’azione risoluta perché non si vede il possibile campo di battaglia. E non dico in senso letterale, ma proprio sul piano culturale. Forse si potrebbe partire dalla definizione di Islam Moderato, che riempie la bocca di tanti con abbondanza di aria fritta. Wikipedia alla mano, l’Islam, in tutte le sue confessioni e interpretazioni varie, conta 1.6 miliardi di fedeli. Come si individua il Moderato, visto che non esistono portavoce ufficiali? Se con “moderato” intendiamo “perfettamente compatibile con la vita del mondo occidentale”, ecco che possiamo già escludere tutto il jihadismo, e fin qui era scontato, ma persino chiunque pratichi o vorrebbe praticare la sharia. Non è una precisazione banale, perché in Europa esistono organizzazioni agghiaccianti come Sharia4Belgium. Da noi una cosa come la sharia è impensabile (anche se a molti probabilmente piacerebbe): in un mondo figlio di illuminismo, rivoluzione americana e rivoluzione francese, religioni e stato sono separati. L’Islam Moderato, tenendo a mente questo, è quell’Islam che lo ha ben chiaro e vive l’Islam come religione personale e basta, senza prendere alla lettera il Corano. Come succede qui con le varie correnti del Cristianesimo, insomma.

Il fail culturale e istituzionale a questo punto si ha quando gli eccessi dei mongoloidi vengono in qualche modo tutelati in nome del relativismo culturale, la tolleranza pietosa e paternalista da senso di colpa, le eccezioni ad hoc per giustificare l’ingiustificabile. Culture diverse, religiose e non, possono pure convivere, ma all’interno di una cornice da condividere senza eccezioni, pena i calci in culo. E la cornice è, o dovrebbe essere, il più possibile laica ed equamente severa con tutti, atei, cristiani, islamici, salafiti, sefarditi e manfruiti che siano. La nascita di cose tipo Sharia4Belgium dovrebbe essere percepita come sbagliata e demenziale dall’islamico medio che vive in occidente, all’organizzazione non dovrebbe essere concesso alcun spazio e sarebbe il caso si sprecassero disprezzo, frizzi e lazzi, come per partiti monarchici, nostalgici del duce e freak assortiti. E non dovrebbero nemmeno esistere fiancheggiatori multi-culti sbroc sbroc a difenderla. Purtroppo, a me sembra che questi anticorpi culturali ancora manchino. Cosa si possa fare, dove andare e così via, onestamente, non lo so, altrimenti sarei un consulente governativo strapagato. So solo che un’eventuale soluzione autoritaria, estremista, deportiamoli tutti, schediamoli qua e là, non la vorrei mai. Abbiamo già dato, e sappiamo cosa succede.

Ultima notarella su ISIS & similari: con una strategia o l’altra, vanno ovviamente uccisi tutti, non è che si possa fare altro. A dialogare a Raqqa ci vadano pure Jeremy Corbyn, Dibba, Vauro e altri mongoloidi di simile infimo livello.

beastman

Durante il mio percorso universitario, all’interno della facoltà di informatica, mi sono scelto come percorso quello relativo all’AI (in senso molto blando, niente Skynet), dove figuravano tre esami di indirizzo obbligatori e altri due a scelta in una rosa di papabili. I primi tre erano intelligenza artificiale, apprendimento automatico e reti neurali, dei secondi scelsi bioinformatica e percezione robotica. Si trattava di un insieme di discipline, per me, estremamente interessante – quelle cose che, una volta finito, ti dici “wow, forte, chissà se sarò tanto fortunato da lavorare con queste robe”. Flash forward di qualche anno, la fortuna mi capita: entro nello staff di una professoressa della facoltà di farmacia che si occupa, fra le altre cose, di chemoinformatica, o chemioinformatica, ovvero

«la combinazione di quelle risorse informative per la trasformazione dei dati in informazioni, e le informazioni in conoscenze, con l’intento di prendere il più velocemente possibile le decisioni ottimali nel campo della costruzione e dell’ottimizzazione dei modelli di farmaci. »

La definizione viene da qui, ed è molto efficace. Quelli come me cercano, mediante vari metodi di data mining, machine learning e vari modelli di calcolo, di costruire modelli predittivi. L’idea è quella di indirizzare al meglio il lavoro dei colleghi farmacologi: lavorando sulle strutture dei composti chimici, è possibile stabilire con buona probabilità quelli su cui è opportuno proseguire lo studio, e quali scartare. E’ il QSAR (ma faccio anche altre cose). Visto che il ciclo che porta alla nascita di un farmaco commerciabile, o anche solo al miglioramento di uno esistente, è estremamente lungo e costoso, la chemoinformatica è una ganzata perché permette di risparmiare tempo e risorse. Immaginate di avere ventordicimila composti che rappresentano le possibili combinazioni di smerdocazzina e cazzopininfarina: una volta avreste dovuto sintetizzarli e provarli tutti. Dopo uno studio chemoinformatica, potreste sapere che solo un centinaio sono potenzialmente attivi, e quali, e la ricerca successiva procederà solo su quelli. Un gran bel risparmio di tempo e risorse. Anche di vite animali, certo: dovendo sviluppare meno farmaci, sperimenti su meno animali. Migliori saranno, via via, gli strumenti della chemoinformatica, meno animali si dovranno utilizzare.

doctor

Tutto quello che ho scritto là sopra non l’ho scritto per vantarmi. Il fatto è che io stesso lavoro attivamente, per studio e per scelta, a quelle cose che una senatrice non particolarmente sveglia, ma incredibilmente fanatica e persino un tantinello ottusa, chiama “metodi alternativi”. A cosa? Secondo lei, alla sperimentazione animale. In realtà alternativi un cazzo, perché la definizione è fuorviante, quando non del tutto sbagliata: sono metodi COMPLEMENTARI. Noi chemoinformatici aiutiamo i farmacologi ad ottimizzare la ricerca, che ad un certo punto continua a prevedere la sperimentazione animale. Questo perché ad oggi è l’unico modo, per tutta una serie di motivi perfettamente logici che non sto a ripetere qui. Quando sento l’ottusa senatrice che, bella tronfia, afferma di aver ristretto la sperimentazione animale, avrei voglia di schiaffeggiarla con uno stoccafisso. Ma su questo non posso dire niente che Elena Cattaneo non abbia già detto. Posso aggiungere che i metodi alternativi non esistono, al momento, se non in via moooolto limitata, perché la complessità di un organismo non è riproducibile in ogni sua parte nemmeno dal cluster dei più potenti computer della terra. Che questo tipo di studio debba andare avanti sono d’accordo, che possa sostituire nel giro di poco la sperimentazione animale PURTROPPO NON E’ POSSIBILE. Del resto non esiste mezzo studio sulla messa a punto di un farmaco mediante metodi alternativi.

E quindi no, niente riflettori inutili per noi dei metodi COMPLEMENTARI. Facciamo il nostro e lo facciamo per migliorare la ricerca farmaceutica, che rispetta il metodo scientifico e la realtà. Se ci vogliono dare più soldi, sarò l’ultimo che si lamenta. Ma con questi soldi aiuteremo i colleghi farmacologi, perché il nostro compito è al loro fianco. Tutto il resto sono stronzate da grillini. Ah già, grillini, chi l’avrebbe mai detto…

A qualche giorno dall’impatto del volo Germanwings sui monti di Latveria è stato possibile mediante alcune intercettazioni all’interno dell’ambiente scoprire che in realtà le cose non sono andate esattamente come poteva sembrare al principio, no, affatto, questo perché in via del tutto cautelativa a Perugia è stato visto aggirarsi furtivamente nei dintorni dell’Ospedale di Pavia un individuo dai tratti somatici di incerta provenienza indossante perizoma di bisonte e mascherone africano intento nell’officio di riti voodoo ad uso terapeutico ma non conformi ai dettami del Levitico, dunque tratto in guardina detto individuo ha subito alzato le mani al cielo dicendo “nusbari!” e ha indicato un vero e più plausibile colpevole dell’attentato terronistico che ha causato il crollo dell’infrastruttura tensostrutturale atta al mantenimento in volo di un velivolo categoria “aereo”, ma a questo punto occorre una digressione perché all’interno del velivolo era stoccata una cassa contenente libri, nello specifico MANUALI CONTRO L’IDEOLOGIA GENDER che in questi tempi si sta infiltrando nelle scuole, nelle scuole dove con la scusa di mangiare la girella i bambini vengono convinti ad infilarsi merluzzi nel culo cantando le canzoni di Concita Viuster e tutto questo per farli diventare tutti ghei, a questo punto è necessaria un’interrogazione parlamentare perché oggi è questa e domani si perde il mirinvengo e che succede, li facciamo diventare tutti negri, veramente non si sa più cosa dire né cosa fare di fronte alla violenza della lobby omosessualista che carica nella mente dei più giovani ed indifesi contenuti di finocchismo grazie ai cellulari e all’internet e quindi si alimentano le corruttele e le manifestazioni pacifiche in piazza più di tanto non posso fare perché tu politico dai più retta a gente che manifesta pacifica in piazza leggendo un libro o alla lobby omosessualista che ti compra la villa in Costazzurra e l’allevamento di ostriche, non c’è paragone, quindi stiamo perdendo terreno e quando cerchiamo di far arrivare i libri contro l’ideologia gender ecco che fanno crollare l’aereo che li porta con un rito voodoo, ed è stato Boko Haram, che poi pure Meredith voglio dire lo sappiamo tutti.

Qualche tempo fa surfavo YouTube per rivedermi alcuni filmati di Andrea Diprè, quando ad un certo punto l’occhio mi casca su un video dei related. Il video è Pettinero, di Il Pagante. “Ma che nome del cavolo è, Il Pagante? E Pettinero che vuol dire?”, è il nuovo martellante interrogativo, che posso soddisfare solo in un modo: cliccando al volo, ovviamente. E mi si materializza un universo. Uno trio di giovanissimi, quelli fotografati qui sopra, cioè Eddy Virus, Roberta e Federica, milanesissimi, che fanno canzoni da discoteca truzze e scazzone incentrate sulla figura del Pagante, ovvero il tipo di età 16-25 che vive per andare in discoteca il fine settimana, tira a campare a scuola, e spera sempre di entrare in pass, ovvero su qualche guest-list di qualche pr amico di amici che gli permetta così di risparmiare sull’ingresso e avere più soldi per sbocciare, ovvero spaccarsi vodka e superalcolici, ma pure qualche canna non guasta, e magari ci scappa pure un afterhour. Poi il lunedì ricomincia tutto da capo, in attesa del weekend. Tutto ciò su basi electro essenziali e testi in bilico fra celebrazione e presa per il culo dei paganti e del loro universo.

Guardando tutti i clip presenti, si nota la progressiva crescita del progetto. I primi clip, come Entro In Pass o Balza, sono fatti veramente con due lire, o meglio, con gli smartphone. Le canzoni sono molto più grezze e inciospolano fin troppo nei tormentoni, con rime che funzionano per il rotto della cuffia. Ma l’insieme risulta tanto casereccio quanto divertente. E’ con #Sbatti che le cose si fanno molto più professionali, sia nella canzone che nel video. Da lì avviene la crescita, basta confrontare i primi clip con Pettinero o l’ultimissima Faccio After. La diffusione virale dei video ha innescato un processo abbastanza ovvio: i tre ragazzi, chi fa le basi e chi gira i clip hanno deciso di fare le cose più seriamente, complice anche la crescita tecnica. Gli ultimissimi due video potrebbero far parte della programmazione di MTV, ormai. Ci sono pure due ospiti, ovvero il solito Diprè e uno dei Club Dogo. E poi c’è una cosa che mi diverte un sacco: il momento in solitario di Roberta (la ragazza più alta), che getta merda su tutto quello che era stato edificato dal video fino a quel momento, col nonsense del Monclair o con le rime sull’inconcludenza del Pagante. Un giuoco fra amici che si è, insomma, trasformato in qualcosa di più, visto che Il Pagante fa tour lunghissimi in giro per le discoteche italiane.

E’ chiaro come il sole che Il Pagante ha tutto quello che serve per scatenare l’odio di qualsiasi Oplita del Bene nel raggio di 1000km. Ma se ci si riflette, sono l’unica cosa veramente messa di traverso nell’ambito della paralitica musica italiana, che gravita tutta attorno all’imminente Festival di Sanremo. Già, il Festival, l’evento in cui, per una settimana il mondo dei vivi e quello dei morti coesistono. Dove si fanno sempre infinite polemiche sui fiori, le vallette, le presentatrici, il presentatore, gli ospiti, i valori. Dove vecchie glorie hanno l’unica chance annuale di farsi sentire e, anche in caso di vittoria, di sparire subito dopo. Dove nuovi eroi possono vincere ed essere dimenticati subito. Dove gli eroi dell’Italia alternativa hanno l’unica occasione di recuperare popolarità quando il loro pubblico ormai li ha sfanculati.

E Il Pagante, in tutto ciò? Il Pagante, cari i miei fanzi della musica indiependente diqualità, sono l’unica indipendenza che ci sia. Sono, da qualsiasi punto di vista, incompatibili con Sanremo. Le loro canzoni parlano di deboscio alcolico e fancazzismo dall’ottica del mantenuto perdigiorno, sono casiniste e moleste. Non possono andare a Sanremo ora, non ci potranno andare in futuro, nemmeno ad accompagnare in duetto la Berté (o Bertè). Sarebbero fuori luogo quanto gli Slayer o la prima di un concerto per oboe di William Bolcom. Ma non si può dire la stessa cosa di Brunori SAS, Pierpiero Capovilla e Vasco Brondi, quando saranno disperati che nessuno li caga di striscio e vorranno portare MUSICA DIVERSA a Sanremo scompaginando l’asse nostalgia-buoni sentimenti con LA QUALITA’ CHE NON PREMIA perché non si può impostare un discorso sulla qualità in Italia porcoddio, però magari si pigliano il premio della critica e potranno lucidarlo e rimirarlo tutti viscidi e chini protettivamente su di esso a mo’ di Gollum. Loro sì, finiranno a Sanremo ben felici. Il Pagante, no. Il Pagante è alternabbestia e un bel dito nell’occhio al culturame bollito e snob, quello che di sicuro li accusa di degrado e corruzione dei giovani, o di rappresentare il degrado di questo paese, quindi qua dentro sono i benvenuti. Arrendetevi, indiesfiga, che loro sono molto più indie di voi. Oltre che più bravi, vabbeh, ma quello pure io.

Sono molte le persone che lo dicono, con tono di sfida: combattere il Sistema. Già. Il Sistema, quello che ci opprime, ci inganna e ci vessa, perseguendo i suoi turpi fini e pervertendo tutte quelle istituzioni che in teoria sarebbero nate per tutelarci e proteggerci, riempiendoci la mente di cazzate e falsità, dividendoci per farci scannare fra di noi, tenendoci all’oscuro e all’ignoranza, nel fondo della caverna. La rete trabocca di siti contro il Sistema, denunciandone l’attività malefica con spietata dovizia di dettagli. Dalla controinformazione degli anni ’60 e ’70 passando per la net-culture degli anni ’80 fino al moderno World Wide Web, alla fine la verità viene a galla: il Sistema vuole la nostra fine e si sta adoprando con ogni mezzo per schiavizzarci. Lo si dice pure in parlamento, grazie ai maldestri grillini. Tuttavia, di fronte a questo mare di accuse e indici puntati, nessuno si è mai preso la briga di chiedere il parere del Sistema, cosa voglia, perché lo faccia, quali siano le sue aspirazioni. E’ facile così. Qui, lo sapete, si fanno le cose seriamente, non ci si tira indietro di fronte al pan pepato come tutti gli altri vili teste di bigongia. E’ per questo che, forse unici al mondo, siamo andati a intervistare un disponibilissimo Paolo Sistema che ha soddisfatto tutte le nostre curiosità.

Buongiorno, signor Sistema…
“Buongiorno, ma ti prego, chiamami Paolo.”

D’accordo. Perché non si presenta ai lettori, Paolo?
“Nessun problema. Sono Paolo Sistema, e sì, sono proprio io quel Sistema che combattete con tanto impegno. Sono nato a Fremenzano, in provincia di Pillaretto. I miei si sono trasferiti in America negli anni 20, perché mio padre era diplomatico, io così ho studiato laggiù laureandomi col massimo dei voti in giurisprudenza ad Harvard. Ho fatto parte della confraternita Skull & Bones, e da lì strinsi i legami con alcune persone che subito dopo la laurea mi portarono nello staff di John Edgar Hoover prima e Richard Nixon poi.”

Addirittura! Un vero e proprio battestimo del fuoco, il suo! Che impressione aveva di questi uomini che, nel bene o nel male, hanno comunque fatto la storia?
“Entrambi avevano delle notevoli capacità e qualità, ma una visione delle cose troppo limitata. Si trovarono in posizione di potere, e ne fecero uso per risolvere le loro ossessioni personali. Avrebbero potuto, e dovuto, fare di più, pensare in grande. Giurai a me stesso che non avrei fatto i loro errori.”

Le si darebbe una settantina d’anni, settantacinque al massimo. Però, stando a quello che mi dice, dovrebbe averne almeno trenta di più!
“La medicina di cui io e alcuni stretti collaboratori (quelli che chiamate Illuminati, per la cronaca) possiamo servirci è molto, molto avanzata.”

Come divenne il Sistema che tutti conoscono?
“In realtà cominciai prestissimo. Ricordi il caso di Roswell? Ecco, io inventai la questione degli alieni e la feci girare fra la gente, mentre i militari dicevano che era un pallone di rilevamento metereologico o qualcosa del genere. Risultato: un gran casino su cui si continua a dibattere a vanvera. Io mi limito ad intascare una percentuale su ogni pubblicazione sull’argomento grazie ad una legge che feci approvare negli anni ’70 tramite un mio uomo di paglia.”

Ho quasi paura a chiederlo, ma… cosa successe a Roswell?
“Diciamo che la NERF e Neon Genesis Evangelion hanno il loro bel sostrato di realtà.”

Ah. Veniamo alle cose di tutti i giorni. E’ vero che c’è il suo marchio dietro ad ogni atrocità commessa nel mondo, dietro ad ogni ingiustizia, dietro ad ogni malefatta, dalle più piccole alle più grandi?
“Non esageriamo, non sono onnipotente. Purtroppo. Faccio il possibile, questo sì. Mi piace tenermi allenato, escogitare nuovi piani, mettere in moto processi storici e osservarne gli esiti.”

Però per i fatti eclatanti tipo 9/11, Kennedy, allunaggio, Ustica, gli UFO, i vaccini, le lobby etc. si può dire che è colpa del Sistema?
“Certo, certo, sono alcune delle mie mosse migliori degli ultimi anni. Per il 9/11 ho anche vinto un premio. Anche se il caso Oslodorf è quello di cui vado più orgoglioso.”

Cosa sarebbe?
“Appunto.”

Capisco. Cosa ne pensa di tutte quelle persone che lottano contro di lei ed espongono le sue malefatte su internet?
“Sono tenaci, da questo punto di vista li ammiro pure. Io elaboro piani estremamente complessi, però la catena di comando per l’esecuzione dei medesimi è lunghissima e profondamente ramificata. Fra governi, agenzie, industrie, media, ci sono sempre quelli che prima o poi fanno errori e sputtanano le cose involontariamente. Qualcuno nota un particolare su internet, magari da una telecamera di sorveglienza in bassa risoluzione o da un filmato di cellulare in penombra, e fa scoppiare un casino. E’ davvero seccante, ma purtroppo non posso fare tutto da solo. Pazienza, ci vorrà del tempo prima che tutta questa gente possa dire di aver sconfitto il Sistema (ride, nda)!”

Di solito, la maggior parte della accuse va alla CIA e al Mossad. Come mai?
“Perché sono in gamba e sono professionisti, quindi mi servo spesso di loro. Anche l’MI6 non è affatto male, eh.”

Cosa ci può dire delle scie chimiche?
“Un progetto molto interessante. Ci voleva qualcosa per ridurre la popolazione mondiale, controllare le menti delle persone a cui era stato installato il microchip con le vaccinazioni, fare scoppiare terremoti a comando e manipolare il clima. Avviare tutti questi progetti insieme sarebbe stato lungo e costoso, e grazie a internet fin troppa gente si stava svegliando. Così ho ideato le scie chimiche come soluzione ottimale. Hanno lo svantaggio che, da terra, l’inganno si scopre. Ma va bene lo stesso.”

E le crisi economiche?
“Quelle si fanno per poter poi causare le guerre e far arricchiere la massoneria ebraica. Ah, e per il petrolio. Anche il Vietnam.”

Ma in Vietnam non c’è il petrolio!
“Non più…”

Ok. Resta una sola domanda, la più importante. Perché?
“Perché sono malvagio.”

E rispondendo a quest’ultima domanda, Paolo Sistema mi fa vedere la carta d’identità: alla voce allineamento c’è proprio scritto chaotic evil. Ringraziamo Paolo per questa illuminante intervista. Da oggi sapete.

Pensate ad una cosa incredibilmente stupida e perniciosa. Fatto? Bene, prima o poi un krillino, bello tronfio e supponente, la esporrà in veste istituzionale, suscitando tsunami di facepalm presso chi conosca almeno superficialmente l’argomento. Se la cosa stupida è interloquire coi terroristi, e i terroristi in particolare sono quelli dell’ISIS, il krillino è Di Battista. Vabbeh, ormai è da qualche giorno che se ne parla, quindi non dico niente di nuovo. Mi pare che per ora solo lui, però, a livello pubblico, abbia abbracciato la versione 2.0 dell’antioccidentalismo sbroc sbroc, riassumibile nel motto “Il Corano è il nuovo Capitale”. Dibba, da buon krillino, ha scritto un pezzo pieno di stronzate e luoghi comuni degno del forum di Indymedia quando invece avrebbe DOVUTO documentarsi prima di aprire bocca. Ma immagino che, nel caso lo avesse fatto, la documentazione sarebbe stata ka$ta e quindi inutile. Sull’ISIS e compagnia, Dibba vede longa manus american-sionista, vendita di armi occidentale e insomma il classico armamentario di cazzate da centro sociale: non sto a debunkarlo perché lo ha già fatto alla grande il buon Yossarian. La cosa divertente è l’esercizio di retorica: fedele a modelli di pensiero calcificati ai tempi del terrorismo italiano degli anni ’70, della strategia della tensione e del cui prodest, l’analisi di Dibba prescinde da qualsiasi tentativo di studio e applica analisi precotte. Il tutto ammantato della solita retorica della vittima ribelle.

Dibba avrebbe potuto facilmente vedere che dietro movimenti come l’ISIS (ma pure Al Qaeda) c’è proprio l’ISIS (stessa cosa per Al Qaeda). E soprattutto che, dietro alle azioni di queste merde, non c’è niente di romanticamente riconducibile alla figura idealizzata del Rybelle. Questi sono terroristi nel senso che vogliono terrorizzare: l’avanzata dell’ISIS non è molto diversa da quella delle truppe di Gregor Clegane e Amory Lorch che mettono a ferro e fuoco le terre dei fiumi all’inizio della guerra dei cinque re. Distruzione, intimidazione, conquista del territorio.Quando Dibba fa la piangina del tipo “cosa potrei fare, se non farmi saltare in aria, quando mi bombardano il villaggetto?” dice due o tre stronzate insieme. La prima è che non si parla di un movimento indipendentista con cui si può negoziare, perché non rappresenta un popolo, né un torto subito (presunto o effettivo), ma solo sé stesso e la relativa volontà di espansione ai danni di altri gruppi di potere politico/religioso della zona. La seconda, potrei capire se ti bombardano e ti fai saltare in aria vicino a mezzi e installazioni militari, ma non certo fra i civili di Londra o Madrid. La terza è che appunto, elevare a interlocutore gente simile richiede una medusa al posto del cervello. Con gente simile NON si tratta, l’unico messaggio che devono capire è che così facendo si beccano solo missili e pallottole, non certo l’invito al tavolo delle trattative.

Appurata dunque l’ennesima figura di megamerda dei krillini, è chiaro che l’ISIS vada contenuta il più possibile, nell’impossibilità di annientarla dal giorno alla notte. Perché l’unico terrorista buono presenta una o più ferite da arma da fuoco, e non respira.

Il negro, no? Tutto il resto è un depistaggio ordito dalla massoneria deviata legata alla lobby gay dei servizi segreti che vogliono imporre il signoraggio.
Caso chiuso.

La notizia è di qualche giorno fa: James Hetfield, voce, chitarra e principale compositore (assieme a Lars Ulrich) dei Metallica, avrebbe prestato la sua voce, stavolta in qualità di narratore, per The Hunt – un documentario sulla caccia all’orso Kodiak (fonte). La cosa non dovrebbe essere molto sorprendente, sono almento vent’anni che è nota la passione di Hetfield per la caccia. Ovviamente, però, non è così, e nel clima di caccia alla streghe che investe chiunque schiacci almeno tre zanzare al giorno, Hetfield si è trovato subito mezza interwebs addosso: assassino, merdone, boycott Metallica, non li ascolto più, omo di merda e tutto il repertorio medio de’ mongoloidi. Lui non si è granché scomposto, il suo silenzio dev’essere una sorta di andate a fare in culo molto educato, nonché doveroso. Tra l’altro la gente è proprio deficiente perché la caccia al Kodiak è regolamentata in maniera rigidissima, non è che Hetfield vada in giro con un cacciabombardiere napalmizzando l’intera isola di Kodiak. Wiki alla mano:

“Kodiak bear research and habitat protection is done cooperatively by the Alaska Department of Fish and Game and Kodiak National Wildlife Refuge. Bear hunting is managed by the Alaska Department of Fish and Game and hunting regulations are established by the Alaska Board of Game. There is currently a finely-tuned management system that distributes hunters in 32 different areas during two seasons (spring: April 1 – May 15, and fall: October 25 – November 30). Each year about 4,500 people apply for the 496 permits offered for Kodiak bear hunts (two-thirds to Alaska residents, one-third to nonresidents). Nonresidents are required to hire a registered guide who is authorized to hunt in a particular area, and this can cost from $10,000–$22,000. All hunters must come into the Alaska Department of Fish and Game (ADF&G) office in Kodiak prior to going into the field for a brief orientation and must check out before they leave the island. Every bear that is legally killed on the Archipelago must be inspected by an Alaska Department of Fish and Game wildlife biologist before it can be taken from the islands.[29] Pelts receive a stamp from an ADF&G officer if the hunter and guide provide proper documentation to prove licensing. Pelts can not be transported or legally preserved or sold without the official stamp. Hunting laws are strictly enforced by both the ADF&G officers who often have the full support of the local community. Illegal hunting and fishing is frowned upon by the community which maintains a healthy respect for the island’s environmental laws as well. Stiff penalties accompany illegal hunting and fishing. The island’s remote location makes trafficking in illegal pelts difficult for would-be poachers.”

Insomma, le cose sono chiare. Hetfield ama cacciare e farà da voce narrante ad un documentario sulla caccia al Kodiak – il che non significa nemmeno che lo vedremo cacciare quegli orsi, come molti già immaginano. Le cose non potevano comunque finire così, non nell’era del petizionismo un tanto al chilo. Perché i Metallica suoneranno al festival di Glastonbury, saranno gli headliner della serata di sabato (quella più piena di gente) e la data sarà parte del “Metallica by Request” tour, con la scaletta decisa dai fan. Il concerto si terrà il 29 giugno, il contratto band-promoter sarà stato firmato un anno prima almeno, è già tutto esaurito, e il festival attira qualcosa come 180.000 persone. Cosa si inventano allora le genti, pur di mettere in risalto la propria molesta mongoloidità? Una bella petizione online! Mettiamo pure che arrivi alle 20000 firme (c’è il countdown): cosa faranno i promoter di Glastonbury, che certo avranno già versato un poderoso anticipo ai Metallica, a venti giorni dall’evento e con una marea di persone che ha smosso mari e monti per essere lì nel weekend? Questi idioti credono davvero di essere ascoltati? Povere teste di bomba!

Naturalmente una deficientata attira l’altra, e i Mogwai si sono messi a dire che ehi, ci toccherà suonare insieme a quel gruppo di merda dei Metallica con quel batterista del minchia. Lars Ulrich, per una volta, è stato signorile, dicendo, “ma chi sono ‘sti qui?”. Ora, i Metallica sono una delle rock band più seguite e acclamate del globo. Ormai non riescono più a fare una canzone per il verso, figuriamoci un disco, ma il loro status di leggenda se lo sono guadagnato e se lo tengono. E dal vivo fanno sempre spettacoloni. Se la critica fosse venuta da possibili, aggeurritissimi pretendenti al trono (che so, Slipknot o Lamb Of God), poteva essere una cosa. Dai dei tizi squallidi che probabilmente hanno pure firmato la petizione contro i Metallica perché Hetfield cacc… ehi, magari hanno iniziato proprio i Mogwai! Chi li ha mai visti insieme?!?!?!?!?!?!??

Insomma, w la caccia al Kodiak, w i Metallica, fanculo ai boycott e ai Mogwai. La prossima volta voglio un bel tour Metallica + Ted Nugent.

Dice ci sono le europee, tipo domenica. La prima cosa che mi viene in mente è che se la lista Zzzipiras poteva avere una parvenza di decenza, il fatto di aver il lizza Giuliana Sgrena e un tizio rompicoglioni che ora non mi ricordo ma è di quelli anticontrotutto mi ha fatto scendere la merda fin dentro le suole, e quindi penserei di mandare tutto a fare in cazzo. Ma c’è di più e di peggio, cioè siccome ora pure Abberlusconi vuole rilanciarsi (che palle) deve puntare sul ritornello “sono tutti peggio di me, visto?”, che ha già scassato la merda al giorno n.1. Ma, ancora peggio, c’è una voce ben precisa che gira in giro per l’interwebs e i siti dei quotidiani online, e quindi per i bar virtuali e non: “GOMBLODDO!!11!”, nello specifico quello ordito per destituire Abberluscone. La questione in sé è talmente una noia che non ho voglia nemmeno di linkarvela qui, in ogni caso mi pare di averne pure scritto in passato e la funzione di ricerca esiste, quindi con un po’ di sforzo la trovate (a meno che non mi sia sbagliato). Volevo solo puntualizzare una situazione e un meccanismo.

La situazione è semplice: finché c’è stato Abberlusconi al governo, non passava giorno che non si venisse inondati di “toglietecelo”, “merda”, “schifo”, “perché non ci invade la Svervegia!11”, “Colpo di stato democratico pls!1!!” (cit. il grande intellettuale Asor Rosa), “abbasta colle puttane in parlamento!1!!”. Ce n’erano abbastanza di segnali, fra interwebs, giornali e chiecchiere per strada, per capire una cosa: se Abberlustoni decade, c’è una consistente fette della popolazione che è contenta. L’opinione pubblica SARA’ FAVOREVOLE, siamo legittimati. Di conseguenza, vari politicami si sono messi d’accordo con altri politicami esteri: se lo facciamo cadere che garanzie ci date, cosa dobbiamo fare dopo, etc etc sbroc sbroc.

Il meccanismo è invece di questione legalese, terreno in cui onestamente mi muovo come un cieco in un campo minato, quindi sintetizzo alla meno peggio come me lo ha spiegato un amico che se ne intende: ovvero, che leggi/costituzione italiane sono state fatte per assicurare la governabilità in casi limite. Il che spiega come mai un governo in Italia dura tipicamente come un gatto sull’Aurelia, ma allo stesso tempo la nazione prosegue. E non da ora, basta vedere Wiki: dal dopoguerra a oggi i governi sono stati funestati da rimescolanze continue e casini di ogni genere, eppure almeno fino agli anni ’70 l’Italia ce l’ha fatta ad evolversi, diventando una nazione industriale e semi-alfabetizzata. Questo meccanismo che permette la governabilità può esser soggetto ad abusi, ovviamente, ed è quello che succede ora: per sistemare beghe interne si fanno casini mega, si fa cascare il governo per centesima volta in due settimane e così via. Uno splendido esempio di ottuso provincialismo degni dei tempi delle signorie e degli staterelli del cazzo, sostituiti oggi da partitelli e coalizioni, in una campagna elettorale 24/7/365.

In definitiva, nessun complotto. Semplicemente, l’uso delle backdoor di sistema per regolare conti interni dopo aver ricevuto abbastanza feedback positivo dalla popolazione. Occhio, quindi, a quel che chiedete – potrebbe avverarsi, e sinceramente i desideri delle teste di bigongia come voialtri non mi garbano un cazzo.

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