Category: nostalgia di spocchia


Qualche tempo fa surfavo YouTube per rivedermi alcuni filmati di Andrea Diprè, quando ad un certo punto l’occhio mi casca su un video dei related. Il video è Pettinero, di Il Pagante. “Ma che nome del cavolo è, Il Pagante? E Pettinero che vuol dire?”, è il nuovo martellante interrogativo, che posso soddisfare solo in un modo: cliccando al volo, ovviamente. E mi si materializza un universo. Uno trio di giovanissimi, quelli fotografati qui sopra, cioè Eddy Virus, Roberta e Federica, milanesissimi, che fanno canzoni da discoteca truzze e scazzone incentrate sulla figura del Pagante, ovvero il tipo di età 16-25 che vive per andare in discoteca il fine settimana, tira a campare a scuola, e spera sempre di entrare in pass, ovvero su qualche guest-list di qualche pr amico di amici che gli permetta così di risparmiare sull’ingresso e avere più soldi per sbocciare, ovvero spaccarsi vodka e superalcolici, ma pure qualche canna non guasta, e magari ci scappa pure un afterhour. Poi il lunedì ricomincia tutto da capo, in attesa del weekend. Tutto ciò su basi electro essenziali e testi in bilico fra celebrazione e presa per il culo dei paganti e del loro universo.

Guardando tutti i clip presenti, si nota la progressiva crescita del progetto. I primi clip, come Entro In Pass o Balza, sono fatti veramente con due lire, o meglio, con gli smartphone. Le canzoni sono molto più grezze e inciospolano fin troppo nei tormentoni, con rime che funzionano per il rotto della cuffia. Ma l’insieme risulta tanto casereccio quanto divertente. E’ con #Sbatti che le cose si fanno molto più professionali, sia nella canzone che nel video. Da lì avviene la crescita, basta confrontare i primi clip con Pettinero o l’ultimissima Faccio After. La diffusione virale dei video ha innescato un processo abbastanza ovvio: i tre ragazzi, chi fa le basi e chi gira i clip hanno deciso di fare le cose più seriamente, complice anche la crescita tecnica. Gli ultimissimi due video potrebbero far parte della programmazione di MTV, ormai. Ci sono pure due ospiti, ovvero il solito Diprè e uno dei Club Dogo. E poi c’è una cosa che mi diverte un sacco: il momento in solitario di Roberta (la ragazza più alta), che getta merda su tutto quello che era stato edificato dal video fino a quel momento, col nonsense del Monclair o con le rime sull’inconcludenza del Pagante. Un giuoco fra amici che si è, insomma, trasformato in qualcosa di più, visto che Il Pagante fa tour lunghissimi in giro per le discoteche italiane.

E’ chiaro come il sole che Il Pagante ha tutto quello che serve per scatenare l’odio di qualsiasi Oplita del Bene nel raggio di 1000km. Ma se ci si riflette, sono l’unica cosa veramente messa di traverso nell’ambito della paralitica musica italiana, che gravita tutta attorno all’imminente Festival di Sanremo. Già, il Festival, l’evento in cui, per una settimana il mondo dei vivi e quello dei morti coesistono. Dove si fanno sempre infinite polemiche sui fiori, le vallette, le presentatrici, il presentatore, gli ospiti, i valori. Dove vecchie glorie hanno l’unica chance annuale di farsi sentire e, anche in caso di vittoria, di sparire subito dopo. Dove nuovi eroi possono vincere ed essere dimenticati subito. Dove gli eroi dell’Italia alternativa hanno l’unica occasione di recuperare popolarità quando il loro pubblico ormai li ha sfanculati.

E Il Pagante, in tutto ciò? Il Pagante, cari i miei fanzi della musica indiependente diqualità, sono l’unica indipendenza che ci sia. Sono, da qualsiasi punto di vista, incompatibili con Sanremo. Le loro canzoni parlano di deboscio alcolico e fancazzismo dall’ottica del mantenuto perdigiorno, sono casiniste e moleste. Non possono andare a Sanremo ora, non ci potranno andare in futuro, nemmeno ad accompagnare in duetto la Berté (o Bertè). Sarebbero fuori luogo quanto gli Slayer o la prima di un concerto per oboe di William Bolcom. Ma non si può dire la stessa cosa di Brunori SAS, Pierpiero Capovilla e Vasco Brondi, quando saranno disperati che nessuno li caga di striscio e vorranno portare MUSICA DIVERSA a Sanremo scompaginando l’asse nostalgia-buoni sentimenti con LA QUALITA’ CHE NON PREMIA perché non si può impostare un discorso sulla qualità in Italia porcoddio, però magari si pigliano il premio della critica e potranno lucidarlo e rimirarlo tutti viscidi e chini protettivamente su di esso a mo’ di Gollum. Loro sì, finiranno a Sanremo ben felici. Il Pagante, no. Il Pagante è alternabbestia e un bel dito nell’occhio al culturame bollito e snob, quello che di sicuro li accusa di degrado e corruzione dei giovani, o di rappresentare il degrado di questo paese, quindi qua dentro sono i benvenuti. Arrendetevi, indiesfiga, che loro sono molto più indie di voi. Oltre che più bravi, vabbeh, ma quello pure io.

E insomma, no, ieri capita che guardo la tv ma non una delle cose che vedo di solito (per la cronaca sono: “Man vs. Food”, “Abito Da Sposa Cercasi”, le robe di Gordon Ramsey, “Acquari Di Famiglia”, “Diario Di Una Nerd Superstar” e le repliche di “Tre Cuori In Affitto” su Frisbee), ma piuttosto una trasmissione di politicame non meglio identificata. Per prima cosa c’è Renzi che viene intervistato un po’ dal conduttore e un po’ da un altro tizio. Su Renzi non ho opinioni precise, fondamentalmente perché non me n’è mai fregato un cazzo. Comunque, un po’ da quel che avevo carpito da fonti di terza mano, un po’ da quel che ho sentito ieri in prima persona, Renzi sa parlare, è comunicativo, dice (o ha detto in quella specifica circostanza) cose di elementare buon senso – il che mi porta a (s)ragionare su quel che leggo oggi su varie bachece di Sbrocbook. Cioè, cose tipo “so cosa non voterò: di sicuro niente centrodestra nè Peppecrillo, e se le primarie le vincesse coso, lì, come si chiama, quell’altro, forse lo voto”. Coso lì è uno che in effetti non ricordo bene, Civati o qualcosa del genere. Con un rapido giro internettaro, partendo da Wiki, si capisce già una cosa: se uno non vuole votare nè centrodestra ma Peppecrillo, si metta l’anima in pace perché votando un noioso professorino sbroc con la sfiga nel codice fiscale, come Civati, cdx e Peppecrillo hanno la strada spianata. Tornando alla trasmissione, arrivavano pure comunicati rosiconi di D’Alema che a quanto pare è inviperito con Renzi. Risate grasse, ahr ahr ahr, speriamo D’Alema prenda domicilio in Molise una volta per tutte. Il punto su cui riflettevo comunque è: perché ora tanti odiano Renzi? Secondo me, già solo il fatto che sia l’unico politico comunicativo fa scattare l’associazione con Abberlusconi, e quindi l’odio. E poi, ha qualche chance di vincere, quindi questo lo rende terrorizzante: stare in eterna oppisizione ti consente di lamentarti all’infinito e non fare un cazzo, fedele all’armiamoci e partite che è molto italian style. E soprattutto, fedele alla completa irresponsabilità e disorganizzazione pd-esca: se vince il leader che mi va bene ok, altrimenti separatismo e nuovi rivoli. Oh dio cane, mai, mai che la gente accetti il risultato e si organizzi attorno al leader scelto per portare avanti un programma o una decisione o almeno una tombolata. No. Che teste di merda.

Parlando di teste di merda, la trasmissione proseguiva coi campioni indiscussi del genere: Peppekrilo e i krillini. Era un po’ che non vedevo/sentivo queste scimmie, ma onestamente dopo cinque millisecondi avevo una gran voglia di annegare Genova in un cocktail di napalm e agente arancio. Questa congerie di biliosi scemi infoiati proprio non si può sentire. Ma l’ho scritto un sacco di volte, è solo che li avevo un po’ persi di vista. Credo che i krillini si distinguano in due gruppi, ovvero krillini per incazzatura tappavena e krillini scemi autentici, con un insieme intersezione non vuoto. Da quella che è colpa delle banghe e dell’Europa, a quelli della demograzzia partecipata, a quella della solidarietà e delle idee, a quella che si traferisce in Thailandia ma magari torna se vince Appeppe e le cose migliorano, per finire a Peppe stesso che urla in crescendo rossiniano le condizioni e i referendum da dettare all’Europa, che in base a qualche assurdo principio dovrebbe fare quel che vuole lui, così, senza condizioni. Rabbia e ignoranza, ripeto. Già solo per le parole d’ordine e gli slogan grilleschi ripetuti a minchia ‘sta gente non si dimostra molto diversa dai PDL o dai circoletti sgommunisti. E poi confondere/ignorare volontariamente “democrazia” e “democrazia rappresentativa”, unita a colossali falle sui concetti economici terra-terra come il discorso sull’euro, mi perplime (=mi fa venir voglia di decapitazioni di massa stile Arabia Saudita) e non poco.

Ok, sono bastati quei minuti alla tv ieri per riprender coscienza del peggio dell’umanità. Che nausea. Ne avevo preso le distanze, ma ora ritorno al mio eremo isolato dalla merdaglia, se non tramite occasionali inevitabili Facebookate. Ma come si fa, diranno alcuni. In realtà non è difficile, basta selezionare accuratamente le proprie frequentazioni. Negli anni ho imparato a circondarmi di persone che o vomitano all’idea di tutto questo sbroc e hanno la vita piena di interessi interessanti che li tengono lontani da politicame e rompimento di coglioni al prossimo (due cose che vanno a braccetto), oppure che so già essere sbroccatissime e quindi se ormai mi tocca tenerle per amicizia di lunga data o similia ok, ma ci parlo del tempo, della pizza e delle scuregge, limitando la frequentazione all’inevitabile. Per il resto, meglio erigersi un muro intorno. Dentro il muro, le persone e le cose che mi piacciono e mi fanno stare bene, fuori dal muro tutto il resto, fra gente e cose di merda. Sarà per questo che vivo tranquillo e rilassato, e voialtri idioti siete sempre ansiosi e agganghiti, brutti imbecilli. Tiè.

Qualche tempo fa l’orrendo Giovanni Allevi ha fatto l’ennesima sparata delle sue, che Beethoven non ha ritmo, Jovanotti sì, è per questo che i bambini apprezzano il secondo e non il primo, ecco musica classica sbroc sbroc vecchia rinnovamento sbroc sbroc. Allevi ha (consapevolmente, ne sono sicuro) sparato una megacazzata totale termonuclare totalmente sbagliata su qualsiasi livello, ma che riattiva la dialettica delle tifoserie pro/contro, portando al solito il nome del merda al centro dei riflettori. Cosa che è successa, ma meno del previsto, sarà perché la gente s’è un po’ stufata, sarà perché qualche anno fa Uto Ughi ha aperto la breccia istituzionale dell’anti-Allevamento, sarà perché boh. Sulla centesima sparata dell’acaro ascolano c’è poco da dire. Tanto per iniziare, il confronto fra musica accademica europea e musica pop italiana nata quasi duecento anni dopo da tutt’altri presupposti è, semplicemente, insensato e folle – il modo stesso di pensare e concepire ritmo e percussione, nonché il nostro modo di sentirli, è irrimediabilmente cambiato con il cambiare della musica e l’irruzione della musica (afro)americana (di cui Jovanotti è deforme discendente). E già solo questo taglierebbe la testa al toro. Poi, c’è l’aspetto puramente retorico, di contrapposizione alto-vs-basso. La solita roba trita e meschina per cui Allevi per tramite di Jovanotti che gasa la gente sarebbe anche lui stesso più meglio di Beethoven che garba ai parrucconi che osteggiano Allevi e dunque pure Jovanotti. Zac. Allevi avrebbe potuto citare l’Histoire Du Soldat di Stravinsky o Rodeo di Aaron Copland per dar corpo ad un’affermazione tipo “la musica contemporanea è più vicina all’orecchio medio moderno rispetto a quella di Beethoven, almeno per quanto riguarda l’aspetto ritmico e percussivo”? Certo, ma una frase del genere avrebbe contraddetto brutalmente il nocciolo del suo misero pensierino, cioè che TUTTA la musica accademica dell’ultimo secolo sia rumore incomprensibile che non piace a nessuno tranne a chi la compone e qualche professorone spocchioso. Insomma, si sarebbe sparato in culo da solo, dando per scontata la memoria a medio termine del pubblico.

Prendo questo esempio di Allevi non solo per parlar male di Allevi, che è sempre cosa buona e giusta, ma perché mi rendo conto che ormai nessuno vuol più rimettere al suo posto l’imbecille. In generale, dico. Dev’essere una distorsione del concetto di “democrazia”, quella per cui la libertà è discorporata dalla responsabilità. E’ vero, ovviamente, che ognuno può dire e pensare quello che vuole; allo stesso tempo, se dici una stronzata, può succedere che qualcuno si alzi e dica “ma sei mongoloide, dio cane?” Sì, pure in pubblico, e sì, pure se sei una celebrità. Credo sia questo, alla fine, il grosso danno culturale dell’ultimo quarantennio o giù di lì, l’eredità peggiore del ’68 che si è legata in maniera inestricabile e perniciosa al politicamente corretto. Un bel continuum di merdismo, lasciatemi dire. Se le proteste del ’68 erano contro l’aumento delle tasse universitarie, che avrebbero tagliato fuori le fasce meno danarose, e dunque sacrosante, gli esiti nel lungo termine sono stati distorti in modo catastrofico: hanno prodotto la situazione del tutti laureati, nessuno laureato. Ovvero, quella del “mi laureo per il pezzo di carta e faccio il concorso”. Ovvero dell’ingigantimento a dismisura del pubblico. Ovvero della lauree facilitate e squalificate, quando non totalmente mongole. A monte, quel modello di educazione in cui il figliuolo non viene mai redarguito col ceffone o messo di fronte alle cazzate che ha combinato, ma blandito per “evitare traumi”. Non è colpa tua che non studi e/o non capisci un cazzo, sono gli altri che non ti apprezzano. Questo modo di ragionare solletica molto il narcisismo medio e prende piede molto rapidamente; i risultati costituiscono il cosiddetto “sfascio culturale contemporaneo”, cui si è arrivati procedendo un passo alla volta nella direzione sbagliata. Nel’idea lodevole di permettere a tutti, indipendentemente dal censo, di laurearsi, ad un certo punto si è perso per strada il “a patto di studiare il necessario”, che coincideva pure con la parte sgradevole dell’affare: il politicame è andato fin troppo incontro a quel che la gente voleva. Per forza che poi arrivano i parlamentari analfabeti e le trasmissioni condotte da gorilla che non sanno parlare italiano (ma pure certi dottorandi all’università, giuro).

Non so bene cosa aggiungere, a questo punto. Non sono certo per Il Modello Di Virtù che tutti devono seguire, nè per l’acritica adorazione del proprio orticello. Non sono per gli estremi e le verità rivelate, preferisco gli equilibri ragionevoli. E una situazione di ragionevole equilibrio sarebbe quella in cui uno che fa solo dei modesti plìn plìn al piano spacciandosi per grande della musica contemporanea, facendo leva sul fatto che (purtroppo) la musica contemporanea in Italia è paurosamente negletta e l’educazione musicale vetusta, e sui relativi complessi che germinano in questa situazione, venisse rimesso a posto a suon di schiaffoni. Le argomentazioni per farlo non sono affatto difficili, eppure si preferisce l’alzata di spalle e “ognuno ha diritto alla sua opinione”, oppure “alla gente piace”: due frasi fatte che sono vere, ma che annullano ogni possibilità di argomentazione. E qui si arriva all’altro punto, l’anti-intellettualismo-perché-sì, che è pernicioso e dannoso quanto l’intellettualismo-perché-sì. E’ la morte completa di qualsiasi spirito critico e discussione. Oh lo so, ci sono cascato pure io qualche volta, per la mediocrità degli intellettuali italiani e l’insopportabile supponenza delle teste d’orango che pendono dalle loro labbra, incapaci di formarsi uno spirito critico e un’estetica individuali. Ma bisognerebbe anche fermarsi quando ci si rende conto di aver oltrepassato la soglia dell’onestà. Ieri sera, per dire, mi sono guardato DOA: Dead Or Alive, che è una sgommata di film termonucleare. Divertentissimo, lo riguarderei pure domani. Ma è brutto e fallimentare da qualsiasi punto di vista. A me Truffaut non piace, eh, ma indubbiamente è uno che ha il suo perché e il suo percome e cinematograficamente parlando vince a mani basse su DOA, indipendentemente dal fatto che io, dovendo scegliere, preferisca guardarmi quest’ultimo. Se confrontassi Truffaut con John McTiernan, allora ecco due autori diversissimi, ok, ma capaci di guardarsi negli occhi sul piano della riuscita estetica del proprio lavoro.

Il succo. Eh, il succo quale sarà, a questo punto, che mi sono perso & rotto i coglioni… Che gli esseri umani sono tutti uguali, nel senso che hanno tutti diritto alle stesse cose, e però sono tutti diversi, nel senso che non tutti sono capaci di fare le stesse cose. Quando il sistema educativo è arrivato, passo dopo a negare la seconda parte della congiunzione, dando ad ogni testa di cazzo la sensazione di essere unico e speciale e chi dice il contrario ti sta discriminando, ecco, quando succede ci scappa il FAIL. Uscirne sarà graduale quanto lo è stato entrarci, sempre che lo si voglia fare. E no, questo non è uno sbotto vecchiarile per cui ora mi metto a pontificare stile Castaldo/Assante che gli Slayer sono inutili perché tanto i Beatles avevano già detto tutto con Helter Skelter o fregnacce simili. E’ solo un tentativo di fare chiarezza su argomenti, in qualche modo, già trattati prima. Perché allo spettatore di X-Factor convinto di vedere nuovi talenti contrapposti a quella troja di Miley Cyrus, occorre ricordare che se Miley Cyrus non sarà Janelle Monae, è comunque una cantante sulla cresta da anni che fa concerti su concerti, balla, canta e vende dischi. Ha già dimostrato di essere superiore alla media. Capito, coglioni? Ora vi rimetto a posto a zoccolate.

In realtà questo post nasce un po’ così, ovvero mi è venuta in mente il titolo (“Emma Marrone Is The New Sabrina Salerno”), che è una roba stratosferica da oscar della rete, ma non un post. La bozza contentente titolo e l’immagine qui sopra, scelta per dimostrare la veridicità dell’affermazione, almeno per le cose realmente importanti, è data al 27 di maggio. Quindi insomma, è passato un bel po’ di tempo, e io non sapevo davvero che scrivere. Non certo un parallelo musicale fra le due, perché chi se ne frega dai, non fa nemmeno ridere. E però la musica ce la volevo infilare, in qualche modo, visto che sia Emma che Sabrina sono cantanti. E dunque, mettiamola così: 1) puppe, 2) entrambe sono esponenti di successo della musica da classifica del rispettivo periodo storico, 3) entrambe sono schifate dalla gente che detesta la roba da classifica in quanto tale e fa della dialettica commerciale vs anti-commerciale il proprio filtro di valutazione della realtà.

“Ahahaha, coglione, tornantene a sentire la Salerno/Marrone!”

Questa frase, e infinite varianti, sarà stata pronunciata milioni di volte. La cosa interessante è adesso questa: è molto probabile che oggi chiunque pronunci quella frase ascolti musica infinitamente peggiore di quella di Emma Marrone, che pure è una simpatica & popputa guagliona ma insomma rompe veramente la coglia. Ma che dire di antipatici sfigati come praticamente l’intero arcipelago dell’Indie Italiano, da cima a fondo? Al confronto, Emma diventa Shemekia Copeland!

Per esempio, prendete il trafiletto qui sopra. E’ una lettera di un imbecille, tale Steve Morrissey di Manchester, che demolisce i Ramones. Caso volle che, qualche anno dopo, questo tizio diventasse il cantante di una delle tre più ripugnanti band della storia della musica PII (Prima dell’Indie Italiano), ovvero gli Smiths. Il punto è: in retrospettiva, si capiva già che ‘sto tizio era un coglione e andava interdetto dagli studi di registrazione. E i fan italiani degli ombrosi, tormentati e intensi Smiths, al tempo, di sicuro schifavano la volgare strappona Sabrina Salerno (chissà come mai, diranno alcuni). Sostituite agli Smiths un altro gruppi italiano degli anni ’80, tipo i Diaframma o i Litfiba, e la contrapposizione viene preservata. Ma non oggi. La cosa che indispettirà molto i fan dell’indie italico, e che quindi già solo per questo ha buone probabilità di essere vera, è che sia la Marrone sia gli Stato Sociale di turno sono figli della stesso identico impulso, ovvero quello del buttarsi senza alcuna nozione del concetto di dignità personale. Non Emma nello specifico (perché qualche dote effettivamente spendibile nel contesto di riferimento, ovvero aspetto fisico e un certo rustico carisma, ce li ha pure), ma gli Stato Sociale sì, e questo porta ulteriormente acqua al mio mulino, che a questo punto è già sulle rive del Mississippi in piena. Emma è riuscita, almeno per ora, a sopravvivere al tritacarne dei reality canterini, e quindi rappresenta un caso di success story. Avevo già analizzato il realitame canterino e quindi non mi ripeto, semmai linko. In breve, comunque: sei disposto all’umiliazione in diretta nazionale? Ok, vieni qui che noi ci si tira su l’Auditel!

Sui gruppi indietalici e garrincheschi, la questione è in reatà similissima. Mettiamo che uno si metta a cincischiare con chitarre e computer e tiri fuori una serie di canzoncine mongolitiche che paiono un misto di 883, Lunapop ed musiche del Nintendo. Tipo Stato Sociale, per intendersi. La reazione sana comporterebbe l’autocritica, ammettere il proprio schifo e ripromettersi di smettere per sempre o in alternativa imparare prima un po’ di roba, perché non esiste che qualcuno possa apprezzare simile merda. Occhio che il paragone col punk è dietro l’angolo, ma io lo disinnesco subito. Perché il punk ’77 esplose e bruciò molto rapidamente. Riportò il rock alle sue pulsioni basilari in un periodo di elefantiasi avvitata su sè stessa. Tutti i gruppi del periodo che sono andati oltre la morte naturale della scena (che so, Damned, Stiff Little Fingers, Clash, Crass…) hanno in seguito corretto il tiro imparando a suonare e cambiando musica, se non spirito, nel proseguimento dell’attività. La stessa cosa successe con il molto più interessante scenario dell’hc americano degli anni ’80. E non sto dicendo che sia stato un bene o un male: il (salutare) suono ignorante e zozzo ma carico di energia e carica dissacrante si è sempre strutturato meglio per prendere altre direzioni. Una questione di autocoscienza. Invece, come il karaokista stonato e inguardabile decide di mettersi nelle mani dei vocal coach e di diventare una star facendo figure di merda in tv ogni settimana, allo stesso modo il musicista indietalico riesce a crearsi un giro nell’alternativame generico, sospinto dal passa parola e dall’interwebs e dal diabolico pubblico hipster a prova di tutto.

E qui si arriva al punto realmente delicato. Questo tipo di musica DI MERDA presuppone l’inesistenza del concetto di dignità personale, ma non ha fini come lo sfregio della morale (ormai obsoleto) o della “buona musica” (pure). No. Si inserisce nel micidiale circuito dell’Ironia 2.0 che rende impossibile qualunque critica. Anzi, una critica rafforza il circuito. Potrei passare ore a scrivere perché i Gazebo Penguins, i Cani, Marta Sui Tubi o Maria Antonietta fanno vomitare il culo ai gabbiani, ma “troppo tardi, lo sanno già, ahaha”, “chi se ne frega, loro lo sanno”, “non vanno presi sul serio, sono ironici”, fino al peggiore, “ormai che vuoi fare, le note sono sette, tutto è già stato detto”. Cioè, il fatto che gente faccia musica di merda che metta in musica quanto la musica è di merda con testi di merda sulla merda assolve automaticamente tutto con una scrollata di spalle. Posso non condividere, e infatti non lo condivido, il punto di vista di Kekko, ma è rispettabile e coerente, sempre che l’abbia capito bene: ovvero che la musica deve dirti qualcosa sulla tua vita, e farlo sinceramente, per meritare attenzione. E’ un leitmotiv ricorrente del suo blog e quindi immagino che per lui sia importante. Anche più della musica in sé, visto che secondo lui la validità di Gazebo Penguins o Stato Sociale discende da quanto siano in sintonia con l’esperienza di vita di un ventenne medio in Italia oggi. Io non la penso così, credo che la musica (ma potrei dire l’arte) sia finzione e che la verità in tal senso conti poco e niente, meglio una bella recita che una mediocre verità. Soprattutto, non ho alcun bisogno che un musicista “mi parli”. Sia io che il Kekko siamo grandissimi appassionati di Henry Rollins. “Ecco finalmente qualcuno che riesce a spiegare quello che sento ma non so dire. A un tratto mi pareva di conoscerlo da sempre.” Io non sono in grado di ragionare così. La musica di Henry Rollins mi piace di per sé e per l’immaginario che riesce a rappresentare. Non sentendomi inadeguato o alienato, o essendo troppo insensibile per sentirmici, mi godo le qualità estetiche della musica, la rappresentazione di questa inadeguatezza, ma senza immedesimazione. Per me va benissimo dipingere un’immaginario personale e renderlo vivo. La mia connessione diretta, provata sulla pelle, è irrilevante. Altrimenti è come dire che, non essendomi mai drogato, non dovrei amare i Monster Magnet. Cosa dice della mia vita, non so, Branford Marsalis? Credo ben poco, se non che mi piace la musica di Branford Marsalis. Dovrebbe esserci altro? No.

E dunque, sulla base di tutto lo sproloquio senza senso che è arrivato fino a Andy Warhol che regge il mantello di Miles Davis quando faceva dischi orribili, come chiudere? Che arrivati ad un certo punto, quando il fare schifo alla merda in maniera assoluta e totale diventa una cosa del tutto gratuita e fine a sé stessa, occorre impugnare il mitra e sparare ad alzo zero contro la marea di merdoni. E’ vero, ognuno fa quel che vuole e si esprime come gli pare. Ma rispetto molto di più chi vuole diventare una star e comprarsi il villone a Bel Air piuttosto che chi va in giro per i bar a rompere i coglioni con canzoncine di merda sull’esser stati mollati dalla tipa nell’intervallo pubblicitario di Don Mattero via Facebook nell’incertezza del precariato che tanto vale andare fare l’aperitivo coi soldi della borsa di studio in scienza della banana mentre si pensa a come la gente criticherà questa stessa canzone di merda che ripete un arpeggio di un pezzo dei Wilco ma solo alla seconda strofa e lo fa per strizzare l’occhio e lo dice pure il testo. No, basta, veramente, ci vuole un po’ di dignità, perché con l’indietalico il livello di infimaggine dei libri di Enrico Brizzi o dei film di Marco Ponti ha trovato una traduzione musicale accurata. L’unica arma, a questo punto, diventa ignorare il fenomeno, cosa che proprio in questo post del cavolo non ho fatto, ma insomma qualcosa dovevo pur scrivere.

Quindi, Emma Marrone vince. Fa musica commerciale, brutta e rompicazzo. Ma molto meno degli indiesfighi medi, e senza la rete di salvezza dell’Ironia 2.0 e della contrapposizione alternativo vs. commerciale che giustifichi le peggio aberrazioni in nome di sé stessa e del proprio ironico pubblico.

E’ strano

Proprio quando si potrebbe dire, senza tema di smentita, che è stato il negro, si fa di tutto per impedirlo.

Purtroppo, al realtà ha ancora una volta superato la fantasia, finendo dritta dritta fra le rive d’Acheronte. Giulio Andreotti è morto e lotta in mezzo a noi, ma forse nemmeno questo è sufficiente al fine di raddrizzare tutte le storture che il mondo non ha mai smesso di rimprovare ad Attanasio Pecora, l’uomo dietro a tutti i fatti di sangue dell’ultimo decennio, o secolo e mezzo forse sarebbe più appropriato sapete, perché il dispiegamento temporale dell’immanente non sempre si può condensare in pochi attimi e ogni teoria dell’azione-reazione si fa memento di un concetto più astratto e, al contempo, umile, terragno, graveolente delle porcida untuosità ch’è propria dello stolto, del contadino che ignaro dei massimi sistemi e delle grandi cause trascina per il campo l’aratro, forte solo di quella saggezza secolare ch’egli reifica sempre uguale, tetragona ed immune al cambiamento, mediante lo struscio di calzature pratiche ed ineleganti che si oppongono con pugnace antiestetismo all’ipostatizzazione pedunculare propugnata da Prada e da tutti coloro che, parimenti, ambiscono al livellamento dell’uomo su un sistema valoriale d’implicito razzismo e schematica conflagrazione di contrapposizioni fittizie che si propagano all’infinito su un orizzonte degli eventi ormai dato per scontato, per irrilevante, per nefando e incalcolabile nella sua cieca e totale devozione al Potere inteso come in [1];

ed appare pertanto necessità di vero il sostenere che, in situazione di emergenza data da conflitto di classe irrisolto e femminicidio senza tregua, sia forse necessario fare un passo indietro ed ammettere con sè stessi ed il mondo che sì, abbiamo oltrepassato un segno ed il debito del terzo mondo è solo una delle cause della crisi che porta tanta gente per bene a indebitarsi per poter acquistare sottobanco pancali di merda da riversare nel water in modo da intasare le fogne e dare un po’ di laboro agli idraulici e, di conseguenza, a quelle maestranze umilmente manovali con la salopette lurida e la matita dietro l’orecchio e le mani lerce di morchia che purtuttavia son necessarie al processo civile e un’orda di tecnocrati vorrebbe rimpiazzare con robot in fattezza di negro a costo zero, perché in realtà voi credete che ci siano i negri in giro, ma si tratta solo di ammassi di cavi e di ciccia, perché i negri veri sono tutti morti nell’Oceano Negro che è la tomba di tutti i negri, ma non tutti i giovani se ne possono accorgere e continuano a guardare le repliche dei Robinson scambiandolo per la realtà mentre invece è quello che vuol fargli credere Abberlusconi mentre fa il governo che lo processano per abuso fiscale e frode campidanese quando assunse un cameriere che fu in seguito lapidato perché adultero

e quindi in qualche modo giustificabile nella cultura d’origine, sebbene anch’essa minata alla base dall’avanzata dello scoccialriformismo in salsa diluita eppur ancora dannosa e cancerosa, un’infezione tumorale che neppure il bicarbonato agli escrementi di Tullio Simoncini (quel finocchiaccio) potrebbe curare nè tantomento guarire, quindi provate a traslare tutto questo complesso balzabbà di pensieri parole opere e omissioni in un feretro simbolico di significanza epistemologica e urgenza espressiva, ne uscirebbe fuori una merda totale e indegna di qualsiasi fruizione, persino nella grave circostanza di cui è stata vittima Laura Boldrini durante un’ispezione dell’interwebs in cui Appeppecrillo e Alfano le scrivevano le parolacce con la maschera di V for Vendetta sperando di non essere riconosciuti anche se poi con gli hacker speravano di entrarle nel cellulare (non è un doppio senso, e se ci vedete la malizia è la cultura maschilista che vi condiziona) per prendere le foto di lei nuda sulla spiaggia di Ibiza per poterle far girare in rete ma non c’erano e allora hanno usato una foto di una che le somiglia anche se in realtà non lo sappiamo perché in fondo chi le ha mai viste insieme a Laura e Boldrini e quella lì spacciata per lei nuda, ma è proprio per questo che al mondo esistono gruppi di merda come i Uochi Toki o i Cani e teste di cazzo che li ascoltano senza provare schifo, dio merda.

Quelli di Repubblica, intendo. A quanto pare, l’amministrazione Obama ha spedito in gattabuia per trenta settimane un agente della CIA colpevole di aver spifferato roba a qualche giornalista. Verso la fine dell’articolo dei nostri eroi, leggiamo che “La condanna di Kiriakou mette a nudo un aspetto sconcertante dell’amministrazione Obama: il suo accanimento contro i funzionari federali che passano informazioni ai media. Sono già sei gli imputati in altrettanti procedimenti avviati da questo governo.” Cioè, stando a Repubblica, l’amministrazione Obama avrebbe processato (e nel caso di Kiriakou già condannato) sei agenti per divulgazione di segreto, e questo sarebbe SCONCERTANTE ACCANIMENTO. Non applicazione della legge, no.

Non è applicazione della legge, è SCONCERTANTE ACCANIMENTO.
Non è applicazione della legge, è SCONCERTANTE ACCANIMENTO.
Non è applicazione della legge, è SCONCERTANTE ACCANIMENTO.
Non è applicazione della legge, è SCONCERTANTE ACCANIMENTO.
Non è applicazione della legge, è SCONCERTANTE ACCANIMENTO.
Non è applicazione della legge, è SCONCERTANTE ACCANIMENTO.
Non è applicazione della legge, è SCONCERTANTE ACCANIMENTO.
Non è applicazione della legge, è SCONCERTANTE ACCANIMENTO.
Non è applicazione della legge, è SCONCERTANTE ACCANIMENTO.
Non è applicazione della legge, è SCONCERTANTE ACCANIMENTO.

Lo scrivo tante volte perché mi fa veramente scassare in due il culo dal ridere. Poverini, quelli di Repubblica, dobbiamo capirli. Se la stessa cosa succedesse da noi, chiuderebbero, visto che possono scrivere i loro articoli grazie alle spifferate della magistratura (o a internet).

A me garbano i negozi di dischi. Dico sul serio. Quando vado in una città, li cerco e mi piace proprio infilarmici, cercare/comprare le robe, etc etc. Soprattutto se sono negozi dedicati alla roba che mi garba, oppure in cui a tale roba sono dedicati ampi reparti. Non sono schizzinoso, va bene anche il repartone da Mondadori o Ricordi o FNAC che sia. Credo che questo tipo di passione per il negozio di dischi sia connaturata a quella per la musica. E che non ci sia niente di male, al pari di altri piaceri come il velocipede, l’auto d’epoca, o addirittura le rievocazioni storiche in armatura e spada. Si tratta di tenere in vita un passato ormai finito, per pura passione, assieme ad altri appassionati. La passione è la chiave, ovviamente: da un profilo strettamente razionale, un’auto moderna è più economica, sicura e facile da guidare rispetto all’Aston Martin del 1946, però se ce l’hai e ti piace, padronissimo di andarci in giro finché la puoi mantenere in sesto. Queste considerazioni di sconcertante banalità, per qualche astruso motivo, non sfiorano manco per il cazzo una nutrita frangia di ascoltatori di musica che provocano schifo all’idea di comprare online e che piangono lagrime amare et gopiose ogni volta che un negozio di dischi chiude. E sono una gran rottura di coglioni e fonte di sbroccate moralistiche mica da niente, eh. Guardate questo thread (iniziato nel 2009, ad oggi cento pagine) sul forum del Mucchio Selvaggio. Il post che dà l’avvio è un chiaro esempio di una mentalità retriva e antiquata che non vuole saperne di scendere a patti con la realtà, sostenuta dalle stampelle dell’elitismo e della nostalgia canaglia. Dice:

“il negozio di dischi sta diventando superfluo come concetto proprio. e questo, al di là degli inevitabili sentimentalismi e cazzate da vecchio dentro terrorizzato dai cambiamenti quale sono, non riesco proprio a vederlo come una cosa positiva. da Nannucci ho passato più ore della mia vita di quanto fosse ragionevolmente lecito ipotizzare, lì ho comprato il mio primo disco (“fear of the dark” degli iron maiden, appena uscito: era il giugno del 1992), lì mi fermavo dopo la scuola a ravanare con la tenacia e il puntiglio dell’archivista tra le vaschette dei “fondi di magazzino” in cerca di “chicche” nascoste e offerte irripetibili (dai vinili della Contempo a 1.950 lire, a “skyscraper” di david lee roth a 1.500 lire, agli stock di forati con dischi tipo “songs of faith and devotion”, “without a sound” o la raccolta di b-side dei mudhoney che ti tiravano dietro a prezzi ancora oggi imbarazzanti), ma non importa.”

L’abbiamo fatto tutti, tutti noi appassionati di musica. Se capita l’occasione lo faccio ancora, ma non è un bisogno. Perché la cosa importante, per un appassionato di musica, è l’accesso alla medesima. Queste madeleine sono buone per pulircisi le croste di merda dalle ascelle, dio canaccio. Anch’io se ci penso dico “ah, che teNpi”, pensando ai pomeriggi al negozio di dischi specializzato in metalz della mia città a discorrere con negoziante e gente. Allo stesso tempo, è tutto finito, ed è cambianto in meglio. Il tizio del post sul Mucchio va avanti e aggiunge, ad un certo punto:

“perchè quello che molti ascoltatori dell’ultima ora e troppi stronzi che hanno adesso l’età che avevo io quando spulciavo tra quegli scaffali non possono capire (e probabilmente non capiranno mai), è che quando compri un disco in un negozio non paghi solo il disco, paghi anche il servizio che il negozio stesso ti offre, e questo vuol dire competenza, scelte di campo, guida all’acquisto, commessi totalmente ossessionati e nerd oltre ogni possibile speranza di redenzione,scrematura, quella stessa scrematura che il mucchio tenta faticosamente di operare tra le sue pagine, che io spesso non condivido ma che comunque c’è, esiste, mi fa sentire trattato con rispetto in quanto ascoltatore, mi fa pensare che la musica in quanto oggetto abbia ancora un valore.”

Non sono un ascoltatore dell’ultima ora e non so bene cosa pensino i sedicenni di ora, non frequentandoli non ho neppure la presunzione di liquidarli con questi giovani di merda che non capiscono un cazzo. Il servizio e la scrematura che può fornirti un negozio specializzato, vecchio, lo trovi pure online. E non ha alcun bisogno di spocchiosi negozianti miopi con la barba piena di parassiti: un buon algoritmo di apprendimento è perfettamente in grado di svolgere lo stesso compito. Quando mi arrivano i consigli di Amazon USA, dove ho uno storico di acquisti che comincia dal 1998, trovo regolarmente o cose che ho già (ma non ovviamente comprato da loro) oppure cose che mi possono interessare e non di rado prendo: vedi, il tuo negoziante è inutile anche da questo punto di vista! Amazon UK e Amazon DE sono meno precisi, nei loro consigli, perché lo storico degli ordini è molto inferiore, però se comprassi più spesso raggiungerebbe ovviamente la stessa efficienza. E per finire:

“ora io vorrei che tutti quegli stronzi che comprano a mani basse da playpuntocòm perchè “costa meno”, che ordinano i cd a paccate sui siti internet americani così risparmiano sul dollaro, io vorrei che tutta questa feccia del cazzo si rendesse conto di cosa si è persa e di cosa sta contribuendo a distruggere indirizzando i propri soldi nelle tasche di qualche colletto bianco oltremanica (o oltreoceano) che non sanno nemmeno che faccia abbia. trovare un disco che si cerca da tempo, rovistare tra gli scaffali, scambiare due chiacchiere col clerk ossessionato, Cristo santo, uscire di casa per cercare qualcosa che ti piace, andarsela a prendere. è questo che più di ogni altra cosa mi spaventa, nell’epoca del “tutto e subito”: che si perda la consapevolezza che gesti, che azioni del genere esistano. è questo che mi fa sentire come tommy lee jones in “non è un paese per vecchi”. non Nannucci che chiude, ma le cause che lo hanno portato a chiudere. pensare di essere rimasto l’ultimo stronzo che un disco lo cerca continuando ad avere a che fare con esseri umani.”

Oh, così saremmo feccia del cazzo. Il cretinetti sembra più interessato ai negozi che alla musica. Perché, caro cretinetti, se grazie ad Amazon, a Play etc. puoi comprare di più perché i prezzi sono più bassi, succede che… al musicista arrivano più soldi! Proprio così! A noi feccia del cazzo non interessa un cazzo del contatto umano col negoziante del cazzo: ci interessa la musica. Avere i dischi, ascoltarli, capirli. Comprarli, così che l’artista possa contare su del danaro, nella speranza che gli altri appassionati facciano uguale. I cretinetti del km zero discografico non ci arrivano. E’ più importante la consapevolezza dei gesti, rovistare fra gli scaffali, trovare un disco che si cercava da tempo (cosa che su web succede spesso). Ma vaffanculo, coglione! Sei proprio un vero, autentico, immane coglione.

Pensaci: vai sulla superfichissima comunità di ascoltatori di musica, ti scambi consigli, scopri artisti, robe, cose. Puoi correre su YouTube o sul sito ufficiale e farti un’idea di prima mano. Se ti convince, puoi subito volare su Amazon e similia e trovare quei bei dischi che ti hanno consigliato gli esperti della comunità virtuale che tanto ti piace frequentare, puoi comprare con tre clic e trovarti tutto nella cassetta della posta dopo una settimana. In pratica, hai davanti a te il modo migliore e più efficiente mai realizzato per accrescere la tua cultura musicale, e allo stesso tempo stai pagando il musico per il suo lavoro meglio di prima (per il semplice fatto che prezzi più bassi => più dischi venduti), e invece no, vade retro, si perde la consapevolezza dei gesti (mi viene da ridere ogni volta che lo scrivo) e si mandano i soldi a qualche colletto bianco mai visto né sentito!!!!11!!!uno!!! Ma si può essere più idioti? Come se fosse bello vedere e sentire quei cafoni di Rock Bottom a Firenze, per esempio…

Sospetto che a fianco di questo vecchiettismo ci sia una bella dose di elitismo. Ci sono persone che ascoltano la musica non solo per piacere personale ed interesse, ma anche per estremo bisogno di affermazione sociale. Sovraccaricano la musica di una dimensione etica e fanno miriadi di castelli in area prima di poter dire se tal disco/artista è ok o fa cagare iguana impagliati. La musica, per queste persone, serve per tracciare una linea: da un lato NOI, dall’altro LORO. E se la musica X piace a LORO, allora SequelaDiCastelliInAria è eticamente sbagliata e la critichiamo con violenza. In questa forma mentis, rientra anche l’acquisto al km zero nei cari vecchi negozi di una volta. Io, guarda un po’, ho sempre pensato che Nick Hornsby sia una merda e Alta Fedeltà un libro del cazzo.

Kekko di Bastonate fa spesso ragionamenti simili. Io in tutta onestà faccio una fatica boia a capirlo, quando si perde nell’assurda dimensione dell’etica per una roba che suona e stimola maggiore o minore secrezione di endorfine a seconda della sensibilità individuale. Lo leggo, perché mi fa vedere le cose secondo una prospettiva per me inconcepibile. Feticismo per il negozio di dischi di una volta sbroc sbroc compreso. Bah. Sia come sia, se a qualcuno piace andare in giro con una macchina del 1943, faccia pure. Solo non si metta a moralisteggiare perché noialtri preferiamo auto più sicure ed economiche e che a voler vedere inquinano pure un botto meno. Io continuerò ad accrescere la mia cultura musicale (ma lo stesso discorso si può fare paro paro coi libbbri) con Amazon, Play, CDWOW e compagnia bella, pulendomi allegramente il culo con la consapevolezza degli antichi gesti. E dio maiala di dio! Ma c’è una via con cui un negozio dischi oggi, può vivere e prosperare, cioè internet e specializzazione. L’intervista che ho fatto ai tipi di JazzMessengers (Barcellona) rivela una success story notevolissima. Ma l’Italia è troppo provinciale per queste cose… minimo, il tizio del thread di Mucchio Selvaggio non comprerebbe mai da un negozio che vende molto su internet, perché sarebbe poco etico.

E’ finita questa roba degli europei di calcio, finalmente. Ha vinto la Spagna per quattro a zero, e questo significa solo ed esclusivamente che la Spagna era nettamente più forte dell’Italia, senza nessuna possibile replica. No, niente “che sfiga”, “che sculo”, “però noi se…”, “la nostra è stata innanzitutto una vittoria morale” e fregnacce del genere. Mi dispiace solo che l’orrendo Travaglio sarà contento, ma oh, tutto non si può avere. C’è comunque un tipo di retorica che a me dà molto più fastidio di quella che vuole assolvere la nazionale: quella dei calciatori miliardari viziati sbroc sbroc. Retorica che, fra l’altro, viene sospesa non appena la nazionale vince, ma ritorna prepotente e livorosa in caso contrario. Adesso, porca troia, e pensare che a me del calcio non importa una cazzo di nulla, dove sarebbe il problema che i calciatori guadagnano sbombardoni di euri? Ve li rubano dal conto? Non direi. I soldi che arrivano ad un calciatore sono un concentrato di sponsorizzazioni, diritti televisivi etc. Siccome ci gira un monte di soldi attorno al calcio di alto livello, le squadre/società spendono cifre sempre più alte per assicurarsi i servigi dei migliori calciatori – perché dubito che darebbero gli stessi soldi a vostro cuggino o a voi o a me, e giustamente, aggiungo. Fin qui, tutto chiaro. Salta poi fuori che questi calciatori siano buzzurri ignoranti tatuati miliardari che tra l’altro si drogano, vanno a troie e scommettono sul calcio medesimo. E allora, io dico: e quindi?!? Un calciatore deve funzionare bene all’interno della squadra, fare il suo compito, contribuire alla vittoria. Tutto il resto sono cazzate, se non interferiscono con il successo della squadra, l’unica cosa importante quando si parla di calcio.

Si drogano, vanno a troie, sono incoscienti e pericolose teste di cazzo, e allo stesso tempo tremendamente bravi a fare quello che gli chiediamo. Sono i calciatori o i Mötley Crüe? Stessa cosa, stessa premessa, stessa mitologia: il tangheraccio di provincia con un particolare talento che porta lui, al posto di altri n-mila, in cima al mondo, e da quella posizione assume il ruolo di semidio, idolo dei giovani e nemico dei genitori che lo vedono come modello negativo immorale etc. etc. Tutto come da copione. Ma dove sta scritta questa storia del buon esempio? Questa immane gigantesca ridicola stronzata? Se qualcuno facesse uno studio accurata sulla correlazione fra:

– aumento del consumo di cccccccioga fra i ggggiovani
– aumento della prostituzione (lato utente) fra i gggggggggiovani
– aumento dei tatuaggi fra i giovani
– aumento della maleducazione & ignoranza fra i ggggiovani

e

– aumento degli stipendi e dei calciatori

non troverebbe una sega nulla. Tranne forse i tatuaggi, che però sono diffusissimi ovunque, non solo fra i calciatori, e questo per un rilassamento generale di certi costumi. Una volta il tatuaggio era roba da galeotti, ora è moda, in nessun caso è rilevante e in nessun caso c’entrano i soli calciatori. Le abitudini dei gggggiovani, qualora siano peggiorate, sono esclusivamente colpa dei genitori, che trovano semmai comodissimi capri espiatori nei calciatori, nei Mötley Crüe o in Jersey Shore.

A proposito di Jersey Shore, poco tempo fa capita una discussione con una amica di amici che ha un figlio di tredici anni che è simpatico e sveglio, ma pure megavandalo viziatissimo. Insomma, che dice lei? Che se il futuro è Jersey Shore lo vede nero. Io: “eh?” E lei eh sì, mio figlio quando sta in casa lo guarda e poi li imita sbroc sbroc la cultura sbroc sbroc dove finiremo sbroc sbroc. Ora, io dico: il figliolo fra un paio d’anni si sarà già scordato di Jersey Shore, tanto per iniziare. Il figliolo, soprattutto, non è mai stato guardato da suo padre, e sua madre gliele ha sempre date tutte vinte senza quella zoccolata nelle tempie al momento opportuno. Ora è scoppiato alle medie. E’ colpa… dei calciatori? Di Vince Neil? Della PS3? Incredibile a dirsi, stavolta non si può nemmeno incolpare il negro. E quindi, ‘sti moralismi penosi stioccateveli tutti quanti in culo, spero che Balotelli si sniffi quattro kg di coca e segni un triplo goal carpiato saltato con Bastard in cuffia a mille, e poi vada subito a puttane incornando la donna.

Abberlusconi parrebbe pronto alla dipartita. I suoi consensi sono in calo da quando si sono addensate sempre più le ombre della grisi (“Se non ora quando?”, ovviamente, non ha inciso un cazzo di nulla). E quando la barca ha iniziato seriamente a imbarcare acqua, i topi hanno cominciato ad andarsene in cerca di altre poltrone. Tutto regolare e prevedibile, un comportamento da maschere della commedia dell’arte. Con l’uscita di scena di Abb.lusconi perdiamo un cattivo politico che ha occupato la scena per quindici anni al solo scopo di difendere i propri interessi, e questo facendo semplicemente il gioco delle tre carte a oltranza. Vorrei porre l’attenzione su due fatti e cosa se ne può dedurre.

Lo spread
Ecco la buzzoword di questi giorni. Lo spread, lo spread, lo spread. Lo scrivo tante volte per amor di Google. Più lo spread va a fare in culo, più si rischia la retrocessione al di fuori dell’Eurozona. Cosa di cui tutti sembrano preoccupatissimi. Anche se in fondo sperano che tutto vada in merda, così potranno dare la colpa a Abberlusconi di quanti iPhoneN non si potranno comprare nei prossimi cinquant’anni. Dovrò invecchiare con Abberlusconi nelle orecchie? Ma è uno scenario da incubo! E’ spassoso ma anche squallido l’accanimento mostrato dalla Stampa Internazionale: sembra quasi che tutto il casino di questi ultimi mesi sia colpa di Abberlusconi, ormai, tra un po’ pure la Grande Depressione del ’29. E’ un inadeguato cialtrone cazzaro e ridanciano. Vero. Gli altri governanti d’Europa sono cazzari non ridanciani, perché nessuno di loro ha saputo rispondere adeguatamente alla crisi, e sono anche messi peggio. (v. Spiked)

Lo spread, pt.2
Non so voi, ma trovo piuttosto brutta questa piega per cui tutto debba dipendere dalle valutazioni di mercato perché uno stato per finanziarsi emette robe con interesse che poi viene valutato con varie sigle incomprensibili dalle agenzie di rating e in base alle valutazioni di questi stronzi lo stato corre il rischio di non avere più una lira, deve tagliare tagliare tagliare e questo si ripercuote sul welfare. Non sono in grado di dire quale sarebbe lo scenario migliore per spezzare la spirale – lo sapessi, farei il consulente strapagato. Non so nemmeno se sia possibile. Certo, se defaultare e uscire dall’euro fosse il primo passo, non sarebbe poi così male. Però il nostro debito, se non ho capito male, è in Francia e Germania, quindi loro vogliono tener su la baracca e per farlo gli ci vuole un sicofante al governo che garantisca determinate robe per garantire la solvibilità, il che essenzialmente vorrà dire tagli tagli tagli, vedi sopra. Questo è, precisamente, lo scenario Abberlusconi-free auspicato.

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L’opposizione fa più schifo di chiunque altro.
Io lo dicevo. Questi coglioni hanno passato anni a invocare le dimissioni di Abberlusconi per i processi, la moralità, le battute, tastare di culo alla Merkel, dare del negro a Obama, Ruby, il Bunga Bunga, le puttane e l’impresentabilità. Hanno fatto fuoco di fila sparando sull’immagine e l’hanno solo rafforzata, giustificando così il governo del gioco delle tre carte (“eh, dio merda, io avrei anche fatto questo e quello, ma purtroppo ‘sti comunisti…”). Mai, nemmeno per sbaglio, avessero detto quali fossero i rischi veri cui si andava incontro (tagli! tagli! tagli! al welfare! welfare! welfare! e tasse che vengono assorbite a fondo perduto senza reinvestimento in loco!), nè quali misure avrebbero adottato loro per venire incontro alla crisi. Illustrarla, far capire i propri piani, apparire convincenti e farsi votare di conseguenza. Questioni base che sarebbero patrimonio di una sinistra moderna e pragmatica. Ma no, il Popolo Viola, il Popolo Arancio, la Moralità signora mia! Mobilitiamo la ggggggente per la ripristinare la Moralità del paese, per le intercettazioni, per le battute, per i processi! E poi per difendere le culture delle minoranze perché gli sporchi leghisti di Valdobbiadene Affangolo non vogliono una moschea accanto al polentaio! Beh, a pensarci bene non è strano per dei filoeuropeisti che seguono l’ideologia (e il potere, e i compensi) del Grande Mercato Ad Ogni Costo e hanno nascosto sotto due tonnellate di politicamente corretto le questioni sostanziali – almeno in questo sono stati abili, gli va riconosciuto, perché i loro seguaci e sostenitori si ritengono pure colti, intelligenti e parte sana del paese.

Comunque, intanto almeno si esce dallo stallo. Restare in un minimo locale troppo a lungo significa che qualcosa da qualche parte è andata a fare in culo.

Spero che a questo punto qualcuno capisca. Avere risorse è importante per assicurare il bene nazionale. Se per farlo bisogna sporcarsi le mani, che lo si faccia, e affanculo le buone maniere. Tipo stringere alleanze con dittatori algerini in cambio di idrocarburi e investimenti infrastrutturali in loco a lungo termine. Oppure con leader russi (tra l’altro la Russia entra nel WTO, e non so valutare esattamente la roba, ma non credo sia male) per i loro gasdotti diretti in Europa. Pure la TAV. Per esempio, eh. A naso, si tratta sempre di investimenti a esito positivo, che garantiscono per i bond, che garantiscono il rating, che garantisce l’arrivo di soldi per uno stato sociale. O in alternativa garantiscono uno spazio di manovra autosufficiente, con risultati analoghi.

Te però vallo a spiegare alle solite teste di bomba per cui l’oltraggio alla morale e le puttane fanno decrescere il PIL e tolgono Santoro dalla tv. La mia accoppiata ideale? Roosevelt presidente del consiglio, Kissinger ministro degli esteri. E un 20-25% di persone con diritto di voto.

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