“Ah-ah, i documenti dell’attentatore!”
“Ma ci credono stupidi? Anche questo attentatore lascia i documenti in vista?”
“Kit dell’attentatore: armi e documenti!”
Un breve campionario di robe lette nelle ultime ore. Posso capire l’iniziale stupore, ma il fatto che succeda ad ogni attentato dovrebbe far riflettere le persone. No, non che gli attentati siano dei folsz flagsz come sostengono i coglioni complottisti vari, ma che forse c’è un motivo ben preciso. Qui si parla di terroristi islamici suicidi, che VOGLIONO far sapere il loro nome. Fa parte della cultura stessa che li produce. Il martire per Allah è un eroe, e gli eroi si celebrano. Non per niente, i terroristi vari sono oggetto di venerazione in certe zone del Merdistan e in tante comunità merdistane all’estero ove si provino simpatie estremiste. In più c’è anche un altro aspetto, più pratico: comunicare, ad eventuali organizzatori o finanziatori, che il piano ha funzionato. Da morti, di solito, è difficile.
Naturalmente, non sempre va tutto liscio, suppongo possa capitare all’ultimo di cacarsi addosso dalla strizza, oppure fughe rocambolesche per evitare di esser presi dalla pula. In ogni caso, il terrorista suicida si chiama così non per figura. E martire nemmeno, proprio anche nel senso etimologico di testimone della propria fede.
E dire che, per scrivere queste cose, non ci vuole una laurea cultura orientale, eh.
Si fa sapere, a chi paga, che il lavoro è stato fatto anche per sistemare la famiglia. Quello che per i palestinesi accade con i soldi della Comunità Europea.
L’ha ribloggato su Buseca ن!e ha commentato:
Ed ecco spiegato semplicemente perché i terroristi si portano dietro i documenti: ci tengono a far sapere come si chiamano. Mica che le vergini le danno ad un altro, sapete