(le foto sono del concerto di Roma, invece, e le ha scattate l’amica Marta Coratella)

Almeno una volta nella vita li volevo vedere, gli ZZ Top. I loro dischi degli anni ’70 sono dei capolavori e chi dice il contrario è il solito bimbominkia che ascolta Muse e Tokyo Hotel, e poi c’è il resto che da un disco all’altro oscilla ma insomma calma. Dicevo, mi piacciono da morire gli ZZ Top e quale occasione migliore di vederli se non a Lucca, venti minuti da casa? E allora via, in quel di Piazza Napoleone, con una tribuna d’onore piena di impomatati vegliardi e signore ingioiellate, lì per assicurarsi che anche questo evento avesse un minimo di quel decoro essenziale alla Lucca-bene, quantomeno che ce lo avesse grazie alla loro presenza. Prima di Billy, Dusty & Frank ci tocca però Jeff Beck, che senza troppi giri di parole fa semplicemente schifo alla merda. Energia sì, band coi controcazzi pure, ma quella schifosissima fusion dalle disgustose tastierine anni ’80 è veramente un’immondizia, di quelle che si potrebbero sentire sul finale di un qualche film di ninja, o come sottofondo ad una televendita di vhs di documentari naturalistici. Il momento migliore è stato quando la cazzutissima bassista ha spinto sull’acceleratore funky. Quello più repellente il finale: una micidiale versione new age del Nessun Dorma, che già odio a cose normali, e che almeno i Manowar resero in maniera spassosa. Applausi a randa, ovviamente. Ciononostante, Jeff, vai a fare in culo.

I tre dei texani irrompono sul palco al suono di Got Me Under Pressure, sono buffi nei loro movimenti sincronizzati che ormai eseguono con una certa goffaggine, ma hanno un tiro della madonna e i culi dei presenti sono già ridotti in cenere appena Billy e Dusty si alternano ai microfoni, uno naturale e l’altro vocoderato. Wow. La scaletta è stata, all’incirca, un greatest hits. Waiting For The Bus sfuma nella pigrissima Jesus Just Left Chicago, tre standard blues (non chiedetemi quali che purtroppo, in materia, sono ignorante) vengono cuciti assieme in uno splendido medley, Cheap Sunglasses, My Head’s In Mississippi, una stupenda Need You Tonight, Party On The Patio a duecento all’ora con Dusty Hill che pareva il secondo avvento di Little Richard, una bellissima cover di Hey Joe, un finale all’insegna degli hit multiplatino con i due barbuti vestiti da mariachi che sparano in fila Gimme All Your Lovin’, Sharp Dressed Man e Legs. A sorpresa, almeno per me, vengono rispolverate Pincushion e la meravigliosa Brown Sugar. Per il bis sale sul palco Jeff Beck, e così La Grange e Tush vengono fuse in una fantastica jam da un quarto d’ora. Dio zombi, dio.

Qualche annotazione sparpagliata: Billy e Dusty sono troppo simpatici. Fra tutti e tre suonano divinamente, ma Billy Gibbons mi ha lasciato veramente a bocca aperta. Non ho mai sentito una chitarra solista con un suono così bello e pieno di sfumature. E che belli i suoi assoli, così fluidi, caldi, pieni di armonici artificiali disseminati con suprema intelligenza e infinito buon gusto. Qualsiasi elogio nei suoi confronti non gli rende giustizia. Vorrei tanto che mi cucinasse una cena tex-mex, purtroppo non sono vip abbastanza, ahimè…