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ambulante

In un periodo denso di avvenimenti quale l’evo corrente, si comincia sempre da piccoli e innocui battiti d’ala di farfalla a Tuskegee e si finisce con un terremoto che innesca il meltdown della centrale nucleare sotterranea e segreta di Avetrana, il luogo circondato da molti misteri e da almeno altrettanti Misseri, fra cui svetta il sinistro Michele che tutti, o almeno alcuni, potrebbero avere la memoria fina al punto di ricordarlo perché accusato in via del tutto occasionale per l’omicidio di Meredith Grey, la studentessa ghei, quella di Perugia che fu coinvolta in una storia a dir poco torbida; torbida al punto che nemmeno la sana indignazione di Sabina Guzzanti era riuscita a risolvere il caso, nemmeno Fernando Imposimato, nemmeno (e mi sbilancio) una persona integerrima e severa, ligia fino all’inflessibilità nel servire la nazione che gli diede i natali, e allo stesso tempo

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così coinvolta nelle vicende umane, terra terra, umili dei contadini e dei braccianti, degli agricoltori e dei mezzadri, dei pastori e delle tessitrici, delle mondine e delle spigattiere, un mondo agricolo e innocente che si è preservato miracolosamente nella quiete, intonso, ben poco incline al compromesso con le mani adunche e la bava setosa di una modernità che nulla concede al sentimento dell’umano e tutto sacrifica sull’altare di interessi altri, persino volti alla soddisfazione delle più turpi brame individualistiche ormai libere dal timore di venir crocifissi dai compaesani nel caso di sospetto di devianza dalla retta via, dalla venerazione del santo che indica la via, perché è indubbio che via, in qualche modo, si debba pur andare – lo capirebbe pure uno di quei curiosi e simpatici blocchi di cemento, la cui forma ricorda non poco quella di un panettone, che si trova spesso a segnare limiti invalicabili nel traffico, un limes che tiene lontane le auto dalla sacralità dei corpi umani, perché è ovvio che sia l’uomo, e l’uomo soltanto, a dover trionfare sulla materia, e mai il contrario, e tutte le volte che il processo si è invertito abbiamo poi dovuto raccogliere i cocci di questa hybris e

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cominciare a ragionare in termini di mancata empatia, di antropizzazione di un irreversibile cascame di ciò che un tempo si spiegava semplicemente ricorrendo a rappresentazioni semplificate della realtà, ma non per questo meno pregevoli, in cui una serie di stecchi e ramoscelli di varie misure, compresi fra i dieci centimetri e il mezzo metro, vengono giustapposti su un pavimento rosso carminio o almeno violetto, e poi stratificati in una serie di ziqqurat comunicanti fra loro, quasi a simulare le vette architettoniche di perdute civiltà precolombiane, quelle stesse che oggi in fin dei conti non partecipano allo scacchiere della globalizzazione ma vi sono presenti in nuce quasi come falene attorno alla lampara, ignare dell’imminente calata dei pipistrelli, che presto ne faranno spregio e quindi nutrimento, operazione forse disgustosa ma non certo dettata da cattivo sentire o odio, ché i chirotteri non odiano certo le falene, eppure è necessario che qualcuno ne contenga l’esplosione demografica altrimenti il mondo sarebbe presto invaso dalle falene, e alcuni scienziati ravvedono in “Godzilla contro Mothra” un ben preciso monito a non sottovalutare il pericolo della falene; intanto, mentre scientisti ed omeopati tergiversano sul da farsi e i vaccini continuano a mietere vittime, la popolazione mondiale scende vistosamente di numero

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e degrada moralmente verso un indifferenziato protoplasma di empietà, e intanto la gente onesta, che pure esiste, non arriva a fine mese, incalzata dai migranti pagati da Soros che approdano sulle spiagge e vivono di privilegi come signorotti feudali ben attaccati al loro status nobiliare, perché sappiamo tutti come va a finire, poi la gente si arrabbia, si arrabbia come la persona in spiaggia che vorrebbe fumare ma non ha da accendere, è pronto ad abbandonarsi alla stizza, e ad un certo punto alle spalle sente una voce, “mugumbrà?”, e si gira per una volta felice di trovarsi di fronte un ambulante da cui comprare l’accendino, però la delusione cocente lo attende perché si tratta in realtà di un frate camaldonese che, per finanziare la ristrutturazione del chiostro del convento, gira in spiaggia vendendo biografie illustrate di San Pleurazio, peraltro estremamente interessanti, nessuno lo nega, e per una causa più che nobile, però il povero bagnante a questo punto perde le staffe e va compreso se in uno scatto d’ira ucciderà il frate rompendogli il palo dell’ombrellone in testa, succede, perché gli è stata negata la possibilità di accendere la sigaretta e dunque fumare, gli è stata negata dalla presenza del frate al posto dell’ambulante, e dunque per quanto riguarda la morte del frate, in maniera unanime stampa, magistratura e polizia diranno con assoluta sicurezza chi sia stato: il negro.

Negro: è stato il negro

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Qualche tempo fa l’orrendo Giovanni Allevi ha fatto l’ennesima sparata delle sue, che Beethoven non ha ritmo, Jovanotti sì, è per questo che i bambini apprezzano il secondo e non il primo, ecco musica classica sbroc sbroc vecchia rinnovamento sbroc sbroc. Allevi ha (consapevolmente, ne sono sicuro) sparato una megacazzata totale termonuclare totalmente sbagliata su qualsiasi livello, ma che riattiva la dialettica delle tifoserie pro/contro, portando al solito il nome del merda al centro dei riflettori. Cosa che è successa, ma meno del previsto, sarà perché la gente s’è un po’ stufata, sarà perché qualche anno fa Uto Ughi ha aperto la breccia istituzionale dell’anti-Allevamento, sarà perché boh. Sulla centesima sparata dell’acaro ascolano c’è poco da dire. Tanto per iniziare, il confronto fra musica accademica europea e musica pop italiana nata quasi duecento anni dopo da tutt’altri presupposti è, semplicemente, insensato e folle – il modo stesso di pensare e concepire ritmo e percussione, nonché il nostro modo di sentirli, è irrimediabilmente cambiato con il cambiare della musica e l’irruzione della musica (afro)americana (di cui Jovanotti è deforme discendente). E già solo questo taglierebbe la testa al toro. Poi, c’è l’aspetto puramente retorico, di contrapposizione alto-vs-basso. La solita roba trita e meschina per cui Allevi per tramite di Jovanotti che gasa la gente sarebbe anche lui stesso più meglio di Beethoven che garba ai parrucconi che osteggiano Allevi e dunque pure Jovanotti. Zac. Allevi avrebbe potuto citare l’Histoire Du Soldat di Stravinsky o Rodeo di Aaron Copland per dar corpo ad un’affermazione tipo “la musica contemporanea è più vicina all’orecchio medio moderno rispetto a quella di Beethoven, almeno per quanto riguarda l’aspetto ritmico e percussivo”? Certo, ma una frase del genere avrebbe contraddetto brutalmente il nocciolo del suo misero pensierino, cioè che TUTTA la musica accademica dell’ultimo secolo sia rumore incomprensibile che non piace a nessuno tranne a chi la compone e qualche professorone spocchioso. Insomma, si sarebbe sparato in culo da solo, dando per scontata la memoria a medio termine del pubblico.

Prendo questo esempio di Allevi non solo per parlar male di Allevi, che è sempre cosa buona e giusta, ma perché mi rendo conto che ormai nessuno vuol più rimettere al suo posto l’imbecille. In generale, dico. Dev’essere una distorsione del concetto di “democrazia”, quella per cui la libertà è discorporata dalla responsabilità. E’ vero, ovviamente, che ognuno può dire e pensare quello che vuole; allo stesso tempo, se dici una stronzata, può succedere che qualcuno si alzi e dica “ma sei mongoloide, dio cane?” Sì, pure in pubblico, e sì, pure se sei una celebrità. Credo sia questo, alla fine, il grosso danno culturale dell’ultimo quarantennio o giù di lì, l’eredità peggiore del ’68 che si è legata in maniera inestricabile e perniciosa al politicamente corretto. Un bel continuum di merdismo, lasciatemi dire. Se le proteste del ’68 erano contro l’aumento delle tasse universitarie, che avrebbero tagliato fuori le fasce meno danarose, e dunque sacrosante, gli esiti nel lungo termine sono stati distorti in modo catastrofico: hanno prodotto la situazione del tutti laureati, nessuno laureato. Ovvero, quella del “mi laureo per il pezzo di carta e faccio il concorso”. Ovvero dell’ingigantimento a dismisura del pubblico. Ovvero della lauree facilitate e squalificate, quando non totalmente mongole. A monte, quel modello di educazione in cui il figliuolo non viene mai redarguito col ceffone o messo di fronte alle cazzate che ha combinato, ma blandito per “evitare traumi”. Non è colpa tua che non studi e/o non capisci un cazzo, sono gli altri che non ti apprezzano. Questo modo di ragionare solletica molto il narcisismo medio e prende piede molto rapidamente; i risultati costituiscono il cosiddetto “sfascio culturale contemporaneo”, cui si è arrivati procedendo un passo alla volta nella direzione sbagliata. Nel’idea lodevole di permettere a tutti, indipendentemente dal censo, di laurearsi, ad un certo punto si è perso per strada il “a patto di studiare il necessario”, che coincideva pure con la parte sgradevole dell’affare: il politicame è andato fin troppo incontro a quel che la gente voleva. Per forza che poi arrivano i parlamentari analfabeti e le trasmissioni condotte da gorilla che non sanno parlare italiano (ma pure certi dottorandi all’università, giuro).

Non so bene cosa aggiungere, a questo punto. Non sono certo per Il Modello Di Virtù che tutti devono seguire, nè per l’acritica adorazione del proprio orticello. Non sono per gli estremi e le verità rivelate, preferisco gli equilibri ragionevoli. E una situazione di ragionevole equilibrio sarebbe quella in cui uno che fa solo dei modesti plìn plìn al piano spacciandosi per grande della musica contemporanea, facendo leva sul fatto che (purtroppo) la musica contemporanea in Italia è paurosamente negletta e l’educazione musicale vetusta, e sui relativi complessi che germinano in questa situazione, venisse rimesso a posto a suon di schiaffoni. Le argomentazioni per farlo non sono affatto difficili, eppure si preferisce l’alzata di spalle e “ognuno ha diritto alla sua opinione”, oppure “alla gente piace”: due frasi fatte che sono vere, ma che annullano ogni possibilità di argomentazione. E qui si arriva all’altro punto, l’anti-intellettualismo-perché-sì, che è pernicioso e dannoso quanto l’intellettualismo-perché-sì. E’ la morte completa di qualsiasi spirito critico e discussione. Oh lo so, ci sono cascato pure io qualche volta, per la mediocrità degli intellettuali italiani e l’insopportabile supponenza delle teste d’orango che pendono dalle loro labbra, incapaci di formarsi uno spirito critico e un’estetica individuali. Ma bisognerebbe anche fermarsi quando ci si rende conto di aver oltrepassato la soglia dell’onestà. Ieri sera, per dire, mi sono guardato DOA: Dead Or Alive, che è una sgommata di film termonucleare. Divertentissimo, lo riguarderei pure domani. Ma è brutto e fallimentare da qualsiasi punto di vista. A me Truffaut non piace, eh, ma indubbiamente è uno che ha il suo perché e il suo percome e cinematograficamente parlando vince a mani basse su DOA, indipendentemente dal fatto che io, dovendo scegliere, preferisca guardarmi quest’ultimo. Se confrontassi Truffaut con John McTiernan, allora ecco due autori diversissimi, ok, ma capaci di guardarsi negli occhi sul piano della riuscita estetica del proprio lavoro.

Il succo. Eh, il succo quale sarà, a questo punto, che mi sono perso & rotto i coglioni… Che gli esseri umani sono tutti uguali, nel senso che hanno tutti diritto alle stesse cose, e però sono tutti diversi, nel senso che non tutti sono capaci di fare le stesse cose. Quando il sistema educativo è arrivato, passo dopo a negare la seconda parte della congiunzione, dando ad ogni testa di cazzo la sensazione di essere unico e speciale e chi dice il contrario ti sta discriminando, ecco, quando succede ci scappa il FAIL. Uscirne sarà graduale quanto lo è stato entrarci, sempre che lo si voglia fare. E no, questo non è uno sbotto vecchiarile per cui ora mi metto a pontificare stile Castaldo/Assante che gli Slayer sono inutili perché tanto i Beatles avevano già detto tutto con Helter Skelter o fregnacce simili. E’ solo un tentativo di fare chiarezza su argomenti, in qualche modo, già trattati prima. Perché allo spettatore di X-Factor convinto di vedere nuovi talenti contrapposti a quella troja di Miley Cyrus, occorre ricordare che se Miley Cyrus non sarà Janelle Monae, è comunque una cantante sulla cresta da anni che fa concerti su concerti, balla, canta e vende dischi. Ha già dimostrato di essere superiore alla media. Capito, coglioni? Ora vi rimetto a posto a zoccolate.

No, veramente, non c’ho voglia, però qualche perla a voi porci (con rispetto per i suini) devo darla ogni tanto, altrimenti il blog si spopola. Ebbene, una perla è che finalmente esce Spell Eater degli Huntress. Suonano metal classico, ma ci aggiungono la crudeltà sonora e concettuale che il black metal ha sempre cercato – senza successo, ovviamente, perché in genere i blackmetalz sono delle gran teste di baccalà norvegesi che, se non si fossero sfogati col trucco da panda e le mazze chiodate, sarebbero tutti nelle patrie galere per omicidio di omosessuale, negro o musulmano. Gli Huntress invece sono bravi e californiani e hanno una cantante che pare Janet Agren, quindi scusate ma è un no-contest. Ok, data questa notizia, ripartiamo con lo shuffl’in.

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… (ad lib)

La misura dell’importanza e della malwagytà di una persona la danno le intercettazioni. E’ un dato di fatto dell’era dello sbroc. E siccome poche persone al mondo possono dirsi importanti e malvagie quanto me e Astrosio, era naturale che ci intercettassero per pubblicare poi le nostre turpi chiacchierate su Repubblica, Libero, Dagospia e Il Corriere. Tuttavia, com’è noto, sappiamo chi fa le pentole (il Diavolo), ma non chi fa i coperchi. Ebbene ve lo posso svelare: io e Astrosio facciamo i coperchi, e se i Diavoli dei giornali stanno per pubblicare le nostre intercettazioni, noi aggiungiamo i coperchi intercettando loro. E li anticipiamo, così ci si guadagna noi, che poi siamo gli intercettati e non vedo perché dei giornalisti debbano lucrarci sopra e noi no.

Le streghe sono vecchiacce brutte che volano su scope malandate, e sono vestite di stracci malandati, e fanno paura ai bambini. Berlusconi è un vecchio brutto che vola sul jet privato, veste, bene o male a secondo dei gusti, ma certo non di stracci. E in alcuni casi fa paura ai bambini. Perché questo paragone? Benché agli scriventi – sia chiaro – non interessa una sega di quanto si sta per scrivere, hanno trovato divertente notare alcune analogie fra il Malleus maleficarum, libro del 1486 (quasi milleccinque!), e i libri di Travaglio contro Abberlusconi. Ma perché, direte voi, se ci siete, scrivere una cosa su un argomento di cui non vi importa una sega? Perché è divertente. E fa scompisciare vedere come gente sbrodola dietro a uno che non fa altro che scrivere un Malleus maleficarum. E fa scompisciare vedere come proprio quella gente, e proprio in virtù della lettura dei libri di Travaglio, si senta intelligente e profonda. Quando invece proprio quella gente, e proprio in virtù della lettura dei libri di Travaglio, è semplice o sbadata. Distratta, diciamo. Ma dove viene l’idea? Be’, l’idea mi è venuta (sono Astrosio), quando l’altro giorno in TV ho sentito due giornalisti, uno di destra e uno di sinistra, che si offendevano dandosi del “Travaglio”. E ovviamente sono scoppiato a ridere. Perché in realtà, così come ai tempi del malleus maleficarum, se si alzava un po’ la testa dalla folla urlante si coglieva la totale, profonda, pervicace falsità del libro suddetto, così oggi c’è chi dà per totalmente scontata la nefandezza del metodo Travaglio. Che è uno metodo noto a chi scrive da più di cinque secoli.

Negrodeath:”Sig. Astrosio, buonasera. La contattavo perché ho sentito parlare di tal Malleus (o Mallevs) Maleficarum, ed ero incuriosito: di cosa si tratta? Chiedo a lei, preclaro esperto di esoterismo, magia, rabdomanzia e pizzeria.”

Astrosio: “Gentilissimo Negrodeath, sono contento che mi abbia chiesto quanto mi ha chiesto a cui tosto rispondo: trattasi di un trattato del 1486 sulle streghe che ebbe largo seguito fra il popolino e fu causa di molti roghi di donne accusate di essere streghe. Il bello è che era un libro che dicendo di svelare, non svelava un beneamato cazzo in quanto tutte le cose ivi riportate erano nient’altro che superstizioni già note, ma forse proprio per questo ebbe tanto successo. Raccoglieva superstizioni note a tutti e a tutti permetteva di sentirsi intelligente e dire:  ‘Ah! Lo sapevo!’ . Ecco.”

N: “Ah – dunque proprio il meccanismo dell’autocertificazione della propria supposta intelligenza ne decretava il successo! Un fenomeno tutt’altro che moderno, allora. Lei è convinto che, qualora oggi
esistesse una moderna versione del Malleus Maleficarum avrebbe altrettanto successo? Ma prima di tutto, chi era l’autore del Malleus?”

A: “L’autore del Malleus sono due, ovvero due domenicani, Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer. Ovviamente si spacciavano per grandi esperti della questione, e grandi studiosi. Probabilmente fecero solo silloge di superstizioni e luoghi comuni. Dai piu’ innocui ai piu’ turpi. Invitando comunque implicitamente alla delazione chiunque riscontrasse segni rivelatori, chiunque insomma si sentisse dalla parte giusta della strada, quella dei buoni, dei timorati di dio. Per citarLa, degli Opliti del Bene! Venendo ai giorni nostri, credo che sia un
meccanismo che non abbia limiti temporali: una volta che si offre quella che Lei chiama l’autocertificazione dell’intelligenza (si potrebbe anche allegare, a uno di questi libri, un apposito diploma di intelligente…), con la raccolta di pregiudizi sistemici, si puo’ veramente dimostrare tutto e il contrario di tutto. Perfino, faccio per dire, convincere la gente che prendere le persone da casa e infilarle in un forno, risolva i loro problemi economici e la loro sofferenza esistenziale.”

N: “Interessante, mio argvto amyco. Tuttavia mi risulta un po’ difficile pensare che oggi lo stesso meccanismo possa funzionare allo stesso modo. Si trattava comunque dei tempi dell’Inquisizione, dove la gente era ignorante e non capiva un cazzo di nulla (mi perdoni i termini un po’ fortini). Oggi maghi e streghe/maghe gabbano i fessi spillandogli danaro, ma si tratta di un banale raggiro, e non v’è alcun bisogno di Malleus Maleficarum e inquisizioni per portare detti maghi di fronte alla legge, qualora si dimostri la truffa…”

A: “…e invece… ti invito a fare mente locale. C’era un video che girava da tempo dove il giudice Borsellino parlava di spaccio di droga ad Arcore. Quel video, si scoprì, fu pesantemente taroccato in fase di montaggio per costringere il tutto nei margini di una teoria che vedeva Abberlusconi (Ti ricito, e sono passato al Tu per pura arroganza) ricevere droga a domicilio grazie al suo stalliere. Basta andare su youtube e si trova tutto. Ma non è importante questo. È’ importante che il video, tagliato e arrangiato, è rimasto uno dei cavalli di battaglia di un certo tipo di complottismo. La superstizione è più forte della verità. Diventa essa stessa verità. Insomma, c’è ancora bisogno del Malleus Maleficarum. C’è sempre chi ne ha bisogno. Perché sono ottimi sistemi per fugare il proprio malessere esistenziale. Della serie: faccio una vita di merda, forse se non avessi quella vicina merdosa tutta la mia vita cambierebbe, ma ecco, è una strega! Un sistema di transfert vecchio di secoli. Se si pensa che Tertulliano, sull’altro versante, nell’Apologeticum, condanna i metodi di inquisizione dei pagani nei confronti dei cristiani, che comprendevano accuse assurde come infanticidio, cannibalismo, pratiche incestuose eccetera. Insomma, il sistema consiste nell’usare la superstizione. Per fare due lire. O per imporre un sistema religioso, politico eccetera. Infine, non credo che il Malleus Maleficarum volesse portare truffatori davanti alla legge. Per esempio, fra le vittime maggiori del Malleus ci furono le levatrici, in quanto donne e capaci di far qualcosa.  Credo che ci siano dietro ragioni sociologiche e\o antropologiche e\o politiche più profonde. Ma non me ne frega un cazzo. Quindi, se vuoi accontentati della mia spiegazione, altrimenti andiamoci a fare una birra, ma di certo non mi metto mo a indagare quelle ragioni là.”

N: “Per ricapitolare, e per mettere alla prova la conoscenza delle nozioni apprese oggidì: tra tutti i crimini, gravissimo è l’abigeato. Se un giorno sparisse all’improvviso una mandria, e se tal mandria fosse stata avvistata per l’ultima volta su un terreno il cui proprietario fosse stato socio in affari con Abb.lusconi dieci anni prima, allora Travaglio potrebbe scrivere un articolo in cui Ab.sconi sarebbe addirittura colpevole di abigeato? E la gente se lo berrebbe senza batter ciglio?”

A: “E’ un sistema vecchio come il mondo, da Tertulliano, al Malleus, a Travaglio. Come dice Nassim Nicholas Taleb nel libro ‘Il cigno nero’: ‘…una successione di aneddoti selezionati per adattarsi a una storia non costituiscono una prova. Chiunque cerchi conferme ne trova a sufficienza per ingannare se stesso, e senza dubbio anche i suoi pari’. Ecco.”

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