
E’ inutile girarci intorno, i videogiochi oggi costituiscono il principale fatturato dell’industria dell’intrattenimento. Grazie alle mostruose capacità hardware delle macchine da gioco odierne, sono paragonabili ad esperienze cinematografiche vere e proprie, a narrazioni i cui snodi sono affidati all’abilità (quando non alle scelte) del giocatore, che investe una considerevole quantità del suo tempo-vita e dei suoi soldi per godere dell’esperienza videoludica. I tempi di PacMan ci appaiono lontani ere geologiche. Ad ogni narrazione corrisponde un universo di simboli, significati e significanti, prova ne siano fumetto, letteratura, cinema, musica e i rispettivi codici linguistici; alla luce della complessità media di un gioco odierno, ci chiediamo, noi di Sei Un Idiota Ignorante, sempre attenti come nostro solito ai mutamenti del mondo moderno, e dio cane lasciateci aggiungere con un pizzico d’orgoglio, quale lettura possiamo dare all’universo simbolico che ribolle sotto le colate di pixel e poligoni? E’ quindi con un pizzico d’orgoglio che accogliamo volentieri lo scritto che Gianni Costrutti Fulcro (già autore di Il Fascismo Nei Fumetti, Il Fascismo Nella Pubblicità , Il Fascismo Geografico: Soprusi Del Capitale Ad Un Territorio Sconvolto e Cucù, Dov’é Finito il Fascismo?) ha preparato per il nuovo numero di Studi Bidisciplinari, Reificazioni Oggettive e Complessità . In questo testo si analizza uno dei maggiori successi della passata stagione, ovvero Bayonetta di Platinum Games/SEGA, per poi generalizzare e giungere a conclusioni illuminanti. La parola a Fulcro.
Bayonetta è stato uno dei giochi più apprezzati e venduti del 2010. Un titolo a base d’azione rapida ed incalzante, senza pause, con abbondanti dosi di humor e sensualità a condire gigantesche scazzotate fra demoni, mostri e streghe. Innocuo e sano divertimento di altissimo spessore tecnico, giusto? Parrebbe di sì. Ma avendo già sperimentato sulla nostra pelle gli effetti nefasti delle sottoculture devianti, abbiamo imparato a drizzare le antenne qualora se ne abbia il sentore. E Bayonetta, nella sua apparente ludica trivialità , di quel sentore è colmo. Seducente latore di un’ideologia per lo meno sospetta, quando non apertamente ripugnante, eppure così abilmente travestita e dunque facilmente inoculabile, Bayonetta merita un approfondito esame critico. La trama che fa da sfondo al gioco (certo, niente per cui Tolstoj o Flaubert debbano impensierirsi) è la seguente, come possiamo apprendere da Wikipedia:
“Bayonetta è l’ultima discendente rimasta dell’antico clan delle Streghe di Umbra che non ha ricordo della propria giovinezza; decide così di intraprendere un viaggio alla ricerca dei suoi ricordi durante il quale verrà a contatto con lo scontro tra angeli e demoni in cui la parte dei cattivi sembra ricoperta dai primi.”
Val la pena di iniziare la nostra disanima proprio con Bayonetta, la protagonista del gioco. Sarà anche una strega, ma è ben lontana dall’immagine classica della vecchia nasona con la mela avvelenata e lo sguardo diabolico. Affatto. Slanciata e curvilinea, viso da segretaria sexy, movenze a metà strada fra la modella e la stripper, fasciata dai suoi stessi capelli in guisa di latex, Bayonetta appare innanzitutto come succulento oggetto erotico.

Particolare risalto viene dato al posteriore di Bayonetta:

E’ interessante, da questo punto di vista, paragonare Bayonetta alla Venere Callipigia. La celeberrima scultura di età adrianea è una rappresentazione della morbida sensualità femminile, colta nell’attimo di immergersi nelle acque. Bayonetta, strega demonessa dell’era tecnologica, si presenta con un fisico scolpito nella galleria del vento e certo non avrebbe alcun bisogno di denudarsi per entrare nell’acqua: probabilmente farebbe un car-wash in bikini, o userebbe un incantesimo. L’atto naturale di lavarsi diventa denaturante nel contesto di una natura denaturalizzata, quindi sostituito dalla sua reificazione pornografica, qualora Bayonetta voglia lavarsi il sangue dei suoi nemici di dosso (non lo vediamo, ma possiamo sempre fantasticare per restare sulle spine e desiderare in una spirale infinita, secondo modalità di riproduzione del bisogno artificiale indotto mcdonaldiano). La nudità , Bayonetta, ce la offre a brandelli: quando effettua i suoi demoni, essi si incarnano nei suoi lunghissimi capelli che si staccano dal corpo lasciandola nuda, tranne nei punti strategici:

Lo possiamo ben vedere in questa immagine, dove Bayonetta ha appena eseguito un calcio saltato ed appare seminuda e scosciata come una stripper esperta, mentre un’incarnazione diabolica dei suoi capelli prende forma di una piede femminile con tacchi a spillo e strazia le carni dell’avversario. L’immagine successiva è ancora più esplicita:

Il nudo è quasi integrale e si evoca un demonio in foggia di bombardiere. Si celebra l’accoppiata sesso e violenza (suggerita dalle armi) che tanta presa ha sull’immaginario maschilista occidentale plasmato dai modelli culturali sciovinisti americani in maniera diretta, volgare, laida, disgustosa. Se prendiamo le altre due presenze femminili del gioco, Cereza e Jeanne, vediamo che la prima è Bayonetta da bambina, la seconda un’altra strega di Umbra, fisicamente molto simile a Bayonetta. Il messaggio è lampante: le donne devono essere disinibite e aggressive stripper dal fisico mozzafiato (Bayonetta e Jeanne, il cui rapporto è per lo meno ambiguo e dà adito a fantasie criptolesbiche in chiave maschilista), o devono diventarlo (Cereza), altrimenti non c’è posto per loro sulla terra. A fine gioco si uccide la Dea Femmina, e Bayonetta si lancia in una (divertentissima, va detto) coreografia: se questo non significa che la donna debba essere plasmata solo ed esclusivamente ad immagine dei desideri dell’uomo, vuol dire che abbiamo perso ogni capacità di decodifica di texta multimediali e quindi tanto varrebbe sederci sul divano, goderci le botte e i nudi con una bella birra in mano e ruttando ferocemente, cosa che appunto riconferma quanto detto, quindi non se ne esce. Dovrebbe essere evidente, a questo punto, che il gioco non è solo un gioco ma nasconda qualcosa, un fine eterodirettorio malevolo pur se indiretto.
Non abbiamo ancora parlato dei nemici di Bayonetta: si tratta di angeli, ed infatti prendono i nomi e parte delle sembianze dalla terminologia dantesca (Serafini, Cherubini ecc.). Le loro sembianze hanno un che di angelico nella misura in cui esibiscono ali, colori dorati e argentei, e volti da statua classica. Per il resto si tratta di mostri tecnoorganici degni del più dozzinale dei manga.

L’appropriazione di un patrimonio culturale estraneo da parte di un giapponese (Hideki Kamiya, l’ideatore del gioco) per farne fondale cartapestico di pittoresche scazzottate, piene di ammiccamenti volgare al sesso e al potere delle armi, grida vendetta, eppure è essa stessa sintomo di vendetta: vendetta da parte di un popolo che in piena guerra subisce la ferita del bombardamento atomico e in seguito l’invasione della cultura occidentale, inevitabile conseguenza di una resa senza condizione al potere del più forte. Nella mente di un teenager troppo cresciuto e imbottito di sushi stile McDonald come Kamiya, ovviamente incapace di comprendere tradizioni a lui estranee e sicuramente privo di qualsiasi tipo di istruzione superiore, questo atto deve apparire come sovversivo e irriverente, un atto di manipolazione e rifunzionalizzazione appiattente che livella tutto verso il basso, angeli e dei come personaggi dei fumetti che vengono irrisi e umiliati da una strega sexy. Kamiya avrebbe potuto utilizzare il suo innegabile talento grafico per un fine più nobile, per risolvere diversamente il conflitto e trasfomarlo in dialettica dei sessi e pacificazione fra il fisico e il metafisico, individuo e società , società e stato, ma probabilmente, attore-vettore in un mercato plutocratico, non se ne rende nemmeno conto.

Infine dobbiamo considerare pure l’aspetto dell’avere, del possesso, delle armi e del Capitale, perché è forse l’aspetto più importante che ci permette di capire la vera natura di questo gioco. Bayonetta può potenziare le proprie capacità offensive comprando nuove tecniche corpo a corpo, nuove armi, nuovi potenziamenti e via discorrendo. Per comprare occorre moneta, che otteniamo uccidendo nemici. Più nemici uccisi, più soldi. Soldi che possiamo spendere in una sorta di night club infernale gestito da un individuo che pare uscito da un video gangsta rap e che dialoga in maniera lasciva con Bayonetta. Possiamo a questo punto delineare una serie di elementi chiave di Bayonetta:
– La donna reificata in oggetto sessuale;
– La donna forte che in realtà è la materializzazione della fantasia maschile della dominatrix bsdm;
– La violenza del più forte sul più debole;
– L’annullamento di qualsiasi cultura e tradizione in nome dell’edonismo sfrenato;
– L’uccisione e la morte come mezzi di affermazione del proprio potere, che aumenta ad ogni uccisione.
Bayonetta a questo punto getta la maschera, e si svela per quello che è: un subdolo vettore infetto di un’ideologia riprovevole, orrenda, disgustosa, reazionaria e fascista che rafforza tutti i circuiti e le connessioni con l’ideologia dominante ed unica ammessa nel mondo occidentale. Considerato che SEGA è un colosso informatico che ha bisogno del perdurare dello status quo per prosperare, veicolare prodotti infami e diseducativi come Bayonetta non può che esser di giovamento. Ma soprattutto, la compagna con cui condivido il mio percorso di vita, qualora decidesse di vestirsi come la strafica dello stand della SEGA (v. documentazione acclusa)

farebbe vomitare il culo ai negri e io non posso realizzare i miei giochini erotici perché anch’io poi mascherato da Kratos non è che sia ‘sta bellezza e ci censurerebbero perfino su YouPorn dio merdoso cazzo vaffanculo madonna impestata troja negra!!!1!!1!!
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