Category: iniziative coraggiosissime


Mario Monti ha fatto dimettere Oscar Giannino che in realtà è Ratzinger, visto che si sono dimessi lo stesso mese e nessuno li aveva mai visti insieme. Ci avevate mai pensato? Io sì, perché c’era un precedente importante: nel 2007, a due giorni di distanza, morirono Luciano Pavarotti e Gigi Sabani. Li avevate mai visti insieme? No, vero? Ecco, avete capito. Comunque, eh sì, ci sono le elezioni. Chi votare? Son dilemmi. Qui dentro siamo fermamente convinti (io e quello trasparente qui accanto) che ci siano poche cose essenziali per spingerci a mettere una X qua o là: l’economia, i calzini e i mercati azionari dei tappi di cerume di negro. Vediamoli nei dettagli.

1) Le trappole per nani.

Si tratta di una questione annosa e difficile da dirimere. Praticamente, no, stando ad uno studio comparato effettuato dall’OPSCA, tutti i possessori di bercellatori, dal 2002 al 2010, hanno dimostrato un tasso di accise sulla disoccupazione pari a 2/3 dell’IRPEF. Tradotto, significa che il reato di bancarotta fraudolenta in usocapione è stato praticato dal 22,5% dei nostri politici che a loro volta trasducevano con funzioni monotone (non monotòne, eh, intendo proprio monòtone, come i Sigur Ros) il PIL in Sexpistols (e giù a ridere). Questo malcostume diffuso è stato ripetutamente sanzionato dalla Merkel e da Silvio Abberlusconi, che però al momento di firmare si è ritirato a vita privata adducendo scuse implausibili come l’osteoporosi di alcuni negri in usocapione che dovevano sistemargli lo spread sui titoli guatemaltechi di comprarietà di Mediaset, Brudersbanke e Peppecrillo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la merda d’ora in avanti sarà venduta in appositi merdatori con un’iva del 75%, e questa sanguinosa mossa serverà per ripagare IL DEBITO PUBBLICO.

2) Welfare per il sostegno dei consorzi storionifici

Nei paesi civili, le talpe di questura costituiscono un investimento a lungo termine. Sono il sale e l’aceto di ogni democrazia, per usare le celebri parole di Wayne Dentarelli. Eppure, com’é possibile che una persona priva di qualsiasi certificazione possa svolgere il mestiere dello spostatore di gamelli di piombo pavimentizio? E’ un modo irresponsabile di gestire la cosa pubblica di cui stiamo pagando il prezzo orrendamente, e l’Europa ce lo farà pagare: la crisi della Grecia è cominciata quando il prezzo congiunturale dei calzini e quello della pasta d’acciuga ha superato il rendimento dei derivati (scoperti, bada bene) sul nerching. Da lì all’effetto spirale discendente negativa il passo è breve, e infatti s’è visto: nessuno ha più cittadinanza jugoslava. L’Italia deve fare tutto ciò che è in suo potere per rientrare nei parametri e riconquistare la coppa del mondo di pilates, altrimenti il benchmark non verrà rispettato e non potremo nemmeno dare più la colpa ai negri.

3) Tassazione progressiva delle ossa di giaguaro

Altro problema di cruciale importanza, di cui ben pochi fanno menzione in campagna elettorale, è la riduzione delle emissioni di lompo bicubico. Già Federico Di Prussia (non lo zar, eh) si era occupato della questione, ma con una manovra a sorpresa fu scalzato dalla Legge Zorro, che impediva di fatto lo scioglimento delle camere e la riduzione dei bicchieri assegnati ad ogni membro del consiglio dei dieci assenti. Stando così le cose, alla vigilia delle elezioni ci troviamo un numero spropositato di club della ciabatta in giro per la penisola, con un costo del tutto insostenibile, soprattutto sociale: fin troppi giovani perdigiorno passano le giornate attorno ai club, mendicando pitali da svuotare per un tozzo di pane, e a volte vivono proprio di escrementi, perché non vogliono impiegare le loro energie nel lavoro produttivo e nell’attivismo contro la feuglia adriana. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, a partire da tassi di robeusi da capogiro e assenza di lestospirosi al 24%.

Stando così le cose, la situazione alla vigilia del voto si presenta molto complicata. La scelta è decisiva. Il futuro è nelle nostre mani. Le mani sono nel vostro futuro. Le mani sono in manette. E mi avete rotto i coglioni, basta, vi spacco la testa, brutte teste di cazzo impazienti, volgari e violente che non siete altro!!!

Ancora una volta le forze restaurative remano contro all’Arte e alla Cvltura. E’ successo di nuovo a Caltagruate, dove Ermenio Sbrenna, pittore e performatore, si è visto negato il permesso della sua nuova installazione “Circomene Derelicta” in quanto, a detta degli inquirenti, oltremodo oltraggiosa nei confronti di quella morale del Signore Iddio Gesù (cane, aggiungeremmo in un secondo tempo) che tanto bene ha fatto all’arte, vedasi i dipinti lì di coso, Giotto e Michelangelo, ma tuttavia non possiamo in nessun modo far sì che tutto ciò, lo scembio, diventi un’abitudine, perché ne va della nostra buona nomea, ed dovrebbe essere chiaro a tutti, ma in un paese deficitario di culture e attenzioni, in cui i valori sono in crisi e si mandano in pensione giornalisti preparati come Salvatore Gualla e critici d’arte di fama internazionale come Alybrando Siraghi, ecco, in questo paese per forza poi che scende il PIL, per forza poi che le agenzie di ratingsz declassano tutto e mandano in malora le piccole aziende che lavorano sul chilometro zero mentre arroganti calciatori come Balotelli danno un cattivo messaggio ai giovani, cioè che è bello essere negri e trombare le vedettes, che poi che cultura ci viene fuori se non quella dell’ignoranza e della plebe che non capisce un cazzo, proprio di questa gente qui che sarebbe l’anima del paese insomma il grande processo restaurativo spinge le spinte centrifughe dell’arte a coalizzarsi in un groviglio liquamoso di rizomi e sterco, di incrostazioni del linguaggio e della semantica dell’ovvio per cui al giorno d’oggi

un giovane uscito dal liceo non è in grado di estemporarizzare su due piedi i molteplici dislivelli di lettura della Vita Nova di dantesca memoria, ma allo stesso tempo sa dirvi tutte le formazioni dell’Atalanta dal 1979 a oggi e per di più crede che furbescamente agendo per conto terzi con attività di basso conio morale e intellettuale sia possibile costruirsi non già un futuro, ma quantomeno un presente coincidente con l’acquisto dell’iPhone con cui andare in giro e fare le foto ai negri, oppure da ricaricare mediante l’estrinsecazione di performance sessuali dietro pagamento, che secondo alcuni è pur sempre un’instradazione alla via dell’imprenditoria personale, secondo altri però e io mi ci schiero altro non è che la deriva ultima della corporeità post-meretriciale in cui ormai l’intelletto è totalmente staccato dal corpo e lo utilizza con disinvoltura come mezzo per ottenere qualche osso di gabbiano, qualche enfisema nei kiwi, qualche lavanda gastrica gratis dal reumatologo della mutua

che stando ad alcune voci di corridoio, tuttavia piuttosto affidabili, è pure manfruito e lo acciuffa a chilometri nel tabarén ogni sabato sera per modico prezzo dietro il Mercato Ortofrutticolo, dimmi un po’ te ora se un mestiere onorato come quello del medico oggi dev’essere pure infestato da’ finocchi, sono veramente tempacci di crisi che si rifrangono come un’onda malsana e miasmatica nella vita di tutta la società, al punto che ormai fra un Presidente della Repubblica e uno sbozzascalini non v’è più alcun possibile distinguo, e anzi è ancor più rimarcata l’uguaglianza fra le due parti e si ritiene ormai giusto e scontato asserire che chi dice il contrario sia un negro

che si chiama pure Billi ed è bravo a basket, questa disciplina sportiva che allena i muscoli senza aguzzare l’ingegno e quindi è tutta una deriva entropica questa qui che prende la società dove i tracciati individuali si atomizzano in un brodo primordiale inconcludente reificato dalla pertecipazione agli Europei di Calcio ove si uccidono cani per permettere ai milionari di tirare calci al pallone, tutto questo uccide l’intelletto dei nostri giovani che troveranno più interesse ad andare in giro sulla spiaggia a vendere gli accendini perché è così che ha iniziato Balotelli, che se magari si fosse dedicato ad uno sport di grandi valori morali tipo il rugby avrebbe smesso già in giovane età di essere negro e oggi occuperebbe un palazzo a Milano con le sue installazioni artistiche che mettono in crisi la società dei consumi e basta che mi sono rotto il cazzo dio merda, oh.

(ps: post n. 666!)

Per parecchio tempo, lo dico senza alcun problema, ho seguito il blog di Gamberetta e l’ho fatto pure con una certa ammirazione. La sua critica puntuale e feroce di un sacco di spazzatura fantasy, soprattutto made in Italy, metteva in luce tutta una serie di falle che bucano l’intero spettro del panorama letterario nostrano. Falle piuttosto gravi, deducibili dalla pubblicazione di vari cessi di libri, tipo:

1) Scrittori che non sanno scrivere e non hanno la minima cura della propria opera;
2) Un universo di addetti ai lavori assolutamente carente e menefreghista che non svolge alcun compito di editing, di revisione, e butta tutto sul mercato così com’è, tanto vende se c’ha abbastanza draghi in copertina;
3) Una malafede assoluta da parte di grandi e rinomati curatori di testata, che si sono arrampicati sugli specchi in tutti i peggio modi per difendere l’indifendibile.

Da questo punto di vista, Gamberetta è stata molto più acuta e vincente di qualsiasi wuminghio.  La sua critica al testo e al mondo del fantastico è stata, nella sua prima fase, molto stimolante, e gliene do atto, anche se immagino ci si pulisca allegramente il culo. Tuttavia ho iniziato pure, dopo un po’, a rompermi i coglioni. Sia per l’acredine sempre maggiore con cui attaccava gli scrittori (ok, io non sono esattamente il re del bon ton, ma almeno il mio tono resta spesso scherzoso – credo), e intendo proprio le persone, sia per un dogmatismo che è emerso con il passare del tempo e ha messo in evidenza i limiti della critica gamberettistica.

Far vedere controesempi di come si dovrebbe scrivere una scena pietosa è ok. Consigliare manuali di scrittura ok. Impostare il discorso sulla pratica dello show, don’t tell pure. Quando però si scende nel fondamentalismo, un po’ meno. Perché la prima premessa alla base del gamberettismo è che fantasy/sci-fi siano essenzialmente letteratura di storie e idee, e quindi sia necessaria, sufficiente, indispensabile una prosa asciutta che permetta a storie e idee di far scivolare il lettore all’interno con la massima naturalezza – presupponendo anche la coerenza interna dell’ambientazione, delle azioni/reazioni descritte etc etc. Di per sé, sarebbe anche tutto a posto. Ma è uno dei modi possibili di scrivere fanta(sy/scienza), il modo asciutto, diretto, realista, heinleiniano di cui peraltro sono un grande sostenitore. Non è l’unico, però. Perché il punto è che lo stile di scrittura dipende da cosa voglia ottenere lo scrittore. Se io volessi scrivere di futuro filtrandolo attraverso la lente del mito, come se fosse visto da un futuro ancora ulteriore e quindi dargli una patina di leggenda e un tono di divertita nostalgia senza bradburysmi, dovrei scegliere attentamente le parole, descrivere in un certo modo, scegliere il giusto tono dei dialoghi etc etc, allontanandomi da una prosa secca e tagliente. Dovrei andare non in direzione di Heinlein, ma guarda caso in quella di Cordwainer Smith. Non so se Gamberetta conosca Cordwainer Smith, ma immagino lo troverebbe una merda, perché di secco, tagliente e realistico ha poco. Ed è così perché fa il necessario per scrivere al meglio il SUO libro, secondo la SUA personale estetica. Possiamo dire se ci riesce o meno – per quanto mi riguarda, ci riesce eccome. Trovo che il grande autore si riconosca anche per questo: fa capire quale sia la sua estetica durante la lettura stessa, e la mette in pratica nel migliore dei modi. Sembra questo il grande limite della critica gamberettistica, condito dall’ossessione per i manuali di scrittura presi come oracoli, tipo “così non si fa, leggi un po’ cosa dice Seth Putnam a pag. 345 del suo manuale Writing Fiction Is Gay!!!1!” Oggi siamo alle guerre dei cloni: senza volerlo, si è formata una frangia di psicotici gamberettiani molto peggiori dell’originale.

Ci sono alcuni appunti che mi viene da fare. Il primo forse deriva dalla mia scarsissima sopportazione del dolore e il conseguente ribrezzo per il sadomasochismo: non sarebbe impiegare il tempo per segnalare ciò che si ritiene meritevole, spiegando perché e percome e tutto il resto, anziché spararsi tonnellate di merda? Visto che le recensioni sono del tutto volontarie (cioè senza il dovere di cronaca immediata da periodico), credo sia più costruttivo impiegare le energie per segnalare ciò che merita. Mutatis mutandis, è la linea che seguo assieme agli amici su Free Fall, per esempio. Il secondo è che i gamberettisti si riproducono velocemente. Ancora un po’ e formeranno una genia di lettori che misurano con riga e compasso Jack Vance decretandone la merdità perché non è conforme allo standard ISO9000 dello Show Don’t Tell e alle norme evidenziate nell’Infallible Book On Writing di W.R. Iter.

Infine, un’ultima notarella. Nel giro del Gamberame si fanno spesso confronti fra Narrativa e Literary Fiction, individuando nella prima la cosiddetta narrativa “di genere” e nella seconda tutto ciò che si bea di essere Letteratura, fatta di stile autocompiaciuto per far sentire colto e intelligente chi legge. Trovo queste distinzioni un po’ troppo forzate, e se vogliamo far sì che la narrativa del fantastico abbia il rispetto che si merita (e se ne merita un bel po’), ci vorrebbe un ragionamento di tipo inclusivo, non steccati e recinti sempre più labirintici. Se la criticaccia snob e prevenuta fa uno sbaglio, reagire con lo sbaglio di segno uguale e contrario la mi sembra una hazzatha.

“What If…” era una collana della Marvel in cui si immaginava “cosa sarebbe successo se”. Se Wolverine fosse diventato capo dello Shield, se l’Uomo Ragno si fosse unito ai Fantastici 4, se Capitan America fosse diventato presidente degli States, cose così. Una speculazione extracontinuity, un divertissement, fate voi. Ora pensate ad uno “What If…” della situazione italiana degli ultimi vent’anni: “Cosa sarebbe successo se Abberlusconi fosse stato negro?” Beh, penso proprio che non avrebbe avuto alcun problema. Perché l’atteggiamento di Repubblica, l’Espresso, Concita De Gregorio etc. avrebbe dovuto fare i conti con i filtri ideologici a loro volta inseriti nella grande finzione sbroccotronica del Politicamente Corretto. E così tutte le accuse rivolte a Abberlusconi verrebbero girate in chiave di razzismo dell’italiano abietto e ignorante, e quindi stigmatizzate. Lui potrebbe dire, anziché “comunistacci sbroc sbroc!”, cose tipo “ce l’hanno con me perché sono negro!”, oppure “KKK sbroc sbroc!”, e Repubblica e il ceto intellettuale semicolto (definzione non mia, ma di C&F) al codazzo strillerebbero all’Italia ignorante che trova sbocchi in figure mediatiche e magistratiche che non desiderano un negro e vogliono fare di tutto per toglierlo di mezzo, que’ bastardi.

Esempi:
– “Lo accusano di corruzione perché un negro, fosse stato bianco avrebbero cercato di difenderlo!”
– “Travaglio è di destra e razzista, per questo perseguita Abberlusconi scrivendo quei libri che puntano ai bassi istinti razzisti degli italiani!”
– “La Lega non ha niente contro i negri se lavorano, infatti sostiene Abberlusconi, ce l’ha solo con gli immigrati cladestini!”
– “La gente critica il bunga-bunga e il satirismo del premier per un ancestrale riflesso condizionato. Il negro è da sempre sinonimo di grande vigorìa sessuale e quindi l’italiano teme che la sua moglie e compagna ne rimanga attratta. Come vedete, si tratta di una forma mentis micragnosa, la stessa di chi non vuol pagare le tasse.”
– “L’evasione… con tutto quello che hanno dovuto subire i negri nelle campagne di Libia ed Etiopia, Abberlusconi fa quasi bene a non pagarle! Anzi, lo dovrebbero esentare moralmente!”

Visto? Non dite che non è vero. Sono bestiali automatismi condizionanti per cui prima si deve valutare l’appartenenza dell’oggetto discussione ad una categoria protetta, poi emettere un giudizio in accordo con l’interazione fra la categoria protetta in questione e la propria ideologia preferita. Capirete bene che un Abberlusconi negro avrebbe tutta la stampa dalla sua e chi lo critica è un razzista di merda sbroc sbroc. Ora, di tutto il politicamente corretto non se ne può più. Una persona o un gruppo di li valuto dal loro operato, indipendentemente dall’essere negri, finocchi, svedesi, pellerossa, sikh, terroni o ebrei. E ci faccio tutte le battute cattive che mi pare, come lascio liberi loro di farle su di me.

Perché magari il più debole in un conflitto può pure meritarsi le legnate, uno può essere testa di cazzo e negro, e forse chi combatte e muore per un ideale senza pianificare niente e senza obiettivi potrebbe essere solo un esaltato imbecille idelogizzato e se lo fucilano non è una gran perdita (da Gesù al Che gli esempi non mancano), e chi fa parte di una popolazione arretrata dai costumi ripugnanti è obbligato ad abbandonarli qualora si trasferisca in zone più civilizzate, perché se lo arrestano perché sventra la figlia in minigonna fanno solo bene e non sono razzisti che ne ignorano i costumi millenari, e se detti costumi ripugnanti, oltre ad essere ripugnanti, fanno vivere una popolazione peggio di come viviamo noi, quindi sradicandoli non si fa un pessimo servizio, e poi un’utopia (dal comunismo al turboliberismo stile Ayn Rand al regno dei cieli al budello di tu’ ma’) altro non è che una pericolosa massa di merda con cui branchi di esaltati travolgono un sistema per tirarne su un altro ancora peggiore oppure ammaestrano criceti ottusi fidelizzandoli all’infinito grazie ad una retorica millenarista del cazzo, e per finire varie e demenziali.

Emmo’bbasta veramende però! Pragmatismo o morte, edonismo o recisione della carotide, e chi dice il contrario, beh, mi dispiace dirlo, è un negro.

E’ inutile girarci intorno, i videogiochi oggi costituiscono il principale fatturato dell’industria dell’intrattenimento. Grazie alle mostruose capacità hardware delle macchine da gioco odierne, sono paragonabili ad esperienze cinematografiche vere e proprie, a narrazioni i cui snodi sono affidati all’abilità (quando non alle scelte) del giocatore, che investe una considerevole quantità del suo tempo-vita e dei suoi soldi per godere dell’esperienza videoludica. I tempi di PacMan ci appaiono lontani ere geologiche. Ad ogni narrazione corrisponde un universo di simboli, significati e significanti, prova ne siano fumetto, letteratura, cinema, musica e i rispettivi codici linguistici; alla luce della complessità media di un gioco odierno, ci chiediamo, noi di Sei Un Idiota Ignorante, sempre attenti come nostro solito ai mutamenti del mondo moderno, e dio cane lasciateci aggiungere con un pizzico d’orgoglio, quale lettura possiamo dare all’universo simbolico che ribolle sotto le colate di pixel e poligoni? E’ quindi con un pizzico d’orgoglio che accogliamo volentieri lo scritto che Gianni Costrutti Fulcro (già autore di Il Fascismo Nei Fumetti, Il Fascismo Nella Pubblicità, Il Fascismo Geografico: Soprusi Del Capitale Ad Un Territorio Sconvolto e Cucù, Dov’é Finito il Fascismo?) ha preparato per il nuovo numero di Studi Bidisciplinari, Reificazioni Oggettive e Complessità. In questo testo si analizza uno dei maggiori successi della passata stagione, ovvero Bayonetta di Platinum Games/SEGA, per poi generalizzare e giungere a conclusioni illuminanti. La parola a Fulcro.

Bayonetta è stato uno dei giochi più apprezzati e venduti del 2010. Un titolo a base d’azione rapida ed incalzante, senza pause, con abbondanti dosi di humor e sensualità a condire gigantesche scazzotate fra demoni, mostri e streghe. Innocuo e sano divertimento di altissimo spessore tecnico, giusto? Parrebbe di sì. Ma avendo già sperimentato sulla nostra pelle gli effetti nefasti delle sottoculture devianti,  abbiamo imparato a drizzare le antenne qualora se ne abbia il sentore. E Bayonetta, nella sua apparente ludica trivialità, di quel sentore è colmo. Seducente latore di un’ideologia per lo meno sospetta, quando non apertamente ripugnante, eppure così abilmente travestita e dunque facilmente inoculabile, Bayonetta merita un approfondito esame critico. La trama che fa da sfondo al gioco (certo, niente per cui Tolstoj o Flaubert debbano impensierirsi) è la seguente, come possiamo apprendere da Wikipedia:

“Bayonetta è l’ultima discendente rimasta dell’antico clan delle Streghe di Umbra che non ha ricordo della propria giovinezza; decide così di intraprendere un viaggio alla ricerca dei suoi ricordi durante il quale verrà a contatto con lo scontro tra angeli e demoni in cui la parte dei cattivi sembra ricoperta dai primi.”

Val la pena di iniziare la nostra disanima proprio con Bayonetta, la protagonista del gioco. Sarà anche una strega, ma è ben lontana dall’immagine classica della vecchia nasona con la mela avvelenata e lo sguardo diabolico. Affatto. Slanciata e curvilinea, viso da segretaria sexy, movenze a metà strada fra la modella e la stripper, fasciata dai suoi stessi capelli in guisa di latex, Bayonetta appare innanzitutto come succulento oggetto erotico.

Particolare risalto viene dato al posteriore di Bayonetta:

E’ interessante, da questo punto di vista, paragonare Bayonetta alla Venere Callipigia. La celeberrima scultura di età adrianea è una rappresentazione della morbida sensualità femminile, colta nell’attimo di immergersi nelle acque. Bayonetta, strega demonessa dell’era tecnologica, si presenta con un fisico scolpito nella galleria del vento e certo non avrebbe alcun bisogno di denudarsi per entrare nell’acqua: probabilmente farebbe un car-wash in bikini, o userebbe un incantesimo. L’atto naturale di lavarsi diventa denaturante nel contesto di una natura denaturalizzata, quindi sostituito dalla sua reificazione pornografica, qualora Bayonetta voglia lavarsi il sangue dei suoi nemici di dosso (non lo vediamo, ma possiamo sempre fantasticare per restare sulle spine e desiderare in una spirale infinita, secondo modalità di riproduzione del bisogno artificiale indotto mcdonaldiano). La nudità, Bayonetta, ce la offre a brandelli: quando effettua i suoi demoni, essi si incarnano nei suoi lunghissimi capelli che si staccano dal corpo lasciandola nuda, tranne nei punti strategici:

Lo possiamo ben vedere in questa immagine, dove Bayonetta ha appena eseguito un calcio saltato ed appare seminuda e scosciata come una stripper esperta, mentre un’incarnazione diabolica dei suoi capelli prende forma di una piede femminile con tacchi a spillo e strazia le carni dell’avversario. L’immagine successiva è ancora più esplicita:

Il nudo è quasi integrale e si evoca un demonio in foggia di bombardiere. Si celebra l’accoppiata sesso e violenza (suggerita dalle armi) che tanta presa ha sull’immaginario maschilista occidentale plasmato dai modelli culturali sciovinisti americani in maniera diretta, volgare, laida, disgustosa. Se prendiamo le altre due presenze femminili del gioco, Cereza e Jeanne, vediamo che la prima è Bayonetta da bambina, la seconda un’altra strega di Umbra, fisicamente molto simile a Bayonetta. Il messaggio è lampante: le donne devono essere disinibite e aggressive stripper dal fisico mozzafiato (Bayonetta e Jeanne, il cui rapporto è per lo meno ambiguo e dà adito a fantasie criptolesbiche in chiave maschilista), o devono diventarlo (Cereza), altrimenti non c’è posto per loro sulla terra. A fine gioco si uccide la Dea Femmina, e Bayonetta si lancia in una (divertentissima, va detto) coreografia: se questo non significa che la donna debba essere plasmata solo ed esclusivamente ad immagine dei desideri dell’uomo, vuol dire che abbiamo perso ogni capacità di decodifica di texta multimediali e quindi tanto varrebbe  sederci sul divano, goderci le botte e i nudi con una bella birra in mano e ruttando ferocemente, cosa che appunto riconferma quanto detto, quindi non se ne esce. Dovrebbe essere evidente, a questo punto, che il gioco non è solo un gioco ma nasconda qualcosa, un fine eterodirettorio malevolo pur se indiretto.

Non abbiamo ancora parlato dei nemici di Bayonetta: si tratta di angeli, ed infatti prendono i nomi e parte delle sembianze dalla terminologia dantesca (Serafini, Cherubini ecc.). Le loro sembianze hanno un che di angelico nella misura in cui esibiscono ali, colori dorati e argentei, e volti da statua classica. Per il resto si tratta di mostri tecnoorganici degni del più dozzinale dei manga.

L’appropriazione di un patrimonio culturale estraneo da parte di un giapponese (Hideki Kamiya, l’ideatore del gioco) per farne fondale cartapestico di pittoresche scazzottate, piene di ammiccamenti volgare al sesso e al potere delle armi, grida vendetta, eppure è essa stessa sintomo di vendetta: vendetta da parte di un popolo che in piena guerra subisce la ferita del bombardamento atomico e in seguito l’invasione della cultura occidentale, inevitabile conseguenza di una resa senza condizione al potere del più forte. Nella mente di un teenager troppo cresciuto e imbottito di sushi stile McDonald come Kamiya, ovviamente incapace di comprendere tradizioni a lui estranee e sicuramente privo di qualsiasi tipo di istruzione superiore, questo atto deve apparire come sovversivo e irriverente, un atto di manipolazione e rifunzionalizzazione appiattente che livella tutto verso il basso, angeli e dei come personaggi dei fumetti che vengono irrisi e umiliati da una strega sexy. Kamiya avrebbe potuto utilizzare il suo innegabile talento grafico per un fine più nobile, per risolvere diversamente il conflitto e trasfomarlo in dialettica dei sessi e pacificazione fra il fisico e il metafisico, individuo e società, società e stato, ma probabilmente, attore-vettore in un mercato plutocratico, non se ne rende nemmeno conto.

Infine dobbiamo considerare pure l’aspetto dell’avere, del possesso, delle armi e del Capitale, perché è forse l’aspetto più importante che ci permette di capire la vera natura di questo gioco. Bayonetta può potenziare le proprie capacità offensive comprando nuove tecniche corpo a corpo, nuove armi, nuovi potenziamenti e via discorrendo. Per comprare occorre moneta, che otteniamo uccidendo nemici. Più nemici uccisi, più soldi. Soldi che possiamo spendere in una sorta di night club infernale gestito da un individuo che pare uscito da un video gangsta rap e che dialoga in maniera lasciva con Bayonetta. Possiamo a questo punto delineare una serie di elementi chiave di Bayonetta:

– La donna reificata in oggetto sessuale;
– La donna forte che in realtà è la materializzazione della fantasia maschile della dominatrix bsdm;
– La violenza del più forte sul più debole;
– L’annullamento di qualsiasi cultura e tradizione in nome dell’edonismo sfrenato;
– L’uccisione e la morte come mezzi di affermazione del proprio potere, che aumenta ad ogni uccisione.

Bayonetta a questo punto getta la maschera, e si svela per quello che è: un subdolo vettore infetto di un’ideologia riprovevole, orrenda, disgustosa, reazionaria e fascista che rafforza tutti i circuiti e le connessioni con l’ideologia dominante ed unica ammessa nel mondo occidentale. Considerato che SEGA è un colosso informatico che ha bisogno del perdurare dello status quo per prosperare, veicolare prodotti infami e diseducativi come Bayonetta non può che esser di giovamento. Ma soprattutto, la compagna con cui condivido il mio percorso di vita, qualora decidesse di vestirsi come la strafica dello stand della SEGA (v. documentazione acclusa)

farebbe vomitare il culo ai negri e io non posso realizzare i miei giochini erotici perché anch’io poi mascherato da Kratos non è che sia ‘sta bellezza e ci censurerebbero perfino su YouPorn dio merdoso cazzo vaffanculo madonna impestata troja negra!!!1!!1!!

Questo post è sofisticatissimo, perché arriva dopo una settimana di esperimenti, e rivela che un sito se non viene aggiornato riceva ancora più visite perché la gente si connette di continuo nella speranza di un aggiornamento, e dunque dimostra che la società è drogata d’informazione e quindi chi detiene i rubinetti della società è il più grande spacciatore del mondo e quindi, in poche parole, ho dimostrato che Rupert Murdoch vive in Colombia e tira di coca dal culo delle negre assieme al subcomandante Marcos. QED.

Per il resto, aggiungo qualche buzzword strategica per attirare gente.

Wikileaks.

Finiani voto fiducia 14 dicembre.

Proteste studenti decreto Gelmini.

Tredicenne scomparsa Bergamo.

Sarah Scazzi Avetrana (è stato il negro, lo ripetiamo).

Assange.

Bene, direi che siamo arrivati in fondo bene e dunque potete anche andarvene tutti quanti a fare in culo (a meno che non siate fan dei Valient Thorr).

ANNA TATANGELO: E LORA DI FINIRLA!

Ok, lAnna Tatangelo è una bella ragazza. Si concia come una di quasi quarantanni, e non capisco il perché, ma chi se ne frega. Non lesina molto sui centimetri quadrati di pelle esposta, e non sarò certo io a chiedere che si copra di più perché è scandalosa porchiddio nascondete i baNbini. Ma cé una cosa che non riesco a capire: il soprannome di "Tettangelo" o "Tettangela", come se avesse una roboante quinta-sesta. Cosa significa tutto ciò? Che è tutto abuso di potere, è solo grazie allinfluenza di Topo Gigi Da Lessio che lAnna può fregiarsi immeritatamente della nomea di tettona. Tutto ciò è vergognoso, e quindi qui, che siam persone serie e perdiamo il tempo prezioso solo per le cause davvero importanti, vi diciamo che non va punto bene.

Per ristabilire il giusto senso della misura, una bella foto di Bea Flora, splendida ragazza formosissima che adorna le pagine di Polish Busty (qui il suo MySpace), sito softcore dove la fanno da padrone ragazze abbondanti naturali di per sul serio, mica queste poser che gabbano i fessi.

E fanculo pure ai fisici palestrati formattati. Tettone —-> forme rotonde e tizianesche. Di cui, a quanto sembra, una donna di oggi dovrebbe vergognarsi. Ma baffangulo! <!– –>

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