Proprio questa mattina sono stato gravemente turbato da una serie di accadimenti che è necessario mettere per iscritto, affinché la memoria non ne vada perduta e suonino come un grido d’allarme. Ero dunque appena uscito di casa, subito immerso nella bellezza della mia città, piccolo mondo in cui si riflette l’Italia tutta, come in un prezioso ornamento rococò. Al mio passaggio, un netturbino si leva il cappello e, dopo un leggero inchino, mi saluta: “Buongiorno! Adopri pure il mio dorso per attraversare questa buca, ché il Comune non ha ancora potuto provvedere”, indi si mette bocconi, permettendomi di usare la sua schiena per giungere dall’altro lato dell’infido tranello. Su una panchina, un nonno si rivolge al nipotino con severa bonomia: “Se finirai tutti i compiti, potrai bere l’orzata mentre ti leggerò quei carmi di Catullo che tanto ti piacciono!” Poco più avanti, quattro giovini vanno gioiosi al loro primo giorno di lavoro, conseguito immediatamente dopo la laurea, intonando in pregevole arrangiamento barbershop a quattro voci i successi del Trio Lescano. Insomma, cosa ci poteva essere di più incantevole, in questa bella giornata di sole? Eppure, ad un certo punto, l’aria iniziò a farsi malsana, graveolente, e il sole fu oscurato da una minacciosa nube in foggia di teschio ghignante. Ma era solo l’inizio, perché di lì a poco il mio orecchio udì delle voci che parlottavano in una lingua gutturale, che poco si addiceva a qualsiasi concetto di decoro e urbanità. Mi voltai. Con movenze forse più adatte a que’ primati che ci dilettiamo ad osservare ne’ giardini zoologici, con la pelle scura come lo sterco de’ porci, con vestiti di taglia spropositata come tante mongolfiere versicolori e con un esibito ispregio dell’ambiente cittadino, denotato dalla gran quantità di cartacce, pietre, mozziconi, teste di pesce e mascheroni africani disseminati disinvoltamente sull’impiantito del marciapiede, eran dunque questi i negri di cui tanto si parla al giornale radio?
I gaglioffi si vantavano ad alta voce di non so quali smargiasse imprese, così che potei defilarmi da una parte ed ascoltare un attimo, onde eventualmente far rapporto alle forze dell’ordine. Ebbene, tiraron subito fuori di tasca dei costosi telefoni della Mela (“Meno male ghe li avere rubadi abbena scesi da barga, ugh ugh!”, asseriva uno di loro fra le risate dei compari) e fecero molte telefonate. Ad un certo punto fui distratto da risate lievi e argentine. Si trattava di una scolaresca che aveva appena svoltato l’angolo e marciava allegra nella mia direzione. I negri li guardarono con occhi da squalo e io temetti il peggio, cosa che puntualmente avvenne: mentre uno di loro cominciava a palpare natiche e mammelle della bionda e giovane maestra, che comunque non sembrava disprezzare le attenzioni dell’orango più di tanto, urlandole al contempo oscenità che al ricordo arrossisco, gli altri distribuivano agli scolari bustine piene di polvere bianca e opuscoli dai titoli inquietanti come “Teoria del Gender: come diventare omosessuali prima dei dieci anni”, “Omossessualismo e rifiuto del Signore”, “Frantumazione della Famiglia”. Non ci potevo credere, era troppo, risolsi che era il caso di chiamare le autorità. Il futuro della nostra nazione bella era a rischio. “Manderemo subito la neonata squadra speciale”, rispose la Polizia, e ne fui confortato. Ma fu vana illusione, perché la squadra era composta di gaglioffacci poco meno inquietanti de’ negri.
“Finalmente ezzere arrivadi!”, li apostrofò uno dei negri. Incredibilmente, i poliziotti si scusarono, anziché tradurli subito in carcere.
“Tranquilli ragazzi, solo un po’ di traffico. Vedo che vi siete già ambientati.”
“E dove abidare?”
“Ci sono delle nuove villette a schiera in cui vi porteremo subito. Sono state destinate a voi. Peccato solo che non siano arrivate le finiture in avorio…”
“Uvva! Ge le vare basdare, ber ora. Ma gome gi mandenere?”
“E’ semplice, ragazzi. Non fate un bel cazzo, vi verrà elargito uno stipendio ottenuto decurtando le pensioni degli italiani. Basta questo, tranquilli, tanto non dovrete pagare le bollette, che saranno ricaricate sui vostri vicini. Se volete dedicarvi allo sfruttamento della prostituzione o allo spaccio fate pure, ma non ve lo consiglio. Le carceri sono già piene di padri di famiglia che non arrivano a fine mese. Lo so che verreste rilasciati subito, ma almeno formalmente per 24 ore ci dovreste stare, e sarebbe una rottura di palle per noi e per voi. Dobbiamo giocare alla Playstation in caserma, lavorare ci scoccia.”
“Oghei. Aldre raggomandazioni?”
“Certo: votate i comunisti, mi raccomando. Coi vostri voti loro vanno al potere e vi permettono di fare questa vita.”
“Grande gabo! Alla brossima!”
Ed entrambi, il capo della squadra della polizia e quello dei negri, si voltarono verso di me, saturando l’aria colla loro empia risata, seguiti rapidamente da tutti gli altri. Fu lì che capii che la nostra Italia bella era perduta. Di lì a poco infatti rividi i quattro neolaureati, ora affranti perché il loro lavoro era stato dato a degli immigrati appena sbarcati, e nel mentre il nipotino gridava al suo povero nonno “Fanculo, vecchio, a te e a Catullo, capito? Ora ascolto Fedez e poi mi guardo i porni sul cellulare che mi son comprato rivendendo la droga che mi hanno regalato i negri!”
Oh patria mia bella, come faremo?