Archive for novembre, 2015


Musica: il meglio del 2015

L’anno volge al termine, dunque pare opportuno dare un’occhiata retrospettiva per sintetizzare le uscite più rilevanti. Come possiamo descrivere in un solo aggettivo questo 2015? In una parola, o meglio, in poche parole, si tratta dell’anno in cui la scena italiana, fertile più che mai, ha dimostrato una pluralità di visione e di intenti con pochi o punti pari in giro, perfettamente in grado di descrivere ed interpretare le tensioni dei giovani e dar loro una prospettiva che sia diversa dalla narrativa imposta dai media, fatta di apparenza e forche caudine della real-tv: soprattutto da quando il panorama musicale ha affiancato al solito Sanremo i vituperabili talent show, uno spettacolo da imbonitori che vanno avanti sfruttando il sadismo giudicante dello spettatore beota e la sua assoluta assenza di gusto e cultura musicale. La musica indipendente però è viva e lotta in mezzo a noi! Avanti dunque con la Top 5, scegliendo fra i gruppi o solisti in attività da meno di cinque anni (e quindi restringendo forzatamente il panorama, altrimenti ci sarebbe molto altro)!

I Finocchi Col Culo Degli Altri
“Sono Stato Spiegato Tardi”
Il sophomore del duo di Sinigallia conferma i pregi già espressi nel precedente Deltaplani a Pressione: piccoli bozzetti per voce e ghironda in cui suggestioni celtico-medievali e testi sulla fragilità di relazioni intessute nella chat di Facebook saldano nell’immaginario comune l’ansia di stabilità sentimentale ed economica per poter tirare un po’ di fiato e guardare Game Of Thrones in santa pace senza pensare al contratto che scade.

Kurt Kobane
“L’Amore Fra I Ranghi dell’YPG”
L’acclamato esordio di Saverio Scoppiacroste, in arte Kurt Kobane, ha preso un po’ tutti di sorpresa: un diciannovenne che, armato di chitarra acustica e GameBoy, cerca di offrire una via di fuga ai suoi coetanei che si sono laureati in massa in scienza della banana e ora trovano al massimo un posto di svuotatore di posacenere in nero. Toccante, fragile, tenero.

Le B-Sides dei 99 Posse
“Autentici Field Recordings Dalla Festa Dell’Unità di Faenza”
Più che band, una meta-band. Nelle canzoni di questo entusiasmante debut si ripercorre la storia, un po’ utopistica, un po’ ingenua, della musica italiana come sogno unificante della popolazione desiderosa di riscatto, prima che l’avvento del berlusconismo distruggesse ogni cosa sovvertendo la scala dei valori: i 18 minuti di Il Danaro E’ Molto Importante Per i Negri, costruita a partire da sample di Curre Curre Guagliò dei 99 Posse e Saltellare di Amadeus, che poi franano in una cantilena che ricorda una versione ironicamente rallentata di Boys Boys Boys di Sabrina Salerno, riflettono una condizione terminale. Da segnalare l’intervento spoken corale del collettivo WuMinghia nel momento più pregnante e lirico.

Una Disgustosa Istant-Band
“Je Suis Bataclan!”
A seguito dei tragici fatti parigini, la Phoetekkia Records ha organizzato una band estemporanea affidando il lavoro di direttori musicali ad alcuni autori top della scuderia (Lifo dei #Hashtagdimerda, Gionni degli Haters di Facebook e l’astro nascente Greppio X): l’obiettivo, cover destrutturate ed ironiche del repertorio degli Eagles Of Death Metal, a volte in chiave post- (Kiss The Devil strumentale, con la melodia affidata ad un synth Yamaha da quattro soldi), altre in chiave meta- (Save A Prayer che imita a volte l’originale versione dei Duran Duran, altre quella degli Eagles Of Death Metal, e in mezzo accenni testuali agli Eagles e ai Morbid Angel). Partecipano, ai vari strumenti e voci, tutti gli artisti dell’etichetta.

The Gianni Morandi Coprofagos
“Il Progresso Secondo Saruman”
I più punk del lotto, i The Gianni Morandi Coprofagos salgono sui palchi vestiti da Gianni Morandi e riescono a tirare fuori suoni impossibili dalle loro combinazioni di strumenti rock classici (chitarra e batteria) e Grillo Parlante Clementoni modificato per fare da filtro vocale per il cantante. Pezzi veloci e frizzanti in cui la riflessione sul capitalismo non lascia mai da parte uno sguardo ironico (più meta- che post-, soprattutto in Gordon Ramsey Mi Denunci Pure Per Plagio) si alternano a ballate da cameretta dai toni mesti e minimali, in cui l’interrogazione si sposta sulla dubbia importanza dei rapporti umani 2.0 (vedi Charlie Più Che Surf Fa Schifo).

Queste uscite rappresentano il meglio della grande scena indie italiana del 2015. Vi consigliamo di ascoltarli e capire cosa abbia la nostra vilipesa nazione da offrire oltre ai Kolors!!1111!!!

Non essendo io, a differenza della stragrande maggioranza dei miei connazionali, un esperto di antiterrorismo, geopolitica, teologia, relazioni internazionali, antropologia, tattica militare e balistica, non vi tedierò su cosa si sarebbe potuto o dovuto fare per sventare i fattacci parigini, né cosa si potrà o dovrà fare da qui in avanti. Volevo però fare qualche ragionamento, spero non del tutto a bischero, su una particolare impasse che da anni è parte dell’armamentario retorico e della cultura in cui viviamo, ed è quel rapporto tanto forte quanto involontario fra jihadismo e politicamente corretto variante “le colpe dell’uomo bianco”. In sostanza, dopo episodi agghiaccianti come quello di Parigi (e di Beirut, del Mali, di Israele… la lista è lunga e non finirà) l’opinione media si divide in due fronti, caratterizzati da un’abbondanza di stupidità: il fronte “ammazziamoli tutti porcodio!” e quello “oh ma il mio kebabbaro Abdul è così bravo non sarete mica islamofobi porcodio?”. Ovvero, sostenitori di Salvini & co. e gente che tenta complesse capriole dialettiche per giustificare in qualsiasi modo la cultura araba pur di non essere accomunata in alcun modo ai sostenitori di Salvini. Fra questi due estremi lo spazio di manovra è ridottissimo, perché nessuna delle due parti è ragionevole, ed entrambe fanno un ottimo servizio agli attentati a venire.

Il cocktail in fin dei conti è letale: fra “fanno gli attentati per colpa nostra che siamo stati cattivi in Medio Oriente”, “fanno gli attentati per colpa nostra che li trattiamo male qui” e “fanno gli attentati perché la società capitalista mette alla porte gli ultimi che reagiscono nel solo modo concessogli”, ci manca solo che qualcuno li ringrazi per gli attentati. Si forma una zona grigia fra atto criminale, paternalismo terzomondista e razzismo spicciolo in cui si possono incuneare cose brutte e schifose – il ritorno di nazionalismi autoritari (le lodi a Putin etc si sprecano e aumentano, come i consensi dei partiti nazionalisti europei) e la mancanza di un’azione risoluta perché non si vede il possibile campo di battaglia. E non dico in senso letterale, ma proprio sul piano culturale. Forse si potrebbe partire dalla definizione di Islam Moderato, che riempie la bocca di tanti con abbondanza di aria fritta. Wikipedia alla mano, l’Islam, in tutte le sue confessioni e interpretazioni varie, conta 1.6 miliardi di fedeli. Come si individua il Moderato, visto che non esistono portavoce ufficiali? Se con “moderato” intendiamo “perfettamente compatibile con la vita del mondo occidentale”, ecco che possiamo già escludere tutto il jihadismo, e fin qui era scontato, ma persino chiunque pratichi o vorrebbe praticare la sharia. Non è una precisazione banale, perché in Europa esistono organizzazioni agghiaccianti come Sharia4Belgium. Da noi una cosa come la sharia è impensabile (anche se a molti probabilmente piacerebbe): in un mondo figlio di illuminismo, rivoluzione americana e rivoluzione francese, religioni e stato sono separati. L’Islam Moderato, tenendo a mente questo, è quell’Islam che lo ha ben chiaro e vive l’Islam come religione personale e basta, senza prendere alla lettera il Corano. Come succede qui con le varie correnti del Cristianesimo, insomma.

Il fail culturale e istituzionale a questo punto si ha quando gli eccessi dei mongoloidi vengono in qualche modo tutelati in nome del relativismo culturale, la tolleranza pietosa e paternalista da senso di colpa, le eccezioni ad hoc per giustificare l’ingiustificabile. Culture diverse, religiose e non, possono pure convivere, ma all’interno di una cornice da condividere senza eccezioni, pena i calci in culo. E la cornice è, o dovrebbe essere, il più possibile laica ed equamente severa con tutti, atei, cristiani, islamici, salafiti, sefarditi e manfruiti che siano. La nascita di cose tipo Sharia4Belgium dovrebbe essere percepita come sbagliata e demenziale dall’islamico medio che vive in occidente, all’organizzazione non dovrebbe essere concesso alcun spazio e sarebbe il caso si sprecassero disprezzo, frizzi e lazzi, come per partiti monarchici, nostalgici del duce e freak assortiti. E non dovrebbero nemmeno esistere fiancheggiatori multi-culti sbroc sbroc a difenderla. Purtroppo, a me sembra che questi anticorpi culturali ancora manchino. Cosa si possa fare, dove andare e così via, onestamente, non lo so, altrimenti sarei un consulente governativo strapagato. So solo che un’eventuale soluzione autoritaria, estremista, deportiamoli tutti, schediamoli qua e là, non la vorrei mai. Abbiamo già dato, e sappiamo cosa succede.

Ultima notarella su ISIS & similari: con una strategia o l’altra, vanno ovviamente uccisi tutti, non è che si possa fare altro. A dialogare a Raqqa ci vadano pure Jeremy Corbyn, Dibba, Vauro e altri mongoloidi di simile infimo livello.

Un ebreo, a Milano, è stato preso a coltellate da un tipo incappucciato di fronte ad una pizzeria kosher (qui la notizia). Scommetto che si sprecheranno i tentativi di giustificare l’attentatore, che “non si accoltella la gente MA…”, nei prossimi giorni. Scommetto che vari imbecilli pontificheranno ovunque su un fatto del genere, magari isolandolo da un contesto europeo di antisemitismo crescente di anno in anno. Questo perché in fondo l’antisemitismo è un tratto talmente condiviso dagli europei che, non appena c’è un periodo di crisi, eccolo che salta fuori. Ma non viene stigmatizzato, anzi, è l’unica forma di razzismo che è perfettamente lecito esibire in pubblico, purché si parli di antisionismo – in realtà, per quanto mi riguarda, si tratta di artifici dialettici, come già scrissi in passato. Non c’è alcuna differenza, visto che l’argomentazione che giustifica qualsiasi attacco è molto simile al “però un po’ se la cercano”, come quando le vittime di stupro sono donne provocanti. E sì, magari pure questo paragone è scorretto, ma non me ne frega un cazzo.

Ah, non so quale politicante vuole far mettere un bollino giallo sui prodotti che provengono dalle aziende israeliane che si trovano nei territori cisgiordani. Bene, in questo modo non dovrò leggere le etichette e potrò comprarli a botta sicura.

Dizionario Del Diavolo, ma apocrifo

Pederastia: imperdonabile per un sacerdote, irrilevante per Pier Paolo Pasolini.

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