Tipo la morte del grande, immenso Jack Vance. Scrittore che ho sempre amato alla follia, autore di una serie di classici intramontabili (Linguaggi di Pao? Tschai? I Principi Demoni? La Terra Morente? Lyonesse? Tutti quei meravigliosi racconti? Fate voi! Avesse mai scritto qualcosa di brutto…), quasi sempre incentrati sul viaggio attraverso mondi esotici e culture stravaganti da conoscere se si vuole uscirne vivi. Uno spirito avventuroso con un gusto tutto particolare per l’ironia e la satira, con una prosa sensuale e infiorettata che immergeva nei colori, odori e sapori dei suoi coloratissimi universi, insomma ce ne fossero. Ci vorrebbe un monumento in ogni piazza, ci.
Tristezza, anche se Jack stava male da parecchi anni. E non posso nemmeno dirgli “vai Jack!”, altrimenti penso a Pino Scotto.
E salutiamo pure il grande Mulgrew Miller, colpito da ictus pochi giorni fa. Aveva suonato con una marea di musicisti, ed era un pianista della razza più black, influenzato da McCoy Tyner, Bud Powell, Oscar Peterson, Cedar Walton e Kenny Barron (suo alter ego più anziano). Un pilastro.
Ed era pure assai più giovane di Vance. Peccatissimo.
invece noi dobbiamo sorbirci articoli, servizi e requiem per little tony (già solo il fatto che ti fai chiamare “little” a 70 anni dovrebbe far morire sì, ma dal ridere) e franca rame, di cui si parla sempre come la moglie di Dario Fo, sottolineando però come questa cosa non abbia influito sul successo o sui lavori della moglie di Dario Fo…
Tra l’altro, se Dario Fo ha avuto un nobel, a Jack Vance avrebbero dovuto darne tipo 280.
Come minimo.
Magnus Ridolph o La Falena Lunare sono un misto tra Wodehouse, Vonnegut e Dickens.
Ma il nobel non è mica una cosa seria.(vedi Nobel per la pace ad Arafat). Non riceverlo dovrebbe essere motivo di vanto.
Poco ma sicuro, era solo per dare un’idea a chi usa il nobel come unità di misura della grandezza.