La laurea come pezzo di carta per ottenere l’impiego statale fisso è stato il leitmotif dell’Italia dagli anni ’80 in là. Ascensore sociale all’infinito. La gente voleva tutti i figli laureati, lo stato glielo ha concesso con tutte quelle riforme scolastiche (da Berlinguer fino alla cosa lì dell’ultima volta che ora non mi viene il nome). Solo che, dai e dai, tra un po’ ci sono più insegnanti che alunni. E allora? Li si precarizza, che almeno possono fare a turno e qualcosa rimediano. Ora il piatto piange, si decide di razionalizzare: se ne assorbe un tot e gli altri vadano a spostare basi d’ombrellone a cottimo.

Problema: c’è da selezionare fra 300.000 insegnanti – numero invero altino, per uno stato impezzentizzato, dovuto al grandissimo numero di persone che negli anni si son beccati la laurea in materie letterarie varie perché così sarebbero andati a insegnare.

Soluzione: un piccolo test di livello scuola media, il cui esito viene valutato da un computer. Chi lo passa poi viene valutato per la qualità dell’insegnamento. Ma intanto così si screma un po’ di gente in maniera rapida.

Sapete, è quella cosa tanto invocata in Italia che si chiama… com’era… ah sì. MERITOCRAZIA. Quella roba che non tiene conto di parentele, famiglie, amicizie, prebende e raccomandazioni. Com’è che un semplicissimo test meritocratico è una merda ministero del cazzo sbroc sbroc le scuole i nostri figli se non riuscite a passarlo in quanto teste di piombo?