Premessa: la rubrica delle Pellicole Decrittate tratta solo ed esclusivamente di film mai guardati. Si basa sull’assunto che, da pochi elementi tratti dalla cartella stampa (trama, attori, produzione, nazionalità, sponsorizzazione) sia possibile a priori stabilirne pregi e difetti.
Synossi: Pietro Pontechievello è un giovane pasticciere, ovviamente ooooooomosessualo, che vuole tentare la carta del cinema e quindi si trasferisce dalla natìa Sicilia a Roma. Va a vivere in una villetta del quartiere Monteverde, che all’inizio fa caa’ ma lui la risistema ammodino in fretta (in perfetto stile gay, come quelli che arredano le case della trasmissione tv). Però, però… ci saranno mica i fantasmi? Perché insomma, fra rumori strani, oggetti spostati, apparizioni negli specchi c’è un po’ da caassi addosso. L’inghippo però è presto svelato: nella magione si nasconde, furtivamente, un’intera compagnia di attori, costretti da circostanze misteriose et indicibili.
Morale implicita: guarda un po’ te l’impudenza e l’arroganza de’ finocchi. Non si accontentano di umili lavori da negro e di farselo piallare nel tabarèn nel retrobottega per integrare le magre finanze, giammai. No, loro vogliono il cinema, vogliono il successo, vogliono diventare tutti come coso lì, Freddimercuri che guarda caso era imparentato col capo dei persiani di 300 o comunque veniva dalle stesse zone. Chiaro che poi vanno a Roma ad okkupare le casette, e chi già le okkupava è costretto a inventarsi fantasma nella vana speranza di mandarli via. E’ un mondaccio, in cui è necessario denunciare la lobby gay anche attraverso l’impegno civile del cinema.
Giudizio finale: ci sono cose, al mondo, che godono di una particolare proprietà, cioè fanno talmente schifo che tornano indietro e diventano una figata. Non questo film, però, che fa così cagare che la merda, una volta deiettata, cerca di rifugiarsi in una copertina degli Excrematory Grindfuckers e poi finisce per suicidarsi, data l’impossibilità della salvezza.