Non sono tipo da anniversari, tranne se mi fanno un regalo, però l’altro giorno stavo leggendo uno dei miei blog preferiti, cioè Bastonate, e scopro che il 24/9 sono passati vent’anni esatti dall’uscita Nevermind dei Nirvana. La cosa davvero bellina del post di Bastonate è questo pdf qui, una raccolta di impressioni varie da parte di chi c’era al teNpo, amanti dei Nirvana o meno che fossero. Stimolato dall’iniziativa, voglio dare anch’io la mia opinione, del tutto non richiesta e gratuita, perché sì. Tanto che cambia? Ecco, bravi.

Vediamo un po’, da dove comincio. Ah già, quando esce Nevermind era appena ricominciata la scuola, nel mio caso il secondo anno delle superiori. Da qualche mese ero diventato un metalz convinto, e i pochi gruppi che ascoltavo e conoscevo (Metallica, Iron Maiden, Kiss, Judas Priest, Anthrax, Slayer, Motörhead, AC/DC, Van Halen, Aerosmith…) erano tutti di lungo o lunghissimo corso. Erano pure tutti visibili, con una certa facilità, su Videomusic. E buttati in mezzo al calderone della musica hard’n’heavy figuravano pure due giovani gruppi come Alice In Chains e Soundgarden che, con le loro Jesus Christ Pose e Man In The Box, mi garbavano molto. Mi garbavano pure i Pearl Jam. Erano un po’ diversi da quel che sentivo di solito, anche se non sapevo dire bene perché, però pestavano coi chitarroni quindi tutto ok. Sulle riviste metalz del periodo sentivo parlare di questa nuova scena di Seattle, ma non capivo esattamente di cosa si trattasse.

Ai tempi, la mia principale fonte di approvigionamento metallurgico era l’unico altro metalz di classe mia, che mi copiava e/o prestava varia sbobba. Spesso succedeva che, arrivato in classe, lo trovassi tutto preso col walkman. Io regolarmente gli chiedevo cosa ascoltasse, lui mi faceva sentire, se mi piaceva me lo facevo registrare, insomma, solita roba. Un giorno andò così:

– “Ciao, che ascolti? Robbbbabbbuona?!?”
– “I Nirvana, sono un gruppo nuovo, senti qua, mica male…”
– “Beh, sì, uhm…”

L’album era Nevermind, il periodo doveva essere il ’92 inoltrato, me lo feci anche prestare ma per qualche motivo mi pigliava poco. Pochi anni dopo, i Nirvana li ascoltava anche il maiale e Kurt Cobain era diventato il nuovo idolo maledetto del rock suo malgrado, quindi erano diventati il nemico e li odiavo. Molti anni dopo, tipo oggi, riconosco l’importanza avuta dai Nirvana, l’azzardo fatto al tempo dalla Geffen a metterli sotto contratto, un sacco di cose. Anche che fossero bravi, ma non i più bravi del loro giro nè del decennio – furono però l’ariete di sfondamento per quel cambio di prospettiva che dura ancora oggi, quello per cui un gruppo discendente dai Toto incide per la Merda Records tedesca mentre uno discendente dai Nirvana può anche finire su major. Un cambiamento positivo e necessario, senza dubbio.

Però io personalmente i Nirvana non li ascolto mai nemmeno oggi, perché dopo due o tre canzoni mi rompo le palle. Non so razionalizzare il perché, non lo so, sulla carta sarebbe tutto ok. Però succede, quindi finisce che boh fanculo, ecco. Alice In Chains, Soundgarden, Pearl Jam, Mudhoney e TAD, invece, continuo a sentirli ancora con immutato piacere.