Archive for settembre, 2011


Negli scorsi mesi m’è capitato di leggere dichiarazioni piuttosto strampalate da parte di industriali e potentoni vari. Strampalate non tanto per deficienza o eccentricità, quanto piuttosto per un retrogusto che inizialmente non riuscivo a decifrare – troppo bourbon la sera prima, forse. Il retrogusto di queste parole, profferite pure se non erro da un giornalista di dx di cui ora non mi viene il nome ma chissene, ha scatenato una serie di associazioni di idee nelle mie synapsi, da “?” a città sottomarine art deco a tute da palombaro col braccio trivellante al fantastico riff di Anthem dei Rush ad Atlante che si leva la Terra dalle spalle, la tira via con un calcio e dice “toh, vaffanculo, ora son cazzi vostri, dio cane!” E poi un gigantesco WTF che finisce in zona ma guarda, chi l’avrebbe mai detto. Eh, di che cazzo parlo, insomma, vero?

Parlo di quella corrente di pensiero politico/economica tipica del mondo angloamericano, quella libertarian, che da noi bene o male non esiste. Il pensiero libertarian, suppongo suddiviso in un rivolo di correnti ma chissenefrega, è essenzialmente il turbocapitalismo spinto alla miliardesima. Sostiene che il governo debba limitarsi al minimo indispensabile (tipo stampare le banconote e garantirne il valore), e che poi carta bianchissima vada lasciata agli imprenditorissimi, ai Creatori di Ricchezza che portano il peso di tutto sulle spalle e con le loro grandissime idee potrebbero garantire ogni bene solo che lo stato con le tasse gli rompe sempre i coglioni e loro comunque non ne hanno colpa se i poveracci son poveracci, si vede che se lo sono meritato proprio come loro si sono meritati l’Empireo. Questo tipo di pensiero trova un certo peso negli States, ai margini estremi dei repubblicani, perché nella loro dialettica politica ha sempre avuto grossa importanza il confronto Individuo vs. Stato, cioè quanto debba intromettersi il secondo nella sfera del primo. E’ questa la differenza sostanziale fra Repubblicani e Democratici: semplificando moltissimo, i primi, in linea teorica i più vicini alla costituzione, vogliono più libertà (economica = d’impresa) rispetto ai secondi, convinti che certe cose tipo gli apparati del welfare dovrebbero essere pubbliche, o quantomeno esistere pure pubbliche e di buona qualità. Repubblicani e Democratici hanno al loro interno varie correnti e le loro proposte ovviamente cambiano a seconda dei periodi storici, tuttavia è questa la distinzione fondamentale. I libertarian, oggi inglobati nel movimento dei Tea Parties (sorta di Lega Nord americana), hanno una posizione totalmente ideologica e mongoloide almeno quanto quella del fantasma che si aggirava per l’Europa. Perché invocano non solo lo stato leggero e la piazza affari sgombra e via vincoli e via tutto, ma sono pure dell’idea che non esista alcuna responsabilità sociale. Cioè, il Creatore di Ricchezza offre ai mortali il lavoro nella sua aziendona, lui la gestisce tipo squalo contro questo e quel concorrente, per sopravvivere in momenti di difficoltà licenzia in massa e butta sul lastrico perché tanto lui non è responsabile della pezzenza, e semmai alla fine può vendere tutto, comprare, speculare etc etc. Tassazioni per assicurare welfare etc? Precisi obblighi e vincoli nelle manovre finanziarie per evitare ripercussioni sociali pesanti? Giammai, e che ci può fare lui, se i poveri sono poveri (e vedrai qualcuno sarà pure negro)?

Identificare il puzzo libertarian dietro certe chiacchiere non mi è stato difficile, perché conosco Ayn Rand, la sciroccata scrittrice che è diventata un po’ l’eminenza grigia di queste robe. Il Gino Strada dei libertari, come dice Yossarian. Prendete tutta la pappardella che ho scritto lì sopra ed estendentela in maniera sia filosofica che romanzesca, e più o meno ci siamo. La Rand ha condensato le sue idee nel libro Atlas Shrugged, in italiano La Rivolta di Atlante, che presso i libertari è una sorta di bibbia. Un anno e mezzo fa, per curiosità, ho provato pure a leggerlo, ma è scritto in modo così pedante e noioso che mi sono fermato prima di pagina 200, cioè a meno di un quarto. Lo so che è poco, ma che palle, che ci posso fare? E la Rand l’ho conosciuta grazie ai Rush, che nei primi anni di carriera ci si erano ispirati un paio di volte, in canzoni come Anthem e 2112. Neil Peart, batterista e autore dei testi, all’epoca ci si era fissato, salvo poi evolvere le sue posizioni verso un individualismo responsabile e contrario ad ogni egualitarismo forzato e bovino in nome del politicamente corretto – si potrebbe dire che, da una dubbia filosofa e pessima scrittrice come Ayn Rand, Peart abbia abbracciato poi tre cervelli e scrittori immensamente più fini quali Mark Twain, Sinclair Lewis e Robert Heinlein. In tempi più recenti avevo ritrovato tracce randiste in Bioshock, il bellissimo videogioco ambientato in una città sottomarina fondata su principi randisti e ormai fuori controllo – al giocatore il compito di capire bene cosa sia successo e la scelta su cosa fare per uscirne.

La puzza dell’ideologia libertarian oggi è nell’aria. Si sente quando i vari hedge fundersz o quel che sono disastrano mercati e restano impuniti. Quando confindustriali vari chiedono esenzioni fiscali perché altrimenti non possono riavviare l’economia – in maniera ipocrita, perché poi vogliono che lo stato tenga fuori gli stranieri che altrimenti li butterebbero in mezzo alla strada in sei mesi. Quando si vuole potere senza responsabilità, ma per il tuo bene, che ti credi, coglione, tipo certe uscite di certi tipi là in Inghilterra che fosse per loro risaremmo tutti ai tempi di Dickens. Quando tutte queste cose, è un vero peccato che certa gente non possa essere decapitata in piazza. Poi dio zombi, guardali lì: più si fanno catastrofi economiche a catena, più vogliono prebende. Senso della realtà e della decenza meno di zero, come quelli del Circolo Maoista Stalinista di Gombitelli, che però hanno il non trascurabile pregio di essere inoffensivi (ok, tranne se t’attaccano i soliti pipponi clamorosi).

Oggi saltiamo sul carro del vincitore

Non sono tipo da anniversari, tranne se mi fanno un regalo, però l’altro giorno stavo leggendo uno dei miei blog preferiti, cioè Bastonate, e scopro che il 24/9 sono passati vent’anni esatti dall’uscita Nevermind dei Nirvana. La cosa davvero bellina del post di Bastonate è questo pdf qui, una raccolta di impressioni varie da parte di chi c’era al teNpo, amanti dei Nirvana o meno che fossero. Stimolato dall’iniziativa, voglio dare anch’io la mia opinione, del tutto non richiesta e gratuita, perché sì. Tanto che cambia? Ecco, bravi.

Vediamo un po’, da dove comincio. Ah già, quando esce Nevermind era appena ricominciata la scuola, nel mio caso il secondo anno delle superiori. Da qualche mese ero diventato un metalz convinto, e i pochi gruppi che ascoltavo e conoscevo (Metallica, Iron Maiden, Kiss, Judas Priest, Anthrax, Slayer, Motörhead, AC/DC, Van Halen, Aerosmith…) erano tutti di lungo o lunghissimo corso. Erano pure tutti visibili, con una certa facilità, su Videomusic. E buttati in mezzo al calderone della musica hard’n’heavy figuravano pure due giovani gruppi come Alice In Chains e Soundgarden che, con le loro Jesus Christ Pose e Man In The Box, mi garbavano molto. Mi garbavano pure i Pearl Jam. Erano un po’ diversi da quel che sentivo di solito, anche se non sapevo dire bene perché, però pestavano coi chitarroni quindi tutto ok. Sulle riviste metalz del periodo sentivo parlare di questa nuova scena di Seattle, ma non capivo esattamente di cosa si trattasse.

Ai tempi, la mia principale fonte di approvigionamento metallurgico era l’unico altro metalz di classe mia, che mi copiava e/o prestava varia sbobba. Spesso succedeva che, arrivato in classe, lo trovassi tutto preso col walkman. Io regolarmente gli chiedevo cosa ascoltasse, lui mi faceva sentire, se mi piaceva me lo facevo registrare, insomma, solita roba. Un giorno andò così:

– “Ciao, che ascolti? Robbbbabbbuona?!?”
– “I Nirvana, sono un gruppo nuovo, senti qua, mica male…”
– “Beh, sì, uhm…”

L’album era Nevermind, il periodo doveva essere il ’92 inoltrato, me lo feci anche prestare ma per qualche motivo mi pigliava poco. Pochi anni dopo, i Nirvana li ascoltava anche il maiale e Kurt Cobain era diventato il nuovo idolo maledetto del rock suo malgrado, quindi erano diventati il nemico e li odiavo. Molti anni dopo, tipo oggi, riconosco l’importanza avuta dai Nirvana, l’azzardo fatto al tempo dalla Geffen a metterli sotto contratto, un sacco di cose. Anche che fossero bravi, ma non i più bravi del loro giro nè del decennio – furono però l’ariete di sfondamento per quel cambio di prospettiva che dura ancora oggi, quello per cui un gruppo discendente dai Toto incide per la Merda Records tedesca mentre uno discendente dai Nirvana può anche finire su major. Un cambiamento positivo e necessario, senza dubbio.

Però io personalmente i Nirvana non li ascolto mai nemmeno oggi, perché dopo due o tre canzoni mi rompo le palle. Non so razionalizzare il perché, non lo so, sulla carta sarebbe tutto ok. Però succede, quindi finisce che boh fanculo, ecco. Alice In Chains, Soundgarden, Pearl Jam, Mudhoney e TAD, invece, continuo a sentirli ancora con immutato piacere.

Orval Faubus fu un governatore segregazionista iperrazzista dell’Arkansas, a cavallo fra gli anni ’50 e ’60. Oggi viene ricordato soprattutto per il magnifico sberleffo in musica dedicatogli da Charles Mingus, Fables Of Faubus appunto. Bene, ora mi si dirà, e allora? No niente, è solo per ridere e sghignazzare di Venezia, la città della cccccultura e il cinema e l’arte. Un’ordinanza comunale, articolata punto per punto, regolamenta quale musica vada bene e quale no, quale si possa suonare nell’augusta Venezia e quale no.

Possiamo leggere che la giunta, su proposta dell’assessore alla cultura, visto che molti locali da anni sono punto di ritrovo e socializzazione, in considerazione dell’aumento della popolazione studentesca nel centro storico, il cambiamento da essi comportato nella routine della vita serale invernale, visto anche la moltiplicazione dei punti di ritrovo e socialità che diventano anche economicamente rilevanti, e vista la possibilità quindi di rendere più note aree della città solitamente poco frequentate, visto tutto questo, è necessario porre comunque un freno alle musiche permesse in città perché la gente c’ha diocane da dormire (allegato n.1). Quindi, prese in esame le diverse modalità esecutive dei vari generi di musica, si conviene, dopo una descrizione di jazz (anzi, “jazz/dixieland”!), che il free jazz debba essere bandito dalla città, perché essendo dissonante potrebbe essere sgradevole o di disturbo. Non si va molto per il sottile con reggae, dub e acid jazz, roba da negri con strumenti estranei alla tradizione dell’Italia bella (allegato n.2).

Insomma, ce la mettono tutta per rovinare le vacanze ad Archie Shepp e Cecil Taylor, dio cane. Uahahahahahah! Mi raccomando, continuiamo così. E poi allo stesso tempo lamentiamoci della cultura in Italia che è arretrata sbroc sbroc.

Un ringraziaggio al lettore minculpop (nomen omen cognomen cazzus dicus amen) che si è preso la briga di scartabellare: la delibera in questione è la n.926/99 del 1999, attiva dal 2000 e mai levata dai piedi fino ad oggi.

Fremo d’attesa.

Cioè no, fatemi capire, un tizio farà i nomi dei politici omofobi ma gay. A parte che basterebbe dire gli omofobi, perché omofobo ==> gay (v. esempi illustri tipo Hitler o Razzinghei). A parte che non mi pare una mossa corretta, ma una rappresaglia da svantaggiati. A parte che una legge sull’omofobia è stupida, perché bisognerebbe inasprire le pene sulle aggressioni e le discriminazioni in generale, non a compartimenti e riserve di caccia, ecco, chiedevo pareri sull’effettiva rilevanza della cosa. E la chiedo a uno che consigliava lo zar di tutte le Russie, mica brodo di fagioli.

Ah, mi sembrava…

 

Trollaggio deliberato

Comunque, già che c’ero mi sono sentito da YouTube un minuto scarso a pezzo del nuovo disco dei Dream Theater, A Dramatic Turn Of Events, che tanto per un disco dei Re Del Prog Metal sono più che sufficienti – voglio dire, si tratta di musica tanto tronfia quanto superficiale, un’esposizione di specchietti per allodole. Infatti quando vedo i DT che suonano per i theaterfanz plaudenti penso ai Conquistadores che danno specchietti riflettenti ai negri in cambio di oro. Insomma, fa cagare rospi in salamoia (quella del Giudice Morton), inutile girarci intorno.

Sicuramente conoscerete almeno un paio di persone che, in concomitanza del decennale del 9/11, si sono lanciati in “mi dispiace per i morti, ma gli USA se la sono cercata!”, “è falso complotto rettiliani signoraggio sbroc sbroc!!1!” e varie innumerevoli variazioni sul tema. La prima posizione è la più moderata, la seconda la più estrema, entrambe ricadono sotto il solito ombrello: quello della Setta dei Flagellanti Antioccidentalisti Occidentali Dei Boveri Balesdinesi Degli Ogghi Dei Bambini Di Gaza. Una Setta che può nascere, credo, solo in posti cristiani e cattolici, dove è forte il senso di colpa built-in. Declinato in salsa atea terzomondista, il Peccato si trasforma in Espiazione del Benessere: siamo peccatori, in particolare di hybris, perché il nostro benessere e il nostro progresso vanno a danno dei negri. In pieno stile cattolico, ci si lamenta e si moralizza in lungo e in largo di fronte al pubblico, per dare il buon esempio, ma poi si continua peccare in privato – al limite si può comprare un indulgenza o recitare tre rosari e due giaculatorie mediante l’acquisto di costosi alimenti biologici o il sostegno a bizzarre associazioni, quando sarebbe più opportuno e serie abbandonare lo schifato Occidente per andare a condividere gl’usi e costumi de’ popoli più puri e savii.

Stabilito chi sia la Vittima, ogni sua azione, anche la più spregevole, è sempre giustificata. Anche il terrorismo. Intendiamoci, non che io abbia niente contro i terroristi, previo piazzamento di pallottole nella nuca o in mezzo agli occhi. Lo status di Terrorista e Vittima è invidiabile: hai i tuoi che ti sostengono, e pure la creme de la creme civile e intellettuale del paese nemico pronta a tessere le tue lodi e a giustificare le tue azioni, tipo quando fai saltare treni, aerei, ospedali, scuole, autobus, scuolabus etc etc, tutti naturalmente pieni di persone. Doppia benedizione, double feature, science fiction, class action. Ho perso il filo. Ah ecco, i terroristi. Non stupisce vedere menti avgvste come quella di Franco Piperno elogiare l’operato dei terroristi del 9/11, innanzitutto perché hanno inflitto un danno, fisico e simbolico, agli USA fonte d’ogni male, e poi perché anche lui fu un terrorista, e dunque fra i colleghi ci vuole solidarietà. E dunque, gaudio e giubilo dei Flagellanti Antioccidentalisti Occidentali Dei Boveri Balesdinesi Degli Ogghi Dei Bambini Di Gaza per la morte dei 3000 nelle Torri Gemelle, e immagino pure per quelli del Pentagono e dell’altro volo. Fuck yeah, occhio per occhio dente per dente, no? E’ giusto. In una progressione di simboli, i 3000 morti sono il prezzo simbolico da pagare per tutti gli altri morti inflitti agli USA, simbolo dell’Occidente, di qua e di là – che so, per le stragi di Pinochet o altre robe. Ripeto, non fa una grinza, soprattutto con un comodo oceano di mezzo.

Giova ricordare, a questo punto, un altro lato del terrorismo di matrice islamica: quello contro la Russia. Tipo a Beslan, al Teatro Dubrovka, in vari palazzi russi, nella metropolitana di Mosca, al treno Nevsky Express. La matrice comune di questi attentati è la rivendicazione dell’indipendenza da parte di alcune province musulmane dell’ex URSS, province la cui cultura fu piallata brutalmente in era staliniana. In questi casi, nessuno si è mai sognato di dire “bene, per vendicare i milioni di morti causati dal Comunismo, tiè!”  Eppure, la logica dovrebbe essere la stessa: si esalta l’azione estrema dei Ribelli contro l’Oppressore. Perché non è che, dopo la WWII, l’URSS se ne stava lì a pettinare le acciughe mentre gli USA mandavano i negri in miniera. La Guerra Fredda fu una lunga partita a scacchi condotta da due potenze espansioniste, cioè che espandevano la propria influenza su nazioni confinanti e non minandone seriamente l’indipendenza, mica brodo di piccione. Le due potenze si sono macchiate dello stesso crimine più volte, ma solo per una delle due entra in gioco la figura del Compagno Che Sbaglia e la prospettiva escatologica: tutti gli errori commessi sono parte di un cammino che porterà alla Rivoluzione in cui alla fine tutti i torti saranno raddrizzati, pace e uguaglianza per tutti sbroc sbroc. Però, confutati gli assunti del comunismo dopo l’osservazione della sua catastrofica applicazione, disciolta l’URSS, finita la Guerra Fredda, il Nemico sembrerebbe aver vinto. Chi gli contrapponiamo, ora, maremma licantropa?

La risposta alla preghiere dei Flagellanti Antioccidentalisti Occidentali Dei Boveri Balesdinesi Degli Ogghi Dei Bambini Di Gaza arriva niente meno che da Allah in persona. Dopo un decennio di smarrimento, dal crollo del Muro fino al 10/9/2011, i Flagellanti hanno finalmente trovato nuovi simboli e icone da venerare e sostenere. Per una tragica ironia della sorte il Corano diventa il nuovo Capitale, anche per la discrepanza fra quanti dicono d’averlo letto e quanti lo hanno fatto veramente, Osama Bin Laden, Ahmadinejad e il Mullah Omar ricevono gli elogi pubblici di menti eccelse ed equilibrate quali Massimo Fini, Sbirulino e la medusa Xfff<–!”, e mancano solo gli Inti Illimani musulmani per completare in quadro, oltre a femministe occidentali in burka. Ahaha, che mongolismo. Io? Al solito, rido.

Una bella chiosa classica e allegra, e tutti al barre per uno sprizze…

(mi perdoni, maestro, è solo per questa volta)

Capita a volte di aver parenti stretti che, per motivi di lavoro, da anni si sono traferiti altrove. A Parigi, nel caso specifico. Un parente di tal fatta ha, proprio di recente, deciso di optare per lo sposalizio – un passo importante per la tutela della figlioletta, che se per la legge francese ha riconosciuti comunque i diritti e le tutele parentelare stante il riconoscimento del genitore naturale, per quella italiana invece un bel cazzo, se non sei sposato c’è poca differenza fra tua figlia e quella trovata nel cassonetto. Bel trojaio. Ma non è questo l’argomento, che la giurisprudenza è affare noioso. No. Interessante è, piuttosto, osservare la fauna-sbroc nel suo ambiente d’elezione. Perché gli sbroc parigini sono sbroc fra gli sbroc, ed è difficile trovar qualcosa da eccepire a questa considerazione, a meno di essere parigini o sbroc.

Vedete, il parente rappresenta assieme ad altri il lato sbroc della famiglia, che consta pure di lati conservatori mal paludati da qualcosa di indecifrabile. Lo scrivente è cresciuto stretto fra i due fuochi e ha imparato a riconoscere, e a rider sotto i baffi, peraltro mai avuti, di entrambi, e soprattutto delle inevitabili liti su futili questioni di principio. Il parente sposante avrebbe, sulla carta, tutte le prerogative e le caratteristiche per essere il più sbroc di famiglia, ma per uno strano accidente della sorte non è affatto vero – è, assieme al qui presente e ad un altro comunque non sbroc, l’unico dotato di vero senso dell’umorismo. Di conseguenza, non appartengono al suo modo di fare occhi pallati e sguardi sdegnosi di fronte a qualcosa di Profondamente Inaccettabile, soprattutto accompagnato da qualche battutaccia, bestemmia o stronzata. Per eseNpio, fra molti degli invitati, mi è parso di capire, c’erano notevoli preoccupazioni per le sorti di Strauss-Kahn che, parbleau, sarebbe dovuto diventare il leader di sx per le prossime elezioni. “Hai seguito la vicenda di Strauss-Kahn?”, mi chiede la (peraltro adorabile) neoacquisita parente ad un certo punto. “Manco per il cazzo!”, rispondo io, allungando la mano per farmi versare un altro po’ di sciampagnsz. Di lì a poco avrei iniziato a fare rutti e pernacchie con la cuginetta mia nonché figlia sua (promettendole, già che c’ero, di portarla a vedere gli Slayer al raggiungimento dell’età giusta), ma questa è un’altra storia. La storia più interessante è quella entomologica, sebbene gravemente compromessa dalla mia mancata conoscenza dell’orrido idioma oltralpino.  Perché la fauna umana presente, dai bei gilè coordinati con pantaloni etc, dolcevita e girocollo, trucco ridotto, modi raffinè, eloquio fluido, espressione sorrisevole ma sempre con un certo distacco, ecco, tutto questo mi faceva situare gran parte degl’invitati al ceto intellettual-liberprofessional-pubblicoimpiegodisinistrasolidale-insegnante-giornalista, che non so se in Francia sia una congerie fastidiosa quanto in Italia. Alcuni segnali tuttavia mi lasciano pensare che le differenze alla fine non siano molte e lo sbroc sia universale.

Per esempio, l’unico uomo che pur francese non fosse confondibile col ghei medio era il padre della sposa, un sanguigno normanno ex colonnello paracadutista della legione straniera sempre pronto alla risata e dalla stretta vigorosa. Poi c’era l’architetto ex dello sposo. Vedete, io vengo da una famiglia di architetti e ho la spiccata tendenza a fuggire dalla specie (“ho preso questo divano XYZ, bellissimo!” “ma ci si sta da fare schifo!” “e allora? Non hai visto il design? Non capisci proprio un cazzo!”). La tipa in questione però è molto peggio. Una ventina d’anni fa, quando mio padre la conobbe, sapendo che era del mestiere tirò in ballo l’architettura così, per parlare un po’. Cosa fai, cosa non fai, so che anche te… roba del genere, del tutto innocua. Ebbene, al tempo la signora Simpatichini liquidò i miei con freddezza e un certo disprezzo. “Io mi occupo di urbanistica dei quartieri popolari”, disse. Il sottinteso era qualcosa tipo “non come voi borghesi fascisti che fate gli interni per le case dei padroni!”, o molto simile. Oggi, la sig.ra Simpatichini presiede all’assegnazione delle case popolari medesime con tutti gli agganci politici del caso. La fredda antipatia comunque non è cambiata, nonostante il progresso della carriera. Poi c’era una coppia che non si è preoccupata di presentarsi. A vederli incarnavano perfettamente l’Intellettuale e la Femminista. Lui, fra 45 e 50, alto e asciutto, maglia girocollo, foulard, crine argenteo, begli occhiali. Giurerei che fosse entrato con un quotidiano sottobraccio, ma forse è suggestione. Lei un po’ più giovane, capelli brizzolanti, gonna larga e lunga fino alle caviglie, maglione copriforme (fino ad un certo punto – la giusta rotondità nei punti giusti si intuiva), trucco zero. Il che è facile, con lineamenti così belli e una pelle perfetta, con giusto due zampe di gallina visibili solo col microscopio elettronico nelle notti di plenilunio dell’anno bisestile. Me li immagino che vanno a fare la spesa, un sacco di prodotti biologici caricati nel bagagliaio della loro Prius. O forse sono solo malwagio. Naturalmente anche nei panorami più omogenei c’è qualche nota stonata, qualche asse sbrecciata, qualche murena sdentata. In questo caso, mi rendo conto di un particolare inquietante: ma come, possibile che non ci sia neanche un negro? Un musulmano? Un indiano? Non uno che faccia il tassista o altre robe da negro, intendo uno perfettamente integrato nel milieausz, uno che sia professore o giornalista o che so io. Davvero strano. Si arriva solo alla coppia homo… un po’ poco. Comunque, la palma della sgradevolezza la conservano saldamente un pajo d’invitati italiani cui già feci cenno alcuni mesi or sono. Lui è un po’ il tipico tamarro radical chic, stereotipato nell’aspetto e nei modi quanto il tipico entusiasta di D&G, muscolazzi, lampada, tatuaggi tribbali e Giggi Dalessio; solo che invece fa citazioni sbagliate e ti viene ad istruire con tono professorale su come sarà il piatto a base d’anatra. Buonissimo tra l’altro, coscia arrosto e petto alla piastra, però un pezzetto e un pezzetto. Purtroppo la cucina francese/parigina concepisce il cibo come vettore per il sapore, e basta. Un morso, due, valutazione, fine. Il piacere dello strafogamento non lo conoscono, e dire che è uno dei migliori dell’esistenza. Di quell’anatra avrei voluto una teglia intera, dio canaccio. Tuttavia la consorte del tamarro radical chic è stata molto più incredibile. Perché verso mezzanotte, fra dolce, spumanti etc. si avvicina alla sposa (che nel pomeriggio insieme ad alcune amiche aveva cantato a cappella, e bene, un pezzo cinquecentesco) e si mette a cinguettare garrula Noi Vogliamo L’Uguaglianza. Sinceramente, un canto di resistenza delle mondine in bocca ad una signora nata benestante che in vita sua non ha mai dovuto faticare chissà che e che da anni vive comodamente in quel della Ville Lumiersz dove ha aperto un locale sciccosetto enogastronomico, beh, fa molto epic fail, anche perché nessuno si è unito e c’era un certo qual imbarazzo nell’aria. Fortuna che è durata poco. La signora, ricorderete, è quella che si dispiaceva che l’avessero paragonata a Sarah Palin. Beh, si consoli: stavolta, se un margine di somiglianza con una Palin più brutta e più vecchia poteva starci, con la nuova Republican MILF Michele Bachman, sua coetanea, non c’è partita:

Sarà contenta di dire “meno male che nessuno ora può dirmi che assomiglio alla RRrrepubblicana!!1!”, la nostra impavida, ma in cuor suo ci sarà un “purtroppo” di sette metri lampeggiante. Ma a parte tutto, è stato molto divertente. E per zittire la signora e le sue mondine mi sarebbe piaciuto poter disporre dello stereo del ristorante, ammesso che ci fosse, e spararci su non un pezzo dei Cannibal Corpse, no, ma il pezzo più incredibile mai composto nell’universo e chi dice il contrario è un negro:

Every day I’m shufflin’!

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