Ovvero: una serie di riflessioni nate giustapponendo termini in maniera piuttosto casuale, seguendo la logica inoppugnabile che la frase suonava bene e tanto valeva consegnarla all’interwebs per il diletto degli stolti (voi, neanche a specificarlo).

Un giorno o l’altro ti capiterà un nipote negro. Quel giorno, offrigli un negroni. Quell’altro, un black russian.

Sono preoccupato. Ma non per l’economia o la decadenza, che mi diverte molto. No. Per i Motörhead. Sull’ultimo numero di Rolling Stone sono disco del mese e la recensione, per 3/4, parla delle mamme con le magliette dei Ramones che sono trendy e dice diocane, non è che poi succederà anche ai Motörhead quando Lemmy schioppa, e tra l’altro il loro nuovo disco è il primo di loro che non mi fa schifo? Certo, purtroppo succederà, visto che se i Motörhead sono disco del mese su Rolling Stronz, vuol dire che ormai la coolness prefabbricata li ha raggiunti. Chiaro, tutti questi endorsement sono merda di giaguaro, confronto alla partnership con Triple H: quella sì che è roba. Ma risale a prima, quindi non vale.

Dice il primo maggio viene fatto sento Papavoitìla. Oppure beato, non so se c’è differenza, comunque cambia poco lo stesso. Come miracolo (essenziale per essere santi, altrimenti san fare tutti), avrebbe guarito una suora affetta da Parkinson. E l’avrebbe guarita dal Parkinson stesso, non dal raffreddore, altrimenti sai che sforzo.  Allora, la domanda è: ma Papavoitìla allora nel tempo libero si dedicava alle staminali ed era diventato più bravo di tutti i medici del mondo? E impediva la ricerca delle staminali così lui avrebbe potuto gabellare i suoi risultati come miracolo per poi essere beato? Ma lo sai che non fa una grinza? Uhm, lasciatemelo dire, sono un genio.

Ieri ho visto un abominevole manifesto in un negozio di dischi. Talmente orendo (con una sola ere) che non voglio postarlo qui, altrimenti si formatta il server che ospita WordPress e vengo ricercato peggio di Assange. Insomma, tale manifesto pubblicizzava il nuovo disco di (scusate il termine) Phil Collins. C’è una foto di colui da bambino con le bacchette in mano, e a quanto pare si tratta di un disco di classici del soul Motown anni ’60. Mi viene il vomito solo all’idea di sentire Phil Nerchins fare scempio di quella grande grande musica.

Sono italiano e il presidente del consiglio Silvio Berlusconi non sta parlando in mio nome. Ma non ti montare la testa, neppure tu.

Ci mancava una femmina prosperosa & discinta, arrivati a questo punto.

Mi piacciono molto le storie & le narrazioni. Da sempre, e in qualunque formato – beh quasi, l’opera lirica e i concept album, in linea di massima, mi fanno cagare. Dovessi tirare le somme della qualità della narrazione negli ultimi anni, direi che il cinema è quello che ci ha perso di più, il libro ha mantenuto il suo livello, i videogiochi e le serie tv hanno avuto un’impennata clamorosa e hanno preso a calci in culo il grande schermo. Davvero. Non è che me ne rammarichi, eh – prendo solo atto della situazione e mi godo quel che di bello esce. Il cinema è in fase di stallo e magari si rigenererà più avanti, o forse no, ma insomma m’importa una sega.

I Black Country Communion di Glenn Hughes e Joe Bonamassa mi paiono piuttosto carini ma niente di che, alla fine. C’è di meglio e con nomi meno altisonanti di mezzo. Ma questo è en passant. Piuttosto, vorrei che la gente smettesse di parlare di Eric Clapton, Jimmy Page, Eric Burdon e Jeff Beck come dei più grandi guitarristi rock blues bianchi viventi. Billy Gibbons ci spacca il culo a tutti e quattro e, com’è noto, non mi invento un cazzo.

C’è gente che ha scoperto la parola data mining e ha più o meno grossolanamente intuito in maniera primitiva e rudimentale cosa significhi. Da lì a Facebook controlla tutta la nostra vita moriremo tutti!!!11!!1! il passo, purtroppo, è breve.

Buonanotte, me le sono rotte.