Oggi Facebook mi ha portato questo articolo. Si tratta di un appello scritto da Franco Mussida, chitarrista della PFM nonché titolare di una scuola di musica di ottima reputazione, per la salvaguardia di quella musica popolare dai grandi valori che oggi stenterebbe un bel po’. L’articolo contiene anche cose condivisibili, condite però da un forte senso di o tempora o mores!, e soprattutto denuncia l’assoluta e totale incomprensione di come sia cambiato il mondo (musicale e non) negli ultimi vent’anni. Ma proprio zero. Ho scritto qualche tempo fa un post sulla natura di questi cambiamenti, e non starò a riperli qui. Le considerazioni le facevo per il jazz, ma sono facilmente generalizzabili.
Mussida rileva giustamente che il mercato discografico è in supercrisi, che per arrivare in cima alla classifica basti ormai il freakazoide fresco di X Factor con duemila copie vendute nella prima settimana e successivo (nonché meritato) inabissamento, e che l’industria miope e attenta solo al profitto alla fine ha rotto tutto. Tutte cose vere, ma che dimostrano una prospettiva limitatissima e poco legata all’attualità – fare i nomi di Elton John, Sting e Peter Gabriel del resto non ti fa partire col piede giusto. Sostenere che gli ultimi scampoli di vitalità nella musica popolare li abbia dati Gabriel (comunque un grande musicista, eh) significa aver ignorato sistematicamente roba tipo Tool, Alice In Chains, Pantera, Rage Against The Machine, Massive Attack, DJ Shadow, Deftones, giusto per citare entità di grande successo artisticommerciale partita negli anni ’90 e ben nota pure da noi. Mussida sembra nostalgico dei grandi movimenti e delle rappresentazioni generazionali, ma è destinato a conficcarsi stalagmiti nel baugigi: non è più possibile. Le condizioni socioeconomiche sono troppo diverse e i costumi troppo cambiati. Se il rock ha inciso profondamente sull’evoluzione del costume e del sentire, oggi le spinte oltraggiose sono state completamente riassorbite. La linea che da Chuck Berry passa per Rolling Stones, Alice Cooper e New York Dolls fino a Rob Zombie e Marilyn Manson ormai si è interrotta per l’impossibilità di spingere i confini del rappresentabile ancora più in là senza perdere visibilità mainstream: oggi ci si scandalizza per finta di fronte agli oltraggi calcolatissimi di Lady GaGa (da queste parti apprezzatissima, a proposito, come ogni cosa spettacolare e divertente). L’ascolto si è frantumato in nicchie che nessuna forza può ricomporre, visto che gli interessi e gli stimoli di un singolo sono oggi moltissimi quando prima c’era la musica e basta.
Le case discografiche, major in primis, naturalmente sono colpevolissime: rivolta ogni attenzione alla massimizzazione del profitto per soddisfare gli azionisti, prive ormai di figure come Ahmet Ertegun, hanno scelto di non investire più a lungo termine sulle carriere ma di buttare subito via a calci con non fa il botto al primo disco. Continua così per dieci anni (diciamo dal ’95 al ’05), e vedi che succede, soprattutto in concomitanza con l’esplosione del p2p? Desertificazione, merda che straborda dalle classifiche, nessuno che compra più i dischi, mega investimenti pubblicitari ormai a perdere perché le vendite non li ripagano. E concerti, in proporzione, sempre più affollati, soprattutto in America dove la cultura della musica dal vivo è molto forte e molto sentita. E qui affiora tutta l’altra metà del cielo, la trasformazione che il mercato ha subito e che ha dato molto più potere e responsabilità al singolo musicista. Che ora può e deve innanzitutto maturare il più possibile, magari suonando live un casino, poi incidere e distribuirsi un cd ai concerti e via internet (v. il benemerito CdBaby), bypassando la distribuzione normale. Molti musicisti in America vanno avanti così, perché lì il mercato e la mentalità lo consentono. Questo porta ad una particolare sinergia fra artisti e pubblico, e quindi si formano le comunità (anche vastissime) di appassionati di musica e concerti, autosufficienti e indipendenti, estranee ed impermeabili alle mode, incuranti del successo usa e getta, capaci di proliferare al di fuori delle grosse etichette, le più colpite dalla crisi. Il modello di business musicale di cui i Grateful Dead furono indiscussi pionieri si è rivelato vincente. Mussida non sa niente di tutto questo, è evidente, perché in caso contrario cercherebbe di capire se e come una cosa del genere potrebbe prendere piede anche da noi. No, la sua conclusione è talmente allucinante che merita di essere riportata qui sotto in bella calligrafia:
“Le istituzioni dovrebbero metterci lo zampino, offrire ai ragazzi occasioni per sperimentare a prescindere dal mercato. Si dovrebbero incentivare i locali a riconvertirsi in luoghi per ascoltare e ascoltarsi. Mi riferisco ai salotti e agli assessorati che continuano a considerare la Musica popolare come sottocultura… E’ giusto continuare a puntare sui-mega concerti da centinaia di migliaia, da milioni di persone? Non sarebbe più sensato ripensare alla costruzione di un rapporto più «ravvicinato», ripartendo proprio dai piccoli locali delle nostre città? Se si affievolisce il valore della Musica popolare, che è poi quella più ascoltata, cantata, partecipata, rappresentata, si affievolisce il nostro «sentire comune», diventiamo tutti un po’ più deboli. Un po’ più soli.”
Oh certo, che gran soluzione, lo stato che interviene a favore di svantaggiati d’ogni tipo col pallino della musica. Come se non fosse bastata la catastrofica lezione del cinema. A Mussida consiglio di svegliarsi e guardare prima oltreoceano e poi farsi qualche domanda. E ancor prima, documentarsi su quanta bella musica ci sia in giro, di quella che in classifica magari non ci arriva, non incarna movimenti e ribellioni, ma spacca veramente il culo. Sting, Elton John, Peter Gabriel… bah, con questi presupposti si va poco avanti! E’ già tanto che non abbia parlato di Woodstock. E siccome si riesce solo a rimpiangere le Eldorado di turno, l’impasse durerà ancora a lungo, e continuerete a sentire cover band nei locali perché tanto al pubblico in media la musica nuova interessa poco, e il cane continua mordersi la coda pure se è un boxer.
Io sono dell’idea che una svolta non potrà che passare per l’avvento della musica nei pub, bar, locali in genere.
Tocca trovare il modo di incentivare sta cosa senza regalare soldi alle cover band e ai locali che le fanno suonare.
Infatti; posto che il pubblico italiano attuale è decisamente conservatore (anche più di quello che i musicisti della generazione di Mussida vogliono ammettere; c’è una ragione se la PFM è diventata ben presto una versione più tecnica dei Pooh), il circolo vizioso va pure spezzato in qualche punto.
cercare di imporre un cambiamento “culturale” nel mercato musicale italiano è come cercare di debellare l’aids prendendo il polo Nord come terreno di ricerca.
cmq la gnokka bionda è una roba che fa esplodere la prostata. dimmi chi è, please!
Ahimè, non lo so, è solo una foto pescata nell’interwebs! :(
Vabbè, ma neanche si può pretendere di continuare con la favola dei quattro ragazzotti che suonano in garage e assurgono alla visibilità planetaria e fanno i miliardi alla Genesis, sono alla fine un prodotto di un epoca a 3 canali televisivi catalizzata dalla crescita economica a randa grazie al petrolio facile.
Del resto se pure la musica rock e pop si spegnesse non sar… ma che discorso del cazzo è, ora che ci penso?
Preoccupiamoci dello stato penoso in cui versano i nostri conservatori e delle difficoltà dinnanzi a cui si troverebbe un moderno Purcell o Mozart, che non solo non avrebbe regnanti e mecenati e papponi a cacciare i soldi per mantenersi ma affronterebbe la concorrenza di gente come Giovanni Allevi che suona in Senato e emette fattura pagata con soldi pubblici.
Di adolescenti che imbracciano uno strumento e cantano di figa, depressione adolescenziale, draghi e spade e splatter e tutto il resto con gli ampli sull’11 ce ne saranno finchè esisteranno gli adolescenti, anche se non diventeranno miliardari come i Genesis.
Non c’è di che preoccuparsi.
No che non si può, Frangime’, ma andrebbe spiegato a tutti i chitarristi della PFM e a tutti quelli che ancora ragionano allo stesso modo. Che sono troppi. :)
Non c’è ragione di cui preoccuparsi. Infatti il preoccupato è Mussida, mica noi!
Mi chiedevo, sarà mica che Mussida ha ucciso Sara Scazzi e sta cercando di sviare l’attenzione dei media?
Se si scoprisse che Mussida in realtà è un negro ricoperto da pelle sintetica stile Visitors, allora la cosa potrebbe anche essere probabile. Per ora mancano sufficienti elementi a sostegno di questa pur pregevole ipotesi.
Spiegargli un bel paio di balle. Se non l’ha capito lui, con il mestiere che fa e l’età che ha, non c’è speranza.
A me vengono in mente 3 provvedimenti da prendere immediatamente:
1) Proibire e punire con la garrota le cover-band
2) Bandire dall’Italia chiunque abbia ricevuto una recensione positiva di Mollica
3) Provare a suonare con la pupù spalmata sulla testa come faceva JJAllin, che tu hai opportunamente ricordato (non so se funziona ma sono curioso di vedere come sarebbe sul testone bianco di Mussida)
Approvato.
Non vorrei sembrare troppo pessimista, ma secondo me la situazione del mercato musicale italiano è troppo deteriorata per essere recuperabile, cosa può fare oggi un musicista che vorrebbe emergere, stretto tra il martello delle vecchie cariatidi (che pure a me non dispiacciono, come ad es. la PFM) che vendono qualsiasi cosa pubblichino e il martello del realitame vario che sforna porcate usa getta per ragazzini/e minus habens?
Salutoni, Karakitap
Una rondine non fa primavera, ma prendi l’esempio degli Arcadia, una buona formazione metalz nostrana. Qui in patria non c’è trippa per gatti? Bene, loro si fanno il culo ottagonale suonando all’estero!
Bellissimo post: avevo letto anch’io il pezzo e mi stava venendo l’orticaria.
Due cose dalla mia esperienza trentennale personale di musicista batteraio:
il live e’ il futuro come dici tu e gli altri: qui in UK i musicisti sono felicissimi di fare meno cd e suonare dal vivo, perche’ suonare dal vivo e’ quello che i musicisti vogliono per tutte le ragioni che hai giustamente elencato.
Senza contare che il circuito live e’ essenziale per rinnovare l’humus delle band e naturalmente per la qualita’ che viene proposta al pubblico.
Io ho cominciato a suonare nel 1980 quando in Italia una band doveva contare sulla Festa dell’Unita’ e la famigerata “serata per i giovani” per debuttare…
A mio avviso uno dei grossi problemi italiani e’ sempre stato la mancanza di un circuito live dove “svezzare” le band.
Infine, come ha detto Sciuscia e qualcun altro: ABOLIAMO LE COVER BAND e LE TRIBUTE BAND tipo quelle merdacce che fanno Vasco o Ligabue.
Fra l’altro una cosa indicativa dell’atteggiamento sclerotico che in Italia esiste ancora verso i live: a Londra – parlo per esperienza personale – anche i locali piu’ fichi riservano il venerdi’ sera alle BAND EMERGENTI.
Non e’ difficile debuttare e vieni buttato in pasto alla gente: cosa buona e giusta che crea selezione.
In Italia per suonare il venerdi’ sera con la tua band in un locale fico, se non fai cover e’ praticamente impossibile.
Ste cazzo di cover band hanno creato un circolo vizioso in base al quale il padrone del locale va sul sicuro perche’ fa il pienone, le cover band ci campano sopra e il pubblico e’ contento perche’ sente cose che conosce.
Una vera e propria mafietta.
Questo alla lunga finisce per lobotomizzare il pubblico – pubblico, che a mio avviso e’ IMPORTANTISSIMO per il musicista – che alla fine si adagia su scelte poco rischiose per il suo orecchio e lo anestetizza verso quelle che sarebbero novita’ interessanti.
Ultima cosa: Mussida parla degli assessorati etc etc. La solita’ mentalita’ da dinosauro parasinistroide degli anni 70.
Come musicista affermo esprimo il seguente parere: I CONCORSI E LE INIZIATIVE ROCK DEGLI ASSESSORATI ALLA CULTURA CI HANNO ROTTO I MARONI!
Ne ho fatti decine, non servono a un cazzo e non portano a niente: basta con la cultura assistenzialista dell’assessorato che organizza il concorsino per band della parrocchia.
Quello che serve e’ un circuito live di privati che funzioni, al fine di creare un indotto proficuo sia per la qualita’ della musica, sia per il pubblico, sia per le tasche dei padroni dei locali e dei musicisti.
Mah, secondo me una delle cose che sfuggono è che il mercato del disco è in crisi perchè è inutile.
Le compagnie discografiche sono nate per riprendere musicisti che suonavano live, farci un disco, bene economico in quanto raro e utile, e farci un botto di soldi una parte dei quali andava a coprire il compenso di tecnici e musicisti e costi attrezzature.
Poi in un periodo di ricchezza e prosperità economica (nei paesi sviluppati economicamente che si dicono sviluppati proprio perchè i marmocchi ci avevano le 5000, 10.000, 22.000 – sigh – lire in un pezzo di plastica) coi dischi si sono fatti così tanti soldi che i musicisti potevano pure fare a meno di suonare, ci facevano il disco e via.
Il punto è che il disco è diventato inutile.
Questo è un problema, dato che è tutto iniziato vendendo dischi.
Che te ne fai di un supporto fisico quando c’è l’interwebs che porta tutto quello che vuoi a velocità sbrego e senza spreco di vinile o policarbonato?
Che te ne fai di pagare una casa discografica per incidere un disco quando lo puoi grossomodo fare con un PC qualsiasi con un numero di tracce che pure i Pink Floyd si sognavano e tanti VST free e shareware da rimpiazzare tutto l’outboard di Abbey Road?
Si badi, non sto facendo il rivoluzionario da sedia a dondolo del cazzo che predica per il komunismo e l’informazzione libera: sono fatti.
Un disco è, oggi come oggi, inutile.
La replicabilità infinita l’ha relegato a mezzo tecnico, quando va bene, per registrare, trasferire e riprodurre suoni e immagini. Non ci potete imprimere valore per legge, come per la carta delle banconote.
Fareste prima a stamparvi la vostra moneta, il RIAA Dollar o quel che volete, sperando che qualcuno ve la accetti quando andate dal fruttivendolo.
Giusto? Ingiusto?
Non me ne frega, è così. Il giochino è durato un centinaio di anni, ora è finito.
Questo è il passo uno.
Il passo due non può che passare per la musica dal vivo, ma c’è un’altra considerazione da fare: se stiamo parlando di rock band (e non della filarmonica di Berlino che è grossa, mangia un sacco di tramezzini, richiede grandi spazi, è rara in quanto compete con altre, toh, 20 orchestre al mondo e utile in quanto non sostituibile) c’è molta più offerta che domanda.
Ci sono 40000 stronzi che suonano e 4000 che ascoltano.
La morale è che forse si dovrebbe tornare a suonare INNANZITUTTO per il sublime piacere di farlo, scrivere canzoni sul farsi fare un pompino da Samantah con l’H per ottenere, per lo più, il rispetto degli amici del pub e l’irritazione delle amiche di Samantah, eccetera.
E quei 40.000 stronzi sarebbe bello se se la tirassero comunque di meno e suonassero un po’ ovunque, per la gayna, for the lulz.
Vedrai che almeno una parte di pubblico se sottoposto a tradimento a un paio di incursioni a sorpresa inizia ad apprezzare, fanculo a Ligabue.
Tipo il video di Marilyn Manson di non so quale canzone in cui lui arriva in limousine e irrompe a una festa di marmocchi, attacca l’ampli e alla fine del video si ritrova circondato da zoccole diciottenni che fino a poco prima ascoltavano Giovanotti ansiose di fargli un pompino.
Se ci si riesce a fare pagare per suonare a qualche festa tanto meglio – perchè intendiamoci, se si fa una festa cosa c’è di meglio del metallo fumante che esce dagli ampli e l’headbanging? – ma partire già con l’idea di, in alternativa,
a) Fare i Miliardi ™
oppure
b) Suonare In Saletta Per Sfizio ™
non può continuare.
L’idea è di suonare sempre e comunque per fare incazzare le amiche di Samantha e fare gayna a palate, perchè anche un convento di suore se ci coli un po’ di metallo fumante migliora; poi se hai il culo di fare una carriera da professionista (ed è culo in un settore dove ci sono 23742834789 band emergenti), buon per te.
Ma se aspetti il contratto con la EMI, stai fresco.
Mi rendo conto che a rileggere quello che ho scritto sopra è esattamente quello che dicono i vari Stallman e Perens sullo sviluppo di software, settore che però sta andando ancora forte, quindi probabilmente sono un cumulo di cazzate.
Amen fratello.
Ogni volta che provo a spiegare questo semplice fatto della vita (che nessuno paga per avere quello che può avere gratis) non c’è verso di uscirne illesi.
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la trasformazione che il mercato ha subito e che ha dato molto più potere e responsabilità al singolo musicista
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Amen, fratello.
Per il resto, mi pare che ci siano un sacco di pessimisti qua. Io vivo in umbria, che come saprete è la patria mondiale del roccherròl, eppure negli ultimi dodici anni ho visto quadruplicare i locali con musica dal vivo. Per dire, ogni sabato sera ho la possibilità di vedere almeno quattro concerti nel raggio di venti chilometri. E intendo, escludendo quelli di cover-band.
Per quanto riguarda il suonare il venerdi o il sabato nei locali col proprio gruppo, anche quello ormai è diventato accessibile. E tra i gruppi di miei amici ne conto almeno tre che facciano tour nazionali.
Certo che non fanno i miliardi, e certo che in america sarà molto meglio, ma in confronto agli anni 90 è tutta un’altra storia.
p.s. sono uno che ti scrisse un annetto fa (per complimentarsi) quando scopri’ il tuo blog. Non perdo un articolo, e anche quelle molte volte che scrivi cose con cui non concordo adoro il modo estremista anti-sbroc con cui lo scrivi. Che dire, continua così!
off-topic: mi puoi dire come contattare l’autore di sbarbifuoco? ha privatato il blog e non riesco più a vivere senza leggerlo.
Probabile che tu sia più ottimista perché hai visto la situazione in Umbria migliorare. Qui dove sto io invece c’è stata l’inversione di tendenza e rispetto agli anni ’90 è peggiorato un bel po’, a partire dalla chiusura di un sacco di posti.
Grazie dei complimenti, naturalmente. Basta Con La Droga per ora ha deciso di fermare un attimo i lavori per ristrutturazioni varie, dobbiamo aspettare che si rimetta in moto.
proprio ora che stavo per fondare una cover band di pupo e jovanotti. volevo fare una versione di remix di gelato al cioccolato e sei come la moto. poi purtroppo e’ morto il nonno del portiere e non se n’e’ fatto piu’ niente. peccato, eravamo tutti affezionati a quel topo.
I discografici nazionali meriterebbero di essere buttati dalle barche al largo di Sharm el Sheikh per la loro stupidità, si lamentano da anni e da anni non trovano di meglio che investire tutto su Sanremo per salvare il bilancio ed il proprio ano.
Ma dato che non sono idioti proprio al 100%, sbagliando hanno imparato, e finalmente si sono resi conto che è sulla qualità che bisogna puntare, sugli artisti veri tirati su dalla strada, e quindi ora si affollano ad Amici di MdF.
E’ chiaro che 2 grandi musicisti come V.SKanu e M.Karta non avrebbero potuto altrimenti sfuggire al loro ineluttabile destino fatto di pecore e pecorino (e qualche cantante avrebbero potuto al massimo rapirlo).
Mi chiedo se un giorno vorranno collaborare per fare un disco, magari assieme a Brian Eno o Robert Fripp, i fanz ne sarebbero entusiasti.
@Frangimerda
Frangi, sono assolutamente d’accordo su quel che dici riguardo ai dischi etc etc. Tuttavia non e’ solo quello che fa la differenza e mi sembra che sottovaluti l’importanza del live.
In USA, UK, Germania e Spagna, il circuito live ha sempre funto da volano: tutti vari movimenti, punk new wave, no wave etc etc, hanno visto la luce in locali o circuiti live: per esempio il CBGB e la scena nuiorchese.
Curiosamente un grande storico, Eric Hobsbawn e grande appassionato di jazz, ha scritto anche un libro sul jazz in cui fra l’altro spiega con molta intelligenza come le case discografiche riprendano e rendano mainstream quello che avviene all’inizio in un circuito live: e’ stato cosi’ con il jazz e con il rock.
La prova anche in Italia e’ il circuito dei centri sociali che per quanto faccia enormemente cagare, ha creato il rap italiano e lanciato altri gruppi: un esempio sono i Modena Merda Ramblers.
Lascia stare che e’ musica del cazzo: e’ un esempio ed e’ innegabile.
Guarda, senza tirarmela, ma io sto sul palco dal 1980, ho frequentato la scena milanese al tempo del Virus e del primo Leonka, coi Casino Royale, Vanadium etec etc e poi tutto il resto attraverso gli anni – specie gli anni 90 al Jungle Studio coi Karma, Afterhours etc etc – e ti posso dire una cosa: in Italia il circuito live ha sempre girato a una velocita’ diversa da quello discografico delle major.
Negli anni 80 di locali a Milano che facessero musica live ce n’erano pochissimi: solo il Sorpasso e le Scimmie: ques’ultimo riservato a jazz e blues.
Le cose sono migliorate negli anni 90, ma siamo sempre li’: tutte le stracazzo di volte che volevo suonare un venerdi’ sera in un posto fico o fare quattrini, mi toccava suonare con una cover band.
In USA e a Seattle dove ho suonato nel 93, non era la Sub Pop a fungere da motore al grunge, ma la scena musicale live in locali anche fighi ( tipo il Crocodile) dove tutti potevano suonare perche’ c’era fame di novita’.
La scena live e’ molto importante; internet ha decretato la fine del cd per i motivi di cui parli, ma in UK e USA la crisi e’ solo delle case discografiche, perche’ il settore live – che esisteva da tempo e era in salute – ha raccolto i testimone ed e’ in pieno boom.
Ergo, il live ha sostituito i cd ma lo ha potuto fare in UK, USA e altri paesi, perche’ ESISTE una scena live: cosa che in Italia invece langue, ed e’ per questo che Mussida non ne parla e che c’e’ crisi.
@Frangimerda
Guarda Frangi, tanto per farti capire la differenza: in Italia, il gruppo “emergente” fatica a trovare persone tipo manager o agenzie in grado di gestirlo live o creare “scuderie” di band. Ancor oggi e’ una figura professionale quasi inesistente.
In UK io suono con un gruppo normalissimo eppure a ogni concerto o evento arrivava gente qualificata che si offriva di metterti nella sua ‘scuderia”: lo so perche’ ho fatto tre concerti con una tipa che ha una agenzia e’ che ci e’ venuta a cercare…
Non so se ti rendi conto: io ho suonato trent’anni e sono rimasto traumatizzato: LEI E’ VENUTA A CERCARCI: cosa mai accaduta in Italia.
E le cose erano organizzate bene: contratto, percentuale, alcune semplici regolette di PR che lei voleva che rispettassimo e tutto nero su bianco: lei era felice, noi anche.
E tutto lo sbattimento lo ha fatto lei. Noi siamo arrivati al locale con gli strumenti.
Non e’ solo internet Frangi: e’ una questione di professionalita’ dell’indotto musicale che in UK e’ roba normale anche per una agenzia sfigata mentre in Italia e’ riservata ai fortunati che hanno un contratto discografico.
Quando pensi che in UK puoi fare il musicista e camparci bene anche senza diventare famoso capisci la differenza Frangi.
Non e’ solo internet Frangi, credimi.
Ma tu non capisci Yoss, veramente. Gli anglici sono protestanti e per questo hanno creato il capitalismo e loro mercificano, capisci? Mercificano tutto!
Noi invece no, noi siamo migliori, c’habbiamo la cultura. Da noi chi è che si mette in testa di prendere gli strumenti e andare a suonare per pagarsi l’affitto? Nessuno, perché la cultura non si deve abbassare a fare queste cose.
Da noi ci si mette gli occhiali con la montatura in bachelite e ci si fa crescere la barba e poi si canta contro Abberlusconi e la mercificazione e la tv abberlusconiana. E gli altri devono mantenerti, perché tu sei un intellettuale con gli occhiali grossi e quindi non devi lavorare e sbatterti e prendere la macchina e andare a suonare di fronte alla gente che se gli fai schifo ti fischiano e ti tirano le noccioline come fossi una scimmia, confusi da tutto quel pelo in faccia e dall’apparente fronte sfuggente causata dagli occhiali grossi.
No, un vero musicista se ne sta lì, con lo sguardo perso nella barba, a parlar male di tutti e ad aspettare che tutti paghino 100 euro i tuoi cd, perché la cultura, cazzo, la cultura.
“Da noi ci si mette gli occhiali con la montatura in bachelite e ci si fa crescere la barba e poi si canta contro Abberlusconi e la mercificazione e la tv abberlusconiana. E gli altri devono mantenerti, perché tu sei un intellettuale con gli occhiali grossi e quindi non devi lavorare e sbatterti e prendere la macchina e andare a suonare di fronte alla gente che se gli fai schifo ti fischiano e ti tirano le noccioline come fossi una scimmia, confusi da tutto quel pelo in faccia e dall’apparente fronte sfuggente causata dagli occhiali grossi. ”
Tommy, applauso, anzi standing ovation di 95 minuti. Esatto.
:-)
“Da noi ci si mette gli occhiali con la montatura in bachelite e ci si fa crescere la barba e poi si canta contro Abberlusconi e la mercificazione e la tv abberlusconiana”
Chissà perchè mi è venuto in mente un certo mistico dell’occidente…
Ecco, esatto, dio sparachiodi.
Mi attirero’ un po’ di nocchini sulla nuca, ma intervengo lo stesso anche perche’ non credo di potere fare piu’ danni di quello che ha tirato fuori Giovanni Allevi, o di Ottagono che ha rivogato il Bianconi da Siena.
Il problema enorme secondo me sta nel fatto che tirando a massimizzare il profitto (cosa giusta, ma c”e modo e modo, diobòno…) i discografici e la “scena del musicale” privilegiano robe di semplicissimo ascolto, SIA per quel che riguarda i testi (“amMore-cuore, donna-uomo, e poi si trombaaaaa”… Piu’ o meno i pezzi son cosi’, o -all’opposto- cosa’: “mattone, razzo, facocero ubriaco, e io coi miei probblemi esistenzialiiii”, ovvero parole senza senso affastellate a caso per fare chic), SIA soprattutto per quel che riguarda la musica.
Per ritirare in ballo i Baustelle (ecco, li ho evocati), e’ evidente che i tre tosco-milanesi NON sanno suonare: sperlo lo capisca chiunque.
Ma due tastierine del cazzo qua e la’, una chitarra ritmica del menga e una batteria che a malapena tiene il tempo son piu’ che sufficienti per un 4/4 d’ordinanza, o qualsiasi altro tempo in battere da festino del liceo.
Una cagatina da terzo anno del conservatorio, che pero’ tutti sanno canticchiare sotto la doccia. Soprattutto se ci metti accanto i testi simil-profondi di Francesco Bianconi (che peraltro ha scritto pure un paio di belle canzoni, ma qui hanno influito la statistica e il culo).
Ci sono poi -coevi ai Baustelle- i Virginiana Miller. Da Livorno, suonano da vent’anni e fanno dischi sublimi. In cui la musica ha tempi strani: in levare, dispari, che cambiano molte volte durante il brano. San suonare, i ragazzi, e sul palco danno il meglio senza bisogno di altra gente che gli suona sopra per coprir le loro mancanze. I testi? Beh, chi non li ha letti se li vada a cercare, poi mi rammenta.
Ecco, in Italia abbiamo che tutti conoscono “I mistici dell’Occidente”, mentre “Il primo lunedi’ del mondo” ha venduto ordini di grandezza in meno. Ed entrambi i dischi sono di quest’anno.
Come se ne esce? Col -cristo, luoghi comuni a palate…- passaparola. Oggi l’informazione e’ tutto, e sempre piu’ passa per la rete. Ogni palata di merda su Allevi tirata qui e’ a segno, e si moltiplica per venti. Dopo tre passaggi la palata e’ una VALANGA di merda. Ogni consiglio sui concerti dei Black Rebel Motorcycle Club e’ dato bene, cosi’ come lo spaccio di brani dei Perturbazione davanti le scuole.
Io son fiducioso: alla lunga Tiziano Ferro e’ destinato a stiantare. E con lui tutti i bimbiminkia che ascoltano l’ultima band uscita da X-Factor.
BP
“mattone, razzo, facocero ubriaco, e io coi miei probblemi esistenzialiiii”
HAHAHA questo è di sicuro Vasco Brondi, non ci sono cazzi, bella la prima canzone, carina la seconda, alla terza stai già boccheggiando, alla quarta ti vai a schiantare contro un albero.
I discografici pensano a massimizzare il profitto, ma qui in Italia sono giustificabili solo se lo massimizzassero davvero, come per esempio la De Filippi che vende la merda per cioccolata, ma la vende egregiamente e tanto di cappello (e buon appetito).
Chi durante decenni durante in cui nel mondo c’e stata una marea di roba nuova ha continuato imperterrito ad insistere ad investire sulle canzonette (stesso discorso sui prezzi folli dei dischi) dimostra più che altro ristrettezza mentale, specialmente se nello stesso tempo lancia urla e si strappa i capelli contro la crisi, la pirateria, il governo, il web ecc..almeno tacete e morite in silenzio.
OK, mi spiace che in Italia non ci siano trasmissioni tipo Jools Holland, (prima però qualcosa c’era, ora niente… anche se devo ancora dare un’occhiata ai canali nuovi sul DTV), che i locali e gli spazi siano limitati, che le etichette promuovano tanta robaccia e poca qualità, che si vendano pochissimi dischi, ma nello stesso tempo quando sento che uno come Mussida (fra l’altro degnissima persona) auspica interventi dall’alto per promuovere un fenomeno che da sempre si è originato dal basso (quindi un nonsenso), mi viene un po’ da ridere.
E’ come quando i genialoni immaginano che se al posto di Uomini e Donne al pomeriggio facessero una rubrica letteraria le casalinghe si diletterebbero nella lettura e nell’approfondimento di Proust e Dostoevskij (in realtà si tromberebbero il postino o quello della Eisman).
Una soluzione al problema musicale praticamente non esiste, al giorno d’oggi con il web per fortuna ognuno è libero di interessarsi, conoscere ed apprezzare quello che vuole, quindi ora non ci sono più i limiti imposti di una volta, la scelta sta ad ognuno di noi, nello stesso tempo i gruppi nuovi hanno delle chances in più per farsi conoscere.
Quando ci sarà un’evoluzione significativa dei gusti, il mercato (quello che sarà sopravvissuto) più o meno velocemente reagirà e si sposterà su di un panorama musicale meno schifoso ed effimero, guadagnando anche qualche euro in più, sennò che continuino pure ad ascoltare Povia, chemmefrega.
Ma sì che abbiamo il nostro Jools Holland, è Pino Sco… d’oh.
“mattone, razzo, facocero ubriaco, e io coi miei probblemi esistenzialiiii”
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
HAHDDDHAIAOOOHAHBBAHEEEHASSSAHTTTHAiAHAAAHAHAHAHA
AHADAHDHIHOAOAHABABAEAHASAHAHAHTHAHIHAAAHAHAH
HAHDHADAIAOOOHAHBHBHEEEHASSSAHATAHAIAHAHAAAHAHA
AHADDDHAHAHAHAHABBHAEEEAHAHASAHAHAHAHAHAHAHAH
HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHASSSAHAHAHAHAHAHAHAHAHA
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
Copiaincollo da Wikipedia:
“La verità sul tennis esce nel febbraio 2003 su etichetta Sciopero Records con distribuzione Mescal/Sony. Realizzato con la produzione artistica di Amerigo Verardi, con la partecipazione di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi dei Baustelle come coristi in “Malvivente”, “La Verità Sul Tennis” si presenta come un atto d’amore per quello che Gianni Clerici definisce lo sport dei ‘gesti bianchi’.
Dopo l’uscita di La verità sul tennis i Virginiana Miller cominciano ad allestire il loro Hanimo Studio spinti dall’esigenza di lavorare con calma ai nuovi progetti.
Nel settembre 2006, siglato l’accordo con Radiofandango (costola musicale della nota casa di produzione cinematografica di Domenico Procacci) esce il quinto lavoro Fuochi fatui d’artificio. A curare la produzione artistica è chiamato Marco Lenzi e il fonico è Rino Sassi.
Nel 2009 i Virginiana Miller sono di nuovo in studio per la realizzazione di un nuovo album. Durante una breve pausa registrano, con la produzione di Ale Bavo, una versione di “È la pioggia che va” dei The Rokes per il film “Cosmonauta” di Susanna Nicchiarelli, vincitore del Premio Controcampo Italiano alla 66ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.”
Tu ti rendi conto che ho già il bullshit meter a fondo scala, vero?
Possedendo il disco so benissimo che i Baustelle hanno fatto i cori per un par di canzoni di “La verita’ sul tennis”. I due gruppi sono nati praticamente assieme, e hanno pubblicato i loro primi dischi con la stessa etichetta (Baracca e burattini). Sono poi toscani entrambi, e probabilmente anche amici. Ma fan cose molto differenti, e -lo ribadisco- i Baustelle NON sanno suonare manco per il cazzo.
BP
@BP
“Suonano da vent’anni e fanno dischi sublimi. In cui la musica ha tempi strani: in levare, dispari, che cambiano molte volte durante il brano.”
Be’, se uno non ha un cazzo da dire, non dira’ un cazzo suonando i tempi dispari e in levare.
Non e’ che suonare i tempi dispari e in levare ti fa figo, intelligente e grande artista.
I Ramones facevano 4/4 a palla, non avevano nemmeno mai visto un conservatorio e i Virginiana Miller gli fanno un ricco segone coi loro tempi dispari e il levare.
E ho citato i Ramones per citare un gruppo conosciuto.
Esattamente sotto quel che hai citato c’era scritto che la differenza -rispetto alla scena musicale italiana di adesso- non la fa solo la musica e il fatto che suonano 5/4.
Sulla assoluta superiorita’ dei fratelli Ramone, non posso aggiungere che “Hey, ho, let’s go!”, dopo essermi messo il giubbone di pelle nera.
Ma cazzo, da quando in qua i Ramones vengono da Ladispoli, e competono con i (diocristo) Finley?
BP
Be’, allora siamo d’accordo.
Era solo per ribadire il concetto: un 3/4 di Tom Waits non e’ un 3/4 di Pippo Borracciulli e i Meteors.
@Frangimerda
“Tu ti rendi conto che ho già il bullshit meter a fondo scala, vero?”
Ti amo Frangi. Sappilo.
CaVo, ma non lo vedi che la cosa è reciproca? (cit.)
Tra l’altro, ci ho pensato, facendo un po’ di ragionamento laterale si scopre qualcosa.
Sta succedendo una cosa interessante.
Fino a qualche annetto fa in genere con “preservare la cvltvra” ci si riferiva, solo ed esclusivamente alla cultura cosiddetta “alta”, “highbrow”: l’odioso Manzoni, diciamo, e il maledetto Verdi.
Non alla fantascienza degli anni ’50 o alla musica dei Bitòls – che in origine altro non sono e non volevano essere che musica divertente per ragazzini.
La gente nella posizione e dell’età del Mussida ti impallinava il cazzo se non sapevi il Cinque Maggio del cazzo di merda a memoria e ti faceva prendere lezioni di solfeggio del cazzo bacchettandoti le mani se non riconoscevi le cazzo di tonalità a prima vista dalle alterazioni in chiave.
Premessa: non credo troppo a una gerarchizzazione della cultura, o delle culturE – quella degli adolescenti degli anni ’50, quella dei nobili del ‘600, quella dei punk degli anni ’80, quella degli intellettuali del giappone del ‘500, quella dei negri dei primi ‘900 o quella dei medici del medioevo islamico, credo che tutte abbiano cose interessanti da dire e un intreccio di significati e significaNti che merita di essere compreso, perchè alla fine caghiamo, salvo problemi, tutti allo stesso modo, e cerchiamo tutti di trombare ed essere felici come fine ultimo.
E naturalmente eccezion fatta per Monteculo, i Baustelle, Bianconi e qualsiasi cosa sia sponsorizzata da Mollica.
COMUNQUE, dicevo, qualcosa sta succedendo, o “ha proseguito a succedere” negli ultimi 20 anni: una forma di sostituzione in cui La Cultura Giovanile dei Cinquantenni (Guccini, Battisti) prende il posto de La Cultura Scolastica dei Cinquantenni (Manzoni) nel teNpio della Cvltvra.
L’equivalente del ‘600 di, uhm, Battisti, non era Dowland o Purcell, ma una qualsiasi testa di cazzo che accattonava per la strada, un saltimbanco, un clown di corte, qualcuno che non era certo suggeribile per l’educazione delle giovani fanciulle, che invece oggi si vedono propinare il Guccini sulle peggiori antologie delle medie.
[Su quelle antologie per puro caso a volte c’è anche De Andrè, che per quanto abbia prodotto considerevoli quantità di merda ha sfornato anche perle che non stanno manco per scherzo allo stesso livello di Guccini o Bianconi o Battisti, IMHO.]
Cos’è successo?
Semplice, quelli che comandano oggi sono i C.D. boomers, i primi cresciuti in un certo tipo di società appena nato, una specie di hard reset storico al principio di un’era che si riteneva se non eterna sicuramente lunga diverse generazioni, in cui hanno potuto trasformare in Alta Cultura la musica che suonavano sulla chitarra fumando ganja alle feste.
Dato che tale società si sta avviando verso un periodo di cambiamento non indifferente (tra lo shift del potere economico dall’occidente all’Asia con probabile conseguente esportazione di modelli di pensiero e pratiche orientali, per esempio La Soluzione Al Problema della Sovrappopolazione ™ e la probabile fine dell’era del petrolio che sgorga da pochi metri sotto terra per fare plastiche, fertilizzanti e combustibili a prezzi contenuti) da cui è difficle che ne esca del tutto illesa e immutata non darei troppe cose per scontate.
Come invece sembra fare Mussida, o chiunque stia lì a pensare a come riportare l’industria discografica ai fasti degli anni ’60 in cui si potevano prendere quattro adolescenti di Liverpool che scrivevano gran belle canzoni adolescenziali e trasformarli in idoli di legno, senza accorgersi che stanno accendo fenomeni storici ben più rilevanti sotto i loro occhi.
E mo’ mi vado ad ascoltare i Ramones.
> Premessa: non credo troppo a una gerarchizzazione della cultura, o delle culturE > quella degli adolescenti degli anni ’50, quella dei nobili del ’600, quella dei punk
> degli anni ’80, quella degli intellettuali del giappone del ’500, quella dei negri
> dei primi ’900 o quella dei medici del medioevo islamico, credo che tutte
> abbiano cose interessanti da dire e un intreccio di significati e significaNti che
> merita di essere compreso, perchè alla fine caghiamo, salvo problemi, tutti allo
> stesso modo, e cerchiamo tutti di trombare ed essere felici come fine ultimo.
Chiarisco prima che parta la grandinata di merda: non è banale mito del buon selvaggio, eh. Fanculo ai selvaggi, W la civiltà industriale.
Dico la mia da ignorante musicale (e non solo!).
Una sola cosa ha caratterizzato almeno il 99% di quelli che hanno sfondato negli ultimi 50 anni, cioè da quando la musica come arte è diventata un fattore minoritario della musica come businness:
VENDEVANO MOLTO BENE PERCHE’ERANO FUNZIONALI A LANCIARE UNA MODA, UNO STEREOTIPO IN CUI INCANALARE LA MASSA INCOLTA E DENARODOTATA.
Questo giochino s’è inceppato perchè
la massa era denarodotata > ora con la grossa grisi, le priorità di spesa sono altre
la massa per gli acquisti era ostaggio delle major > ora si scaricano quel mazzo che gli pare
la massa era facile da circuire o, quando mancavano idee, scandalizzare > ora la massa ha sentito per due generazioni tante di quelle fregnacce che non ci crede più ai profeti da palco, e quanto allo scandalo con in media un terabyte di wrestling tra lesbiche sull’hd e un metallaro che si tocca il pacco o lady Gaga non scandalizzano più nemmeno il Papa
Detto questo, ormai è storia ritrita, ogni generazione si lamenta di quelli che vengono dopo e gli tolgono il palco: gli urlatori, i capelloni, i drughè, gli elettronici, i truzzi…
Be, quei fenomeni da baraccone che vendevano milioni di copie ai lobotomi incapaci di gustarsi la musica dei loro padri non sono certo diventati dei dei dell’olimpo musicale perchè sono rimasti in scena per vent’anni e ora hanno l’età per fare contro altri gli stessi discorsi che 20 anni fa venivano fatti contro di loro.
Se hanno le bolas, continueranno a guadagnarsi il pane suonando dal vivo in bettole come hanno sempre fatto quelli fuori dal giro mainstream, altrimenti, be, ora con quasi 100 miliardi di pagine web su internette possiamo ignorarli molto più facilmente di allora!
Ottimo postsz· Condivido.
Vorrei chiudere in bellezza il thread segnalando la sympatica iniziativa congiunta Repubblica-iTunes: Vota l’album e il brano che ti hanno accompagnato nel 2010!
Chi volesse frangersi i maroni con martelli di granito, puo’ andare qui:
http://www.repubblica.it/static/speciale/2010/itunes/index.html?ref=HRESS-1
Chi non ce la fa, sappia che come prima proposta per l’album del 2010 c’e’:
Il Mondo In Un Secondo Deluxe Edition
Alessandra Amoroso
Attenti alla “de luxe edition”, che e’ DIVERSA da quella normale, eh?
BP
Dio tosaerba.