Archive for novembre, 2010


Premessa: la rubrica delle Pellicole Decrittate tratta solo ed esclusivamente di film mai guardati. Si basa sull’assunto che, da pochi elementi tratti dalla cartella stampa (trama, attori, produzione, nazionalità, sponsorizzazione) sia possibile a priori stabilirne pregi e difetti.

Synossi: Marcello e Marina Sinibaldi (anzi, Synibaldi) sono una coppia modello di cinquantenni modello. Lui è architetto, lei è psicologa, hanno una figliuola, Rosa, che fa il liceo classico e sta con un tizio che si sbombarda di canne lunghe come pitoni, da cui comunque si lascia, e poi hanno un fracco di amici professionisti come loro, compagni di studio e università, tutti coi loro problemucci. Comunque questa situazione è solo la premessa perché il vivo del film arriva quando la famigliola Sinibaldi viene invitata, assieme agli amici dei figliuoli (tipo Franci Palla, l’amica di Rosa la figliuola), eventuali loro fidanzati, e a vari altri ospiti, a trascorrere un weekend nella villa di amici sita nella campagna toscana (e dove altrimenti?). Fra gli invitati ci sono pure una coppia di sciroccati tipo un’educatrice d’infanzia e un folle che vuole costringere tutti a guardare Il Settimo Sigillo a stecca. Quando arriva la macchina dei ragazzi, tuttavia, arrivano le sorprese: Franci Palla sta con un negro, Rosa con un vegliardo! Fuoco alle polveri!

Morale implicita: ma tu guarda come ci siamo ridotti. Prima dai il diritto di sedere nell’autobus alle donne, poi quello di votare ai negri, dove arriveremo? Ah, ma lo diceva sempre il nonno, che coi Savoja era meglio, e ti potevi trombare le serve a spregio e se tua figliola tornava a casa con un negro la prendevi a ceffoni fra gli applausi della folla, e se un settantenne voleva piantarlo nell’intestino crasso di una minorenne lo faceva e basta, senza sottoporsi all’umiliazione dello sguardo indagatore dei genitori e di un consesso civile che non riconosce più il diritto di nascita e il valore del sangue reale discendente da Nostro Signore Iddio (e dunque civile un par di coglioni). O tempora, o mores!

Giudizio finale: questo film si situa nell’intercapedine fra fa cagare asini sardi che traportano in salita sotto il sole d’agosto fetide gamelle ricolme di formaggio coi vermi e farebbe suicidare le più orribili schifobestie di Dead Space e non mi sto inventando un cazzo. Roba tosta, io fossi in voi starei lontano, poi non so, eh, cazzi vostri, dio salsa al rafano mescolata truffaldinamente nel caffè.

Foto che non ho scattato io, e che viene da un altro concerto ma dello stesso tour

Sonny Rollins oggi ha ottant’anni, e li dimostra tutti – curvo, claudicante, sembra che il peso del sax tenore possa spezzarlo a metà da un momento all’altro. Attacca a suonare verso le nove e mezzo, in un Europauditorium gremito, e andrà avanti per ben due ore. La band è, grosso modo, la stessa che lo accompagna da tempo: il fedelissimo Bon Cranshaw al basso, Russell Malone alla guitarra (personalmente lo preferisco a Peter Bernstein), Kobie Watkins alla batteria e Mardoqueo Figueroa alle percussioni. L’avvio in realtà non è dei migliori, lo show è aperto da un calypso (che non riconosco ma poco importa), Sonny a volte appare incerto, emette note traballanti e quando prova a squarciare i fraseggi più lenti con sventagliate ad alta velocità sembra a corto di fiato. Speriamo bene, mi dico, e credo che molti dei presenti abbiano avuto pensieri dello stesso tipo. Dieci minuti dopo, a fine brano, gli applausi sono comunque scroscianti, perché vogliamo tutti bene a Sonny. E tutte le speranze si riveleranno ben riposte, perché dal secondo brano, un torrenziale blues tinto di Caraibi dalle pennellate della chitarra di Malone e dal reticolo di percussioni, il Colosso si rivitalizza, il suo fraseggio si fa robusto e sicuro su tutta l’estensione, quei bassi da vaporiera e quegli attacchi taglienti si combinano in mille modi con glissandi e un vibrato quasi subliminale, come un’evocazione del maestro Coleman Hawkins. E’ fatta, ora Sonny si è scaldato e può cominciare a sbriciolare culi con grande generosità e ammirevole scioltezza. La band si coagula in un’onda ribollente di ritmi afrocaraibici su cui il leader può volteggiare a proprio piacimento, libero di prendere i temi e trasformarli, scomporli e modificarli con la sua classe inimitabile, come se li passasse attraverso una serie di specchi deformanti che alla fine restituiscono un’immagine chiara, nitida e bellissima. C’è spazio per una ballad, You don’t know what love is, anch’essa latinizzata e carica di atmosfera, in cui Sonny ad un certo punto suona senza accompagnamento e vola in un uragano di lick e brevissime citazioni che si susseguono senza pause. Ad un certo punto si ferma, si rivolge al pubblico ed esclama “What the fuck am I doing? I don’t know!” e lo dice in maniera tanto spontanea e buffa che ci mettiamo tutti a ridere, così come nel “Oh, whatever!” di pochi secondi dopo. Due i bis, una lunghissima St Thomas e un’ancora più lunga Don’t Stop The Carnival, super funky e trascinante, con Rollins a suonare di fronte al pubblico che nel frattempo aveva lasciato i sedili e si era accalcato a ballare sotto al palco (me incluso ovviamente). Sicuramente il modo migliore per concludere una serata meravigliosa, e la conferma di come una musica tanto complessa, ok, ma anche tanto ritmata e vitale la si goda molto meglio in piedi e liberi di muoversi.

Nel 2010, Sonny Rollins è certo vecchio nel corpo, ma lo si nota solo quando cammina e si muove. La sua mente è ancora lucida, però, ed è capace di dar vita a spettacoli di livello siderale ancora oggi. Sonny Rollins è uno degli ultimi titani di un’era ormai tramontata. Tornasse fra un mese ci riandrei. E chi non ci va, il budello di su’ ma’.

Le guerrigliere postatomiche, con il tuo digiuno, ci si spazzano il culo.

Da Facebook si apprendono fatti di cronaca e notiziuole che di primo acchito sembrano emerite stronzate, poi leggi meglio e sì, sono emerite stronzate, e quindi hai perso tempo a rileggere meglio. Voglio però educare il lettore al raziocinio e porlo di fronte ad un caso di coscienza, invogliarlo a mettersi nei panni altrui per vedere il mondo come lo vede l’altro, come dice la voce narrante di Scout sul finale di Il Buio Oltre La Siepe.

Prendete un Direttore di Qualcosa. Si trova nella condizione di dover assumere una persona. Ci sono due candidati, X e Y. X è lì, precario, da tot anni. Y fa l’apprendista da uno. Qual é in criterio da utilizzare?

a) Scelgo il più bravo.
b) Scelgo quello che è lì da più tempo.

La scelta non è affatto banale. Voi volete che il vostro Qualcosa funzioni al meglio, e nel momento in cui qualcuno del personale fa le valigie è vostro interesse che il suo sostituto non lo faccia rimpiangere. In tal caso, in prospettiva, Y è il cavallo vincente. Ciao X, cioè continua pure, ma non ti assumiamo perché Y è più bravo. Si tratterebbe di un caso di meritocrazia applicata, quella che si invoca a gran voce ogni 3×2 che in Italia non c’è, eh, quindi non vedo perché fare tante tiritere. A questo punto bisogna capirci:

a) E’ meritocrazia, contemplo l’esistenza di qualcuno più bravo & meritevole di me.
b) E’ meritocrazia se mi si premia e raccomandazione se mi si esclude.

Perché se seguendo questo confuso post hai scelto per due volte la lettera b, caro lettore, è molto probabile che l’idea di una persona adulta che mette in vetrina su Twitter i propri scioperi alimentari 2.0 ti sembri lo specchio delle condizioni in cui versa la società e quindi dobbiamo fare qualcosa sbroc sbroc.Cioè sei X o la pensi uguale. Quindi vai un po’ a fare in culo, va’.

Avetrana, provincia di Fulcro (MI). Da mesi, ma che dico, settimane, l’Italia è tenuta sul filo dalle torbide vicende di questi freak del cazzo poveri villici costretti a subire l’ignominosa protervia stupratrice e assassina del sig. zio della Sarah Scazzi. Per riepilogare la vicenda, su cui non è bene speculare nè fare ironie, capito, teste di merda?, Sarah Scazzi è sparita e poi l’hanno trovata sbudellata in qualche topaja forse con segni di stupro forse no, fatto sta che tempo due secondi d’interrogatorio poi lo zio ha confessato tutto fra le lagrime, sono stato io dio merda, diceva, sono stato io dio zucca. Zio che all’inizio collaborava con le indagini eh, ma siccome la sua figliola nonché cugina di Sarah Scazzi ci collaborava ancora di più e compariva pure in tv, allora gli inquirenti hanno giustamente dedotto che vedrai la cugina c’è coinvolta ancora di più, e infatti che viene fuori? Ah-ah! Vedrai è stata lei, e quel mutante di suo padre cercava di proteggerla! Ma negli ultimi sopralluoghi, dopo aver iscacciato via a fucilate giornalisti, villici, curiosi e pellegrini, sempre gli inquirenti si sono imbattuti in una pista nuova e inquietante. Difatti, nella lurida baracca ove giaceva il corpicino pallido e senza vita della Scazzi, sono stati trovati per puro accidente oggetti di natura sospetta, prima mai visti nemmeno di striscio nonostante le vistose sembianze, che ammantano la vicenda di toni ancor più foschi e torbidi: un mascherone africano, un perizoma di bisonte, una clava di pietra, resti di gallina spennata e sangue di gufo. E’ stato il nuovo testimone, che però ci tiene a restare anonimo e di cui quindi non diremo il nome nè pubblicheremo alcuna foto, a indicare i misteriosi resti agli inquirenti.

Masaniello Crosta, il supertestimonio

Sembrava molto strano infatti che, in un simile abominevole spaventoso addiacciante delitto non fosse presente una qualche eterodirezione, dal momento che in Salento sono tutti buoni e passano le giornate a ballare la pizzica incuranti dei mali del mondo, convinti che sia meglio sorridere e dare esempi positivi e gioiosi al fine di alimentare le speranze. Abbiamo chiesto ad uno dei più noti esperti di psicologia criminale, B. Vespa, di ricostruire il delitto alla luce dei più recenti ritrovamenti. Ecco cosa ci ha detto: “E’ lecito presupporre che cugina e zio di Sarah Scazzi abbiamo preso Sarah Scazzi e l’abbiamo uccisa percuotendola ripetutamente con una coda di scoiattolo secca ed uno stoccafisso, dopodiché ci abbiano sgommato sopra col motorino mentre sparavano con una Colt P.38 ai cartoni di Tavernello che lo zio di Sarah Scazzi era solito tracannare prima di rientrare a casa, quel finocchio. A questo punto, però, occorre porsi una domanda ulteriore: possibile che ogni dettaglio, seppure in apparenza confermi tutta la ricostruzione, non nasconda un altro livello di dettaglio? Possibile che gli Scazzi che hanno ucciso la Scazzi non abbiano in realtà agito sotto un controllo mentale, sotto la direzione di un soggetto esterno sicuramente malwagyo? Ebbene, la risposta arriva tuonante come un colpo di spingardino (o bombarda): SI’, è possibilyssimo, perché l’umana abiezione non ha alcun limite!” ha concluso l’esimio sig. Vespa fra le lagrime. A questo punto la parola passa all’ispettore Grisso dei Servizi Segreti.

L'agente Grisso dei servizi segreti

I nuovi reperti (ripetiamo: un mascherone africano, un perizoma di bisonte, una clava di pietra, resti di gallina spennata e sangue di gufo) sono stati analizzati da Grisso con tecniche all’avanguardia, come la prova del pistone, la stretta del cobra, il laser spaccascuregge e la raccolta differenziata delle feci. Esaminando impronte digitali, frammenti di sterco, cosi di dna, lì, ceci e pinoli, Grisso ha potuto redarre un per ora approssimativo identikit del vero colpevole:

Si tratterebbe di Kekumba Bonga, di anni 98, professione stregone vudù e chiaramente malwagyo attentatore de’ buoni costumi degl’italiani che egli vuole corrompere per far dell’Italia il suo regno privato di deboscia e putridume, come già Saruman con la Contea. Stando a Grisso, laureato in antropologia tra l’altro con una brillane tesi intitolata Gli Aberranti Costumi dei Negri, mascherone africano, mazza di pietra, perizoma di bisonte, penne di gallina e sangue di gufo sono gli ingredienti fondamentali per il rito del Mabongo Tikombo, che permette allo stregone di aprire i pinoli senza usare i sassi e addestrare i pellicani. E’ evidentemente stato lui a controllare le volontà della cugina e dello zio di Sarah Scazzi (vai a sapere te quel che possono combinare questi negri col loro vudù!), dopodiché ha pure replicato con minuziosa perfezioni le loro impronte digitali sui suoi stessi oggetti quasi per far credere agli inquirenti che lo zio e la cugina di Sarah Scazzi (scusate la ripetizione) avessero tentato di incastrare un negro disponendo a bella posta tipici oggetti da negro, ma non ha fatto i conti, quel negro, con la superiore tecnologia degl’inquirenti. E così la sdegnata popolazione di Avetrana ha preso Kekumba Bonga, e stasera in prima visione potrete assistere in diretta alla sua decapitazione in piazza, officiata dal Sindaco, con lama benedetta dal vescovo Gargiulo Badalassi.

Opliti del Bene soccorrono la Democrazia nella classica formazione a falange

Sì, unisciti anche tu agli Opliti del Bene. Essere un Oplita comporta numerosi vantaggi e offre ghiotte occasioni per esibire il proprio meritato prestigio sociale, fra cui spiccano la Pugna Eterna per la Salvaguardia della Democrazia e pure la partecipazione ad Iniziative di Solidarietà. Dette Iniziative sono essenziali perché permettono all’Oplita di impegnarsi nel supremo compito dell’educazione, o meglio ancora della paideìa, del prossimo, spesso un sottosviluppato subacculturato da recuperare. Mediante la Condivisione su Facebook e l’Ostensione di SiNboli, il vero Oplita del Bene è in grado di rifulgere come esempio di virtude per ricacciare il Male con infamia nelle catacombe da cui è venuto. Forte di corpo e d’ingegno, ardimentoso nella pugna, gentile con gl’inermi, manesco co’ pettoruti (no, qui Chloe Vevrier non c’entra), l’Oplita del Bene è vanto della società democratica, nonché l’unico legittimo faro e corpo costituente delle medesima.

Opliti del Bene in cerca di viscide emanazioni del Nemico fra le carcasse degl'alluvionati e de' derelitti

Fedeli al motto Not sempre regio est in modo atque vale deo cane semel in anno igitur caccolae, in servizio attivo 24 ore su 24, gli Opliti sono spinti dal loro rigore morale e dal loro senso civico. Moderni prosecutori della pratica della selezione spartana, onde per cui i meno adatti alla sopravvivenza debbano essere eliminati al fine di fortificare la Stirpe più atta alla salvaguardia della Democrazia, gli Opliti pattugliano mari e monti, carta e interwebs, al fine di trovare il debole e sopprimerlo affinché il suo Seme non contamini il suolo delle italiche lande: infetta la Democrazia oggi, infetta la Democrazia domani col contributo de’ deficienti, e vedrai che bella fine, sì! E dunque, ove il Suolo Patrio (o Patrìo?) sia colpito da sciagura e catastrofe, gli Opliti si adoprano subito per portare soccorsi a’ bisognosi, purché atti all’agone della Democrazia: ergo, qualora fra i sopravvissuti delle catastrofi si trovino, feriti e urlanti fra le macerie con avvoltoi capovaccai e jene che ne dilaceran le membra, esponenti di un’Italia non sufficientemente democratica, è dovere dell’Oplita porre fine alle loro sofferenze. Nel caso sia impossibilitato a raggiungere la zona del disastro, poi, l’Oplita bene fa a lasciar che la natura faccia il suo corso, ché fra i morti ci sarà di sicuro qualcuno che se lo merita avendo votato dalle Parte Sbagliata alle ultime elezioni.

Opliti del Bene si apprestano a riempire di virili manate esponenti della c.d. Lega, curiosamente simili a negri

E così non stupisca se molti Opliti non prestano particolare attenzione, in questi giorni, agl’alluvionati del Veneto, quantomeno non in strepitante misura quanto ai tempi del terremoto aquilano. Caso volle infatti che il Veneto fosse una regione ricolma di Evasori e Leghisti, poco adatti a vivere in Democrazia in quanto per loro natura abietti, vili, ripugnanti. E dunque, com’é ovvio e giusto, gli Opliti han preferito lasciarli al loro destino di morte per avvicinare vieppiù l’Italia alla Democrazia. Sic et simpliciterz. Le loro nobili azioni e i loro pensieri sono rivolti alla Meretrice di Rabat e alle trame bizantine escogitate dall’Oscuro Signore di Arcore per precipitare la nostra Nazione bella negli abissi della putreolenza e dell’infamia. E dunque, volgendo lo sguardo al Sole, siate grati agli Opliti del Bene: i loro sagrifizi li fanno per voi, teste di cazzo coglioni mongoloidi, ma proprio non ci arrivate, eh, caproni analfabeti rincoglioniti dalla tivvù, vero, dio fagiano con la polenta? Ma andatevene in culo, dio ape…

Uscito nel 1956, Stella Doppia è uno dei più bei romanzi di Robert Heinlein, nonché di conseguenza una delle cose migliori che possiate leggere. Vi riporto la storia copincollando da Wikipedia, che si fa prima:

In un non precisato futuro Lawrence Smith, in arte “Il grande Lorenzo”, squattrinato attore di talento, incontra uno spaziale in un bar. Si intravede la possibilità di un ingaggio ben retribuito, ma in un turbinoso precipitare di eventi si trova coinvolto in una sparatoria, costretto a occultare cadaveri (tra i quali, uno di un marziano) e a scappare su Marte. Allora viene a conoscenza del suo compito: impersonare l’uomo politico più importante del momento, Joseph Bonforte, il quale è stato rapito da una ignota organizzazione, proprio poco prima di un evento di portata storica. Bonforte, infatti, ha deciso di farsi adottare dal Nido di Kkkah, una delle tribù degli indigeni marziani, per dare un segnale forte della sua politica illuminata di apertura alle altre razze non umane, e alla abolizione della schiavitù. Lorenzo, costretto ad accettare dalle circostanze, riesce in brevissimo tempo, grazie alla notevole somiglianza con Bonforte (per cui era stato scelto) e le sue doti artistiche, a imitarlo perfettamente. Nessuno si accorge dello scambio quando partecipa alla complicata cerimonia marziana (i marziani hanno un forte senso delle formalità, alla maniera della antica civiltà giapponese). Bonforte viene ritrovato in pessime condizioni fisiche, drogato con sostanze che potrebbero recargli gravi danni psico-fisici. La convalescenza di Bonforte si preannuncia lunga e Lorenzo è costretto sostituirlo ancora. Inoltre, il governo in carica, con una mossa imprevedibile, si dimette e indice nuove elezioni. Si deve formare un governo provvisorio, che, come da tradizione istituzionale, viene affidato al capo dell’opposizione, Bonforte, appunto.(CUT sul resto per evitare spoiler)

Come ogni libro del grande scrittore americano, vi conviene comprarlo sull’interwebs. E come ogni libro del grande scrittore americano, ha un sacco da dire, in maniera esplicita e implicita. Sono diversi i temi che si intrecciano e fanno da sottotesto: razzismo e integrazione, il rapporto fra l’artista e la sua creazione, il sacrificio di sè stessi, il concetto del doppio, la rappresentazione mediatica del mondo politico – il tutto narrato con scioltezza, disinvoltura, nel classico stile asciutto e incisivo di Heinlein, con un tono da commedia brillante che salta agilmente ad un registro quasi epico verso la fine. E’ proprio la rappresentazione mediatica del mondo politico che mi interessa, in questo post. Come avete letto sopra, lo staff di John Joseph Bonforte recluta un attore per impersonare il capo durante un’importantissima trattativa che verrà trasmessa in mondovisione. Lo staff non si fa grossi scrupoli – deve ingannare il mondo intero, fare una cosa sporca, per non perdere terreno. Andando avanti nella lettura vediamo le progressive metamorfosi dello scenario politico, e le metamorfosi interiori del protagonista. Che non sono affatto di poco conto: all’inizio del libro, Smith è un simpaticissimo guascone, un furbastro, una persona comunque meschina, mediocre, profondamente razzista e un po’ ignorante. Lo scollamento fra immagine proiettata e realtà è già enorme, perché la gente (umani e marziani) crede di ascoltare le parole di quell’uomo che aveva sempre sostenuto la causa dell’integrazione e del reciproco scambio economiculturale fra i due mondi, mentre in realtà a pronunciarle è un guitto in rovina, razzista e ignorante, che si presta alla sceneggiata per un modesto consenso. I datori di lavoro se ne fregano del fatto che Smith sia una persona mediocre: loro vogliono la performance di un grande attore, e Smith ai suoi tempi era uno dei migliori. Se ne fregano anche dell’inganno perpetrato: la cerimonia marziana è troppo importante per mandare tutto all’aria dopo mesi e anni di avvicinamenti al Nido di Kkkah.

Cosa possiamo dedurre da tutta ‘sta pappardella, ora. La prima è che se hai bisogno di un professionista per qualcosa, deve innanzitutto essere bravo in quel che fa. E’ ovvio. Se vi doveste operare per una cosa seria, e la scelta fosse fra il miglior chirurgo della regione che è pure massone, puttaniere e raccomandatore, e il chirurgo normale dell’ospedale di Pontedera che è-tanto-una-brava-persona, scegliereste tutti il primo e di corsa. Dal punto di vista artistico le cose non cambiano. Mino Reitano era una bravissima persona, Miles Davis un emerito stronzo, tuttavia il genio è il secondo. Di conseguenza, vita privata e vita professionale sono due entità separate e indipendenti. La brava persona che è anche un bravo artista/professionista in quanto puro di cuore è un’idiozia romantica, e per chi ragiona così Darwin riserva brutte sorprese. Se spostiamo il campo d’azione alla politica, è un campo sporco in cui l’anima candida di belle intenzioni è destinata a soccombere. Dak Broadbent e il resto dello staff di Bonforte lo sanno bene, e lo si evince dalle loro azioni: meglio imbrogliare tutti e portere a termine un progetto di grande importanza. A fare i candidi sarebbero stati spazzati via. Anzi, nei primissimi capitoli sono costretti a compiere un omicidio con tanto di occultamento di cadavere per riuscire a scappare con Smith senza essere visti dalle autorità spazioportuali, visto che ufficialmente si trovano da un’altra parte.

E poi, l’immagine. La recita convince, tanto quanto il Bonforte originale alla fine convince Smith a proseguire, in una sorta di strano Oruborous. La recita convince il pubblico, l’eredità di Bonforte è sicura, il politico scomparso continua ad esistere con la recita. L’immagine vale più di mille parole.

Applichiamo tuttu quanto alla logora, stantia vicenda Abberlusconi con le puttane. L’immagine di Abberlusconi è quella del gaudente riccone a cui i comunisti voglioni impedire di lavorare. E funziona almeno al punto da procurargli un numero consistente di elettori, anche perché come già detto più volte gareggia da solo vista l’inconsistenza degli avversari. Beccato a puttane per la terza volta, ne uscirà come le altre due – solo gli idioti di Repubblica etc. sono convinti del contrario. Perché? Credo che la forma politica originale dell’Italia sia la signoria, che è sopravvissuta fino ad oggi in maniera ufficiosa. Abberlusconi e la popolazione stabiliscono un legame da signoria, più forte di qualsiasi indignazione e qualsiasi moralismo che fa tremar le sottane delle vestali culturalesche. Abberlusconi è dunque un buon politico? Manco per il cazzo, perché abusa di una posizione di potere (conquistata legittimamente, fra parentesi) per i cazzi suoi e facendo ben poco per il benessere della popolazione, che a casa mia dovrebbe essere l’obiettivo ultimo di un politico serio, che dovrebbe essere sufficientemente privo di scrupoli per usare tutti i metodi sporchi necessari per perseguirlo. Se l’immagine è quella giusta per vincere le elezioni e governare (lo dicono i risultati, non io), mancano volontà o capacità o entrambe per il resto, a differenza del Bonforte heinleiniano. Fine.

Tutto il resto è una manica di minchiate che hanno già consegnato l’Italia postberlusconi ad una manica di carampane pudiche. E siccome c’è stata la battuta sui gay e la ricorrenza dei 35 anni della morte di Pasolini, voglio far notare come PPP avrebbe quasi sicuramente sorriso e approvato le prodezze sessuali del satiro di Arcore, consumate in barba al perbenismo cattoborghese strillato dai media di oggi. Ahr ahr ahr.

« Questa mia professione non è poi male. Il lavoro è facile, la paga è buona. Inoltre fornisce un’invidiabile sicurezza per il futuro… se si esclude il rischio di qualche rivoluzione. Vengo da una famiglia che ha sempre avuto fortuna in queste cose. Però la maggior parte del lavoro è noiosa, e la potrebbe fare altrettanto bene un qualsiasi attore d’avanspettacolo. »

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: