Playa de Las Americas è la capitale turistica di Tenerife e, di riflesso, delle Canarie tutte. E’ singolare come sia nata, cioè dal niente nell’arco di una trentina d’anni. Sorge su un aspro suolo vulcanico, inadatto alla coltivazione e punteggiato lungo la cosa da pochi villaggi di pescatori. Questo era l’aspetto della costa, cioè, finché un imprenditore spagnolo non ha avuto l’idea di comprare quel terreno inutilizzabile e lottizzarlo a fini turistici: nasce così Playa de Las Americas, come radicale trasformazione antropodiretta delle brulle distese di terreno che circondano il villaggio di Los Cristianos (anch’esso destinato ad un rapido e radicale cambiamento). E’ la meta turistica preferita per chi va a Tenerife, perché c’è davvero di tutto. Alberghi e residence di ogni tipo e livello si susseguono senza sosta, alternandosi a negozi, ristoranti, boutique, piccoli centri commerciali e così via, sulla costa come sulle colline. Tutto è ben costruito, ordinato, pulito, ben raggiungibile a piedi o coi mezzi pubblici, e le cose costano poco rispetto a qui. Una delle mosse più azzeccate e intelligenti è stata la creazione di una passeggiata di circa otto km priva di barriere architettoniche che percorre tutta l’area costiera. Ovunque voi siate potete raggiungere a piedi tutte le spiagge e le zone, fermandovi a riposare nella miriadi di localetti e ristoranti, oppure curiosando fra i negozi, o ancora svolgendo semplicemente attività aerobica a piedi, in bici, in rollerblade, in skateboard etc.

Se, partendo dall’estremità sudest di Playa de Las Americas, decideste di camminare per circa cinque km verso nordovest, finireste a Playa del Duque, una spiaggia meravigliosa cui questa foto qui sopra non rende giustizia veramente per un cazzo. Sono molti i motivi che la rendono spettacolare, e il minore è la bellezza del mare, perché quello è bello su tutta l’isola. Playa del Duque appare quasi all’improvviso dopo aver girato attorno ad una bellissima scogliera su cui si trova una villa bellissima, quasi intagliata nella scogliera stessa. Detta villa, assieme agli altri eleganti, variopinti, piacevoli edifici che si affacciano sulla passeggiata, dona un non so che di esotico e alieno alla spiaggia, tanto che sembra presa di peso da qualche racconto di Jack Vance e dunque da 1 a 10 è figa 11 solo per questo.

Come su tutte le spiagge di Tenerife, la balneazione è liberissima. Tuttavia per chi volesse ci sono ombrelloni e lettini da affittare per un prezzo giornaliero davvero modico. Gli ombrelloni, larghi e ricoperti di paglia, ben distanziati gli uni dagli altri, invitano subito ad un bel riposo all’ombra; tuttavia sono i lettini a meritare un elogio smisurato, perché al mondo non ho mai provato mai niente di così comodo, confortevole, rilassante, piacevole. Morbidi il giusto, larghi a sufficienza, solidi eppure leggeri, si adattano perfettamente a qualunque schiena e postura e il materasso beige si intona con la sabbia senza disturbare subdolamente l’occhio con l’emissione di riflessi cromatici mentre si è intenti nella lettura, nella bevuta, nella mangiata o in altre attività di capitale importanza – ehi, ora che ci penso non ce ne sono mica altre. Spira sempre un vento carezzevole che, a venticinque gradi di caldo secco, rende la permanenza a Playa del Duque davvero memorabile, assieme al fatto che un paio d’ambulanti vendono deliziosa frutta fresca e bibite ghiacciate – questo significa che non devi neppure interrompere la degustazione del lettino per poterti rifocillare & dissetare. Credetemi, se amate l’ozio non c’è niente che possa superare la convergenza di piaceri offerti da Playa del Duque. Parola di uno che è diciottesimo dan nella posizione yoga della Balena Spiaggiata.

Sento già i mugugni di alcune persone, quelle di scarsa intelligenza e modesto acume. “Oh, ti vieni a vantare.” “Sentilo lì che fa il guappo.” “Sbroc sbroc.” Invece no, cari i miei mongoloidi. Il punto è: data la paradisiacità estrema di Playa del Duque, essa deriva in parte da fattori naturali, in parte dall’intervento umano. Intervento che ha modificato, cambiato, alterato geografia e paesaggio ove necessario al fine di massimizzare l’esperienza totale termonucleare che è lo svacco olimpico. Possiamo riassumere:

1) Playa del Duque è un bene;
2) PDD è un bene grazie all’intervento umano che ne ha alterato la natura;
3) Alterare il paesaggio, la geografia, la natura è giusto almeno quanto la medicina e tutto il resto, altrimenti tutta questa evoluzione sarebbe buona per pulircisi il cazzo.

Da questo deriva, necessariamente, che:

4) Se è un bene intervenire su ciò che è esterno da noi, a buon diritto è ancora meglio intervenire su di noi. E intendo in questo modo la via della genetica, della bioingegneria, della cibernetica, della ricerca sulle staminali e di tutto quanto intervenga sull’umano per migliorarlo e spingerlo oltre i suoi limiti naturali, quegli stessi limiti che renderebbero Playa del Duque una delle tante spiagge rocciose e aguzze dal bel mare che ci sono per Tenerife e per il mondo.

E quindi, chiunque venga a sostenere che dobbiamo fermarci no sostituirci a Dio sbroc sbroc va preso a pigne nello sterno. Playa del Duque è la dimostrazione che si può e si deve andare avanti a modificare noi stessi per rendere sempre più piacevole la nostra vita. Chi si troverà al di qua del biogenetic transgenic cybernetic divide per questioni filosofico-religiose-sbroccotroniche finirà per fare la fine del topo. Ed è logico, fa parte di quell’evoluzione che taluni negano con protervia, affidandosi magari alle boiate di Harun Yahya. Negare l’evoluzione significa negare Playa del Duque. Ma siccome Playa del Duque esiste, Harun Yahya vada a pigliarsi pingoni in culo all’ingresso della FI-PI-LI vicino Pisa, e lo stesso faccia chi ne segue la dottrina.