In occasione dell’ultimo festival di Sanremo abbiamo potuto ascoltare la più orribile creazione musicale dai tempi della nascita dell’onda sonora. Mi riferisco, naturalmente, a Italia Amore Mio. Disgustosa e inqualificabile sotto ogni punto di vista, vanta anche un team creativo/esecutivo di inenarrabile raccapriccio: fatto salvo il tenore mai sentito dire prima, tuttavia colpevole di collaborazionismo, detto team vanta due pezzi da novanta della merda quali Pupo ed Emanuele Filiberto. Verrebbe da chiedersi, perché Pupo, essere ignobile e musicista/cantante di risibile levatura nonché buono giusto per collaudare fruste, ed Emanuele Filiberto, nullità delle nullità con un certo appealsz mediatico raggranellato a stento grazie a ritorno in Italia, comparsate in trasmissioni derelitte e imbarazzanti servizi fotografici? In apparenza, la cosa è totalmente senza senso. Esaminando la vicenda personale dell’orrido Pupo, però, il mistero potrebbe dipanarsi un minimo. La storia è nota: il cantante aretino, antipatichetto e mongoloidetto, inanella una serie di immeritati successi quali Gelato al Cioccolato e, peggio ancora, Su di Noi, quella che ogni volta che la passano c’è sempre qualche testa di cazzo nei paraggi che fa quell’aria tipo graaande Pupo anniottanta! e scandisce il ritmo col pugno al cielo, sapete mica chi è quella testa di cazzo, dio rigno, lo vorrei riempire di stiaffi. Dicevo, Pupo avrebbe fatto un sacco di soldi, ma purtroppo s’è disintegrato tutto al giuoco, e così fu iscacciato con infamia dal Paradiso. Ad un certo punto è riuscito a risalire la china, visto che è tornato in tv e ha pure condotto qualche trasmissione. La seconda chance, a Pupo, gliel’ha data di sicuro qualche amico nel mondo dello spettacolo. E la nefanda nefandezza con Emanuele Filiberto ha probabilmente una sua ragion d’essere di tipo politico-appoggistico: guadagnarsi i favori di un qualche tipo di cricca filomonarchica e paleoconservatrice intenzionata ad appoggiare una candidatura savoiarda. O qualcosa di simile. Roba da diti in culo e pugni sul cazzo? Certo, ma esemplificativo di un meccanismo basilare dell’umanità: la formazione di cricche di potenti che attirano parassiti e wannabe vari.

Ha dell’incredibile come questo meccanismo, parte integrante dell’algoritmo del comportamento umano codificato nel dna, susciti ogni volta delle riprovazioni sdegnose come se fosse esploso un qualche bubbone pestilenziale di cui nessuno era a conoscenza. La lettura dei capolavori di gente come Frank Herbert o James Ellroy dovrebbe fornire un modello interpretativo sufficientemente solido di questa realtà. In Dune, ci sono varie gruppi di potere in contrapposizione fra di loro: Atreides, Harkonnen, Fremen, Bene Gesserit, Impero. La machiavellica macchinazione narrata da Herbert ci mostra un universo dinamico di potenti entità in lotta. Alleanze ed equilibri si fanno e si disfanno, trame nascoste si incuneano in altre più alla luce del sole, altre sfuggono di mano e costringono a rivedere i piani. Nella Trilogia Americana (American Tabloid, Sei Pezzi da Mille, Il Sangue è Randagio) di James Ellroy i protagonisti sono pedine, volontarie o meno, di una complessa partita a scacchi fra potenti: governo, mafia, sindacati, grandi imprenditori, FBI. Personaggi come Santo Traficante, Jimmy Hoffa, Howard Hughes, i Kennedy o John Edgar Hoover restano sullo sfondo rispetto alle vicende dei protagonisti, eppure la rete di rapporti reciproci fra queste entità, l’evoluzione stessa di questi rapporti, la loro propagazione via stampa con relativo feedback nel sentire comune dà il via ad un’epocale catena di eventi non sempre prevedibili e quasi mai controllabili. Da notare che questi libri stupendi li hanno letti in milioni di persone, ma è evidente che tutto sommato vengono presi per robetta, le cose serie sono sempre altre – beh, spiacente, non avete capito un cazzo.

Per molti è dunque inimmaginabile, incredibile, incommensurabile e inamovibile che i potenti si associno e si riuniscano (e si litighino, cosa che piace dimenticare) in alleanze di varia durata. Che dette alleanze prendano pittoreschi paramenti e ridicoli linguaggi esoterici come la classica Massoneria, che si riuniscano in costosi hotel transennati come il c.d. gruppo Bilderberg (che non ha niente di segreto, si sa chi partecipa), che si trovino a cene, feste, occasioni mondane o fra le quattro mura di una villa o di un attico romano, la sostanza non cambia. Queste persone, appartenenti a diversi gruppi (politici, industriali, sindacali, edili, energetici, imprenditoriali, editoriali etc etc), formano gruppi e alleanze di variabile durata per combattere altri gruppi di persone dello stesso ambiente. Fino al prossimo cambiamento in cui qualcuno esce dal gruppo A e si unisce ai signori X, Y, Z fuoriusciti dal gruppo B contro il gruppo C. Tutto questo Risiko incrociato a squadre troverà un qualche tipo di eco nel mondo mediatico, oppure no, oppure impatterà il mondo del comune cittadino in maniera indiretta e difficile da decifrare – questo dipende dalle volte, una regola non c’è. Tuttavia, l’idea del blocco compatto di Potenti e Poteri Forti tutti asserragliati in un fortino a bere sangue umano dall’alba dei tempi sotto la regia di un Grande Vecchio stile Uomo Che Fuma di X Files per cospirare ai danni del povero pueblo unido è ovviamente una minchiata. Perché il popolo è inerme e non c’è bisogno di controllare e cospirare e chissà che altro, nonostante una certa retorica e i gruppi di Facebook strillino il contrario.

Se il modello letterario Herbert/Ellroy (ma sono solo due esempi ai massimi livelli, potete scegliervene altri) non vi garbasse, potreste comunque trovarne uno scientifico grazie alla teoria dei grafi – i grafi sono troppo adatti per modellare reti di relazioni. Potremmo rappresentare ogni gruppo di potenti e parassiti come un grafo connesso con macroaree/sottografi (politica, finanza, industria, media…) connesse/i da figure chiave. Figure chiave come Abberlusconi, Geronzi, Draghi, i presidenti della Confindustria e Confcommercio, i boss della mafia e chi altro, per esempio. Ogni volta che si forma una lobby, cricca, loggia, casta, si forma un cammino che unisce un certo numero di nodi e si snoda attraverso i vari sottografi “tematici”. Se un politico, imprenditore etc. ha bisogno di fare la cosa X, cui attribuiamo un costo arbitrario di 100, gli è necessario trovare quella rete di relazioni, distribuita fra i sottografi, di potenza vicino a cento. Se la potenza è data dalla somma del peso degli archi, abbiamo formulato un problema di ottimizzazione combinatoria – trovare un cammino, possibilmente minimo, di potenza >= 100. Come dire, mettersi in un giro di conoscenze sufficientemente potente per arrivare a X. Scusate l’approssimazione ma non c’ho voglia di dettagli.

Poi oh, c’è sempre gente che preferisce vedere in Beyoncé versione Eva di Metropolis un chiaro segno massonico anziché un costume che riecheggia un classico dell’immaginario collettivo, vabbeh. Prendiamo la loggiona maligna per eccellenza, la P2. Elenco dei tesserati alla mano, si trattava di un sottografo ben ramificato con propaggini ovunque: politica, media, militari. Avrebbe potuto in teoria portare a compimento un bel colpo di stato, giustificarlo alla popolazione, dettare l’agenda politica italiani degli anni successivi, ed eventualmente reprimere nel sangue gli ultimi scampoli di terrorismo rossobruno. Non è successo, perché Gelli è stato beccato subito: alla prova empirica dei fatti, la P2 si èdimostrata una cricca di maneggioni e furbetti priva di consistenza. Che poi gli ex pidduisti abbiano stretto alleanze utili per il prosieguo delle loro vite è normale. Ma adesso si ride veramente, perché la stampa degli Opliti del Bene, ancora in cerca del suo Watergatesz, ha sollevato il polverone della P3, nel tentativo di ibridare la P2 con Mani Pulite. La sensazione è che non ci riusciranno. La P3 è un’altra squallida cricca di trafficoni, per Mani Pulite 2 non ci sono i presupposti, e a quanto pare Jordan Carver in questi giorni è in Toscana:

Ecco, lei è una di quelle che si sono siliconate bene. Poi oh, c’è anche in giro gente che rimpiange il Festivalbar che era una cosa dei nostri anni e lo Wind Festival non è la stessa cosa… figuratevi voialtri.