Archive for marzo, 2008


I Santi dellAutogrill

(nella foto: un gruppo di santi spiega alle guardie vaticane la maniera più corretta per posizionare una rete di contenimento)

Vai, ci risiamo. Come al solito, il morto si colora di santità. Io voglio fare solo un post minimale, per liquidare subito la questione.

Allora, cè uno che è morto stiacciato dallautobus in una stazione di servizio vicino ad Asti.

Prima versione:
Giovane innocente morto sotto pullman di tifosi, possibilmente malvagi.

Dettagli arrivati in seguito:
Giovane tifoso strafegatato trasfertista del Parma.
Giovane interdetto dagli stadi ben tre anni fa.
Giovane alla sua prima partita dopo i tre anni di interdizione.
Giovane che aveva iniziato subito sfottò e provocazioni (lanci di bottiglie e colpi di spranga, robe così, da regazzini) allindirizzo del bus di tifosi juventini, assieme ad un certo numero di idioti suoi pari.
Giovane, cintola alla mano, cercava di mettersi di fronte al bus per impedirne la fuga.
Giovane colpito dallo spigolo del bus nel tentativo di impedimento fuga.

Deduzione dai dettagli:
Il giovane in questione era un maledetto ultrà, dunque parte della feccia schifosa dellumanità.

Mi dispiace per lui? Manco per il cazzo. Un altro coglione a far compagnia a Gabriele Sandri. E poi ora tante lacrime di coccodrillo, tanti "fermate il calciooo!" e poi avanti così, fino alle prossime guerriglie urbane e ai prossimi morti, ovviamente santificati.

Poi torno allEurasia, eh. Oggi avevo voglia di scrivere una stronzata veloce. <!– –>

Quel buon pittore dilettante antiimperialista, parte 1
Debunking ECM Records

Il signore che vedete lì sopra è Manfred Eicher, padre-padrone della rinomata ECM Records, etichetta tedesca in attività da quasi quarantanni. Hanno inciso per ECM artisti come Keith Jarrett (responsabile dellespansione stessa delletichetta grazie al megasuccesso di un disco sopravvalutato allo sfinimento come il "Koln Concert"), lArt Ensemble Of Chicago, Dave Holland, Paul Bley, Jan Garbarek – jazzisti, per definirli in una parola sola. Nel 1984 nasce la costola ECM New Series, che pubblica gente come Arvo Paart, Heiner Goebbels, Meredith Monk, Ketil Bjornstad, ascrivibili al giro della "contemporanea". Forse. Il punto è, adesso, chissenefrega? Immagino questo salti per le menti di voialtri lettori. Ebbene, è unelucubrazione personale, questa, che non so quanto possa interessare il resto del mondo. La scopera del ridicolo universo del "Progetto Eurasia" mi ha permesso di riordinare pensieri e sospetti accumulati negli anni, e dunque preferisco scrivere tutto qui. Alla memoria di goooooogle.

In principio era il gèz
Eicher aprì lECM proprio per il jazz. Da allora, questa casa discografica viene spesso premiata e lodata per le sue operazioni jazzistiche. I nomi fatti sopra (Jarrett, Bley, AEOC, Holland…) sono perfettamente in tema, e in un periodo di crisi come gli anni 70 cementarono lassociazione pavloviana fra ECM e detta musica. Per seguire la metamorfosi del suono ECM e laffermazione della sua estetica peculiare basta esaminare, a mio avviso, la discografia del sassofonista Jan Garbarek: costui nella primissima parte della sua carriera pubblicò una serie di album vulcanici e roventi come "Afric Pepperbird", "Tryptikon", "Witchi-tai-to" che seguivano le orme, niente meno, di Albert Ayler e Archie Shepp. "Witchi-tai-to" è del 1973, basta andare avanti di soli due anni per trovarci di fronte a "Dansere" e "Dis", che definiscono una volta per tutte il suono ECM. In questi lp si compie una sorta di procedimento alchemico lavorando di fino in laboratorio per creare uno stile musicale nuovo e completamente artefatto. Dal jazz si estrae chirurgicamente limprovvisazione, la si inserisce altrettanto chirurgicamente in un contesto minimal, ambient, dai suoni purissimi e riverberati, intimo e bucolico, ricco di echi del folk nordeuropeo. Questa musica immota e glaciale, contemplativa e cugina della new age, è estranea alla modernità ed è intrinsecamente, putridamente, arianamente, nibelungicamente europea.

European niggers of steel
Lasciamo perdere le eccezioni e puntiamo alla regola: ECM, la gloria del sound "next to silence", immobile, cristallino, algido e lutulento. E incredibile la maestria di Eicher nellarte del bispensiero: fin troppi ormai ritengono punta di diamante del jazz letichetta che più coscientemente ne è la negazione, che accentua il formalismo maniacale a scapito dellespressività, che subordina la natura stessa del jazz a putride concezioni tardoromantiche europee. Cioè, da un lato il piede nella staffa "jazz", dallaltro quello nellaccademia, anzi, Accademia – lartificiale musica improvvisativa creata da Eicher non vuole perdere il contatto con jazz probabilmente per questioni di nomea, ma ambisce ad essere trattato col rispetto dovuto ad una creazione artystica dalta accademya europea (che, naturalmente, DEVE essere superiore)! Le produzione della ECM New Series si spingono ancora oltre. Con questa musica si crea, rigorosamente in vitro, una nuova musica colta assolutamente europeizzante e antimoderna dove il richiamo al passato arcaico e alle radici e alla spiritualità dei popoli europei è sempre ben presente grazie alluso di materiale sonoro folk di varia natura (nordico, estone, germanico… dipende dallautore) che costituisce lossatura sonora ed emotiva delle lunghe litanie, in parte composte e in parte improvvisate ma sempre disinfettate e frigide, made in ECM. Occorre rimarcare come questo tipo di musica nasca in maniera del tutto artificiosa, in laboratorio – in natura, per così dire, non esiste. E nonostante gli autori siano disparati, suona sempre come "musica di Eicher". Perché? E il momento di definire un target.

Targetz, yeah
LECM è la musica per tutti coloro che vogliono essere "colti" e "bene" ma non hanno il tempo, la voglia, i mezzi per acculturarsi davvero. LECM dà loro un surrogato di complessità: i suoi dischi si ricollegano istintivamente ad alcune caratteristiche (uniformità di suono, formalismo, compostezza) tipiche della musica classica europea pre-900, immediatamente percepite come sinonimo di cultura, richiamano il passato ancestrale della Vecchia Europa, e gettano un ponte, più fittizio che altro, verso il presente con le contraffazioni/negazioni jazz e la new/next age. Sembra musica complessa, ma lo è solo per finta – fa leva su complessi e paure, la paura dellalterità e del nuovo che avanza, dei barbari alle porte e dei vecchi valori che non vogliono più dire un cazzo. LEuropa, terra di stasi e decadimento, non può che essere il terreno di caccia favorito. Ed una borghesia (sempre che il termine abbia ancora senso, non lho mai capito) che vuole qualcosa di nuovo e contemporaneo che allo stesso tempo rassicuri sulle certezze delleuropeità come bene supremo, che sembri elitaria e difficile ma in realtà non lo sia e non metta quindi soggezione, ecco una borghesia simile (o aspirante tale) non può che sentirsi confortata da Garbarek con lHilliard Ensemble, dai tintinnabuli di Paart, dal minimalismo folk di Bjornstad etc etc. Apprezzare liguaggi musicali autenticamente nuovi e fortemente contrapposti a quello europeo, come il jazz  appunto, comporterebbe troppo sforzo e la  necessità di concedere spazio ad unaltra cultura, addirttura, parbleu, proveniente da unex colonia. "Ma insomma,  non è importante che sia bello da sentire, anziché tante storie?" mi chiede qualcuno. Larianissima e paneuropea musica di Eicher mi risulta interessante, bella e vivida quanto il banco del pesce surgelato, mi dispiace. E roba morta che vive di vita artificiale.

Rossobruni for ECM
Gli intelletti rossobruni (secondo lottima definizione di Uriel) sono quelli più impressionabili dallestetica, nonché dallideologia di fondo, dellECM. Istintivamente credo gli appaia come un baluardo: da sx è una strenua rocca che si difende dagli assalti dellImpero Americano e dal colonialismo, da dx rifiuta la modernità e la civiltà industriale per rievocare un mondo di Tradizione e di Stirpe e Sangue e roba simile, sempre in opposizione al colonialismo imperialismo e cazziemmmazzi.

Un rapido confronto visivo:


       

A sinistra, la copertina di "Cool Struttin", un album di Sonny Clark: si tratta di jazz hardbop, ricco di blues, ritmicamente elastico, pieno di finezze quanto di straripante energia. Roba negra, dura, frenetica, che nasce in un contesto culturale dinamico, veloce, nervoso e fertile.

A destra, la copertina di "Bagatellen und Serenaden", raccolta di pezzi per piano solo e complesso da camera dellucraino Valentin Silvestrov: musica intima, piana, per lanima e giammai per il corpo, fatta di divagazioni atonali e motivi ermetici dispensati con la giusta parsimonia.

Le due copertine sono naturalmente intonate ai rispettivi album. Metropolitana, sensuale, veloce la prima, immota, grigia e severa la seconda. Una coglie unistantanea di vita dai molteplici rimandi, laltra contempla uno squarcio di immota natura lontana dalle brutture del mondo contemporaneo. Per il velleitario, la seconda è di sicuro un simbolo di pace interiore, discrezione, toni moderati e infine arte. Anzi, Arte.

E dunque…
Dove vuole arrivare questo lungo ed inutile excursus, ci si chiede. Ad evidenziare la logica dellECM, a come sia artificiosa e fintamente culturale, a come si colleghi a certe tendenze criptoarianeggianti che serpeggiano sempre più in giro, indifferentemente a dx e a sx. In quella sx e in quella dx che forse forse si trovano a coincidere e a scambiarsi libri quando il nemico è Israele, e di riflesso gli USA, e il 9/11, e il signoraggio, e la resistenza iraqena, e quella palestinese, e gli ebrei, e lolocausto etc. etc. E il resto alla prossima puntata.

Nota di update: potrebbe, questo tipo di sound, semplicemente piacere, fregandosene di tutto il resto dellimpianto di cui sopra? Certamente, ci mancherebbe. Solo che il discorso che voglio fare è un altro, e si riconnette alle teorie del Progetto Eurasia citato allinizio, teorie che trovano affinità con limpronta estetica dellECM. <!– –>

The CocaCola Index

Qualche mese fa, in una discussione telematica su temi estremamente elevati come Civiltà, Occidente, Tradizioni, Valori, Donne Nude (no, queste ultime mancavano purtroppo), uno degli interlocutori sbottò, piuttosto incazzoso:

"Ma che vi prende? Valutate il vostro benessere da quanta CocaCola potete bervi al giorno?"

o comunque una frase dello stesso tono & argomento. Chi sosteneva quella posizione è radicalmente antiimperialista e dunque gli addentellati e i sottintesi e tutto il resto sono deducibili senza grossi problemi. Io credo di aver risposto con una battuta e poi chi se lo ricorda, il resto della discussione. Però mè venuto in mente, questo discorso, proprio laltro giorno nella gozzoviglia pasquale. E cioè, ha senso valutare il nostro benessere da quanta CocaCola possiamo berci al giorno? Sono arrivato ad una conclusione piuttosto rapidamente, e la scrivo bene più sotto, a fine post, per evitare che venga fraintesa.

Ragioniamoci sopra, vedrete che è semplicerrimo. Quanta CocaCola possiamo berci al giorno? Quanta ce ne pare. Questo perché la CocaCola si trova ovunque e a prezzi accessibili a tutti. In quali zone del mondo succede la stessa identica cosa? Il criterio di selezione è questo: la CocaCola deve essere disponibile in quantità sterminata a prezzi irrisori per tutta la popolazione locale, anche un barbone deve poter raccattere pochi spiccioli ed essere in grado di bersi la sua CocaCola senza problemi; e la si deve poter trovare dappertutto, bar, supermercati, rivenditori automatici, nei ristoranti, nei fastfood, ovunque. Approssimando per difetto, cioè eliminando dallelenco tutti i posti per cui ho anche la minima incertezza, vengono fuori i seguenti luoghi: Europa, Nordamerica, Giappone, Oceania.

Tutti questi luoghi sono contraddistinti da:

– Industrialismo avanzato;
– Tecnologia a go-go;
– Medicina avanzata;
– Alfabetizzazione;
– Istruzione;
– Libero accesso alla conoscenza;
– Cibo a prezzi bassi e in grande quantità;
– Ottantanni di vita media.

Insomma, mica male. E tutto questo merito della CocaCola? Manco per il cazzo. Sono solo caratteristiche tipiche di un paese in cui la celebre bevanda è disponibilissima a prezzi stracciati. A sentir dire lEco Antiimperialista, è quella parte orribile del mondo tutta capitalista yankee merda IsDraele etc etc. In realtà, la CocaCola è un sintomo, non è una causa. E il sintomo di tutto quellelenco lì sopra. Lidea di finire decapitato perché credi che il tuo teocrate/signore della guerra/capo di partito/lider sia uno stronzo certamente non ci piace, e questo, guarda caso, succede in posti che non presentano, fra i sintomi, la CocaCola.  Stabiliamo dunque un bel CCI, un CocaCola Index: Europa, Nordamerica, Giappone, Oceania hanno CCI 1, gli altri cè da stabilirlo ma son messi peggio e quindi stanno più giù in graduatoria.

Naturalmente questa non è lapologia del "migliore dei mondi possibili". Ci sono miliardate di "mondi possibili", lequazione di Everett tanto li descrive tutti, e comunque se cè questo non ci sono gli altri e quindi è inutile scassare tanto la nerchia. Fra i mondi esistenti, di sicuro questo è meglio, però, ahr ahr ahr. Che poi di cose da migliorare ce ne siano una betoniera lo so anchio, come il fatto che la distribuzione della ricchezza sia iniqua e tutte queste cose. Fatto sta che ogni cultura ancora indietro, per quel che mi riguarda, ci guadagnerebbe a migliorare il proprio CCI e contemporaneamente potrebbe benissimo tenersi gran parte dei propri usi e costumi, solo aggiornandosi allera del CCI  buttando via le anticaglie e i rimasugli medievali – per dire, se lIran o la Cina salissero in zona CCI 1, sarebbero molto diversi da come sono oggi, sicuramente migliori grazie alleliminazione dei propri orrendi regimi, ma ancora molto diversi da noi perché secoli di diversa cultura non passano via così a ufo.

Ed ecco che la stolida opposizione criptoluddista dei movimenti ambient-ecologist-idiot che trova adito sui vari Echi Antiimperialisti viene continuamente minata dalla sua stessa autoreferenza e deficienza. Non si riesce a capire come mai tutte le cose di cui tanto ci si lamenta, i vari demonizzati ormoni, fertilizzanti, onde elettromagnetiche, nucleare, plastica, ogm, etc etc, insomma, tutti i mostri tecnologici ricoperti di strali negli ultimi cinquantanni, ecco, sono abbondantissimi e pervasivi in quelle zone del mondo in cui la vita media è più lunga e meno dura, e non dove si muore di stenti. Questo non significa che non si debba essere prudenti e che si possa smerdare tutto impunemente, anzi – certamente gli sprechi dissennati e linquinamento vanno ridotti e razionalizzati.

E quindi rieccoci a bomba.

"Ma che vi prende? Valutate il vostro benessere da quanta CocaCola potete bervi al giorno?"

Risposta: SI.
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Il post di Pasqua (dioboja)


(Necrophagia: "Bloodfreak")


"… e pensa te che il philosofo, un tempo, saffannava a cercar la sede danyma e di ragione, scrutando i recessi della ghiandola pyneale! E dal momento che, si scoprì, in tal ghiandola danyma la traccia non vera (a meno che lanyma non fosse il liquido merdoso che dalla ghiandola gronda), evidente era che lanyma, in realtà non esistesse. Che altre conclusioni trarresti, se tu elaborassi una teoria che lesperienza prova falsa? Che la teoria è giusta, e la realtà è sbagliata. E quindi lo vedi, chel papa cha seNpre ragione?"

(Pandemonio Utarpe, "Dialoghi sullincomunicabilità della gnosi") <!– –>

Spezziamo un po il culo ai Dream Theater

Quella che vedete qui sopra è una splendida esibizione degli RH Factor, il complesso jazz funk messo in piedi da Roy Hargrove (il trombettista rasta). Notare il magnifico accostamento dei timbri, il dinamismo ritmico ritmica, linterplay fra i vari musici, la bellezza dellimprovvisazione, lenergia che fuoriesce dallintera esibizione, la negritudine che esplode da ogni nota (perché gira che ti rigira, i negri hanno tirato fuori la musica migliore del mondo).

Bene, ora prendete il tipico bimbominkia dreamtheaterista. Vi dirà che i Liquid Tension Experiment sono meglio e che Petrucci & co. sono tutti grandi jazzisti che han deciso di fare metal, e che questi negri certo sono bravi, eh, chi lo nega. Però Petrucci & co. sono il meglio distillato della Grande Mvsica e quindi zitti e mosca. Poi un giorno parlerò proprio di Hargrove.

E che mi sono reso conto di non aver mai parlato nè di Hargrove nè dei Dream Theater, quindi cosa cera di meglio che tributare i giusti elogi al primo a spese dei secondi? <!– –>

LA GUIDA DEL TRAMONTO

1917-2008
Ma in realtà ti sei solo congiunto alla Supermente, Arthur, e il corpo non ti serviva più – lo sai tu e lo sappiamo noi. <!– –>

Oh che palle, ci risiamo  

Tibet Tibet Tibet Dalai Lama Cina Oppressione Casino Morte Strage Monaci Pacifici Genocidio Culturale. Lo scrivo per attirare qualche incauto internauta da Wikio, nei prossimi giorni. Io non so bene che pensare, credo che solo Rasputin, come al solito, possa darmi consiglio.

Devo dirmi daccordo, il buon vecchio monaco pazzo ha parlato con la solita saggezza che lo contraddistingue. Perché insomma, la situazione è che cé casino nel Tibet perché i cinesi vanno lì a rompere i coglioni e le tradizioni minacciate e lantica cultura tibetana è a rischio e un sacco di altre cose, ok ok, fin qui ci siamo. Il punto è: ma perché, se è una questione che riguarda Tibet, Cina, India, ovvero tre posti in culo ai lupi, ce ne dobbiamo fregare noi? Siamo così irremediabilmente narcisi? La risposta, evidentemente, è un bel "sì".

Da noi in realtà si sa un cazzo del Tibet, tranne le persone che ci hanno a che fare per motivi di studio, lavoro, sounasegasusughi e compagnia cantante. Tramite un eccellente p.r. come il Dalai Lama, e splendide fotografie della natura locale, dei templi, di Kathmandu e tutto il resto, abbiamo ben presente solo la visione cartolinesca del Tibet, una sorta di Shangri-La tutto pace e meditazione. A me buddhismo e compagnia non stanno meno sui coglioni delle nostre religioni monoteiste del menga – anzi, il generico senso di fastidio è lo stesso. Via, insomma, la mia scorza rozza e insensibile non viene assolutamente toccata dallaura di pace e contemplazione che sembrerebbe promanare dal santuomo del Dalai Lama, ecco.

Quello che non sempre si considera, o conosce, è il regime feudale teocratico imposto dai pacifici monaci alla popolazione locale – un obbrobrio terrificante, ben ritratto in questo articolo di Michael Parenti. (via Kelebek, che nel post odierno poco mi convince). Larrivo della Cina di Mao spazzò via questo schifo feudalmedievale. E difficile entrare nella testa dei tibetani dellepoca – è possibile che anni di buddhismo li abbiano portati, con placida rassegnazione, ad accettare i soprusi della casta monacale, "perché sì". La conversione al maoismo, come tutte le conversioni totalitarie, comportava la cancellazione della cultura locale e la forzata adozione del sistema del nuovo padrone (la versione cinematografica e fighissima di tutto ciò, il Celeste Impero che tutto assorbe, la vedete nel bellissimo film "Hero"). Nel caso del Tibet il regime cinese, per quanto faccia cagare il cazzo, ne ha rimpiazzato uno ancora peggiore che fra le altre cose praticava schiavitù, servitù della gleba e tortura come se niente fosse. Adesso sta succedendo qualcosa di ancora poco chiaro, perché linformazione che arriva da laggiù è pesantemente manipolata, e i media la rifiltrano, ergo cé una bella tara da fare.

ll Tibet rivuole lautonomia e:

– i monaci picchiano a sangue minoranze cinesi;
– i tibetani protestano di fronte alle ambasciate cinesi allestero;
– il Dalai Lama fa appelli vari e tutta laria sa di ciliegi in fiore;
– il Dalai Lama è una pedina americana e ha funzioni meramente anticinesi e imperialiste (e ti pareva?);
– hora e siempre resistencia.

Scegliete pure quello che vi pare, anche selezioni multiple sono ammesse. Mi chiedo solo se i tibetani, oltre alla loro cultura in senso più ampio, rivogliano pure lorrido regime dei monaci che avevano fino al 59 o giù di lì. E mi chiedo se pure i sostenitori della resistenza tibetana credano che sia la cosa migliore. Capisco la questione di principio – schierarsi dalla parte dellinvaso, della "vittima" – e capisco molto meno, però, sostenere ciò che comunque è insostenibile come il vecchio regime tibetano. Non è meglio che detto regime non torni mai più, soprattutto alla luce della tanto decantata carta dei diritti umani di cui spesso ci si riempie la bocca? In sostanza, diogorilla, se le opzioni sono:

a) Tibet libero e autonomo, cultura tibetana libera, ripristino dellantico tibetanismo?
b) Tibet libero e autonomo, cultura tibetana libera?
c) Tibet sotto la Cina, cultura tibetana libera?
d) Tibet sotto la Cina e completamente cinesizzato?

mi sa che per i tibetani sarebbe preferibile b) o c), mentre i resistenzialisti a distanza pur di non arrivare a c) o d) vorrebbero assolutamente a).

Resta alla base un fatto: son cazzi della Cina e del Tibet, che sono grandi a sufficienza per vedersela da soli. <!– –>

Post disutile

In realtà mi serve solo per testare FeedBurner, visto che i feed di Splinder fanno caa la merda. Intanto, come si nota in apertura, ne approfittiamo per una bella foto di Bea Flora, che male non fa.

Adesso proseguiamo.

USA, parte 1: cé un buon motivo per tifare John McCain, ed è da rintracciarsi nel fatto che Beltroni e i Beltroniani tifano Obama. Siccome Ron Paul non ce la farà, meglio che almeno venga il travaso di bile a Wally e ai suoi seguaci. Così, giusto per ridere, mica per cattiveria.
USA, parte 2: il governatore dello stato di New York si dimette per uno scandalo-prostitute. Qualcuno mi dirà che insomma succede di molto peggio uno può andare a puttane quanto gli pare no? Non tanto, uno perché la prostituzione è illegale, due perché il governatore Spitzer succitato aveva vinto le elezioni puntando sulla lotta allillegalità e alla prostituzione. Dal momento che lhanno beccato a sputtanare (letteralmente) 5000$ in un fine settimana, la figura di merda è stata così solenne che la credibilità è finita in frantumi e non ha potuto fare altro che dimettersi. Questo è possibile in USA, naturalmente, non certo qui. Pensate a Mele e Sirchia. Immaginate poi uno Spitzer italiano: tuonerebbe contro magistratura, ristoranti cinesi e parcheggiatori abusivi, verrebbe insignito di una medaglia  e infine riaccolto dai colleghi dogni sponda, commossi.

Reparto musica:
mi piglia ogni tanto questa cosa delle recensioni su Debaser. Il fatto è che, al solito, clicco "Invia" troppo presto per ansia da pubblicazione, e mi ritrovo un testo solo parzialmente soddisfacente. Purtroppo su Debaser non si può correggere un cazzo. Dunque, a questo link loriginale, di seguito la versione 2.0.

Lester Young – "Trio"



Un gigante
.

Basterebbe questa definizione, spesso abusata ma non certo in questo caso, per inquadrare la figura del sassofonista Lester Young, nato artisticamente negli anni 30 alla corte di Fletcher Henderson e Count Basie. Il suo stile sassofonistico si contrapponeva radicalmente a quello, dominante allepoca, di sua maestà Coleman Hawkins: un suono leggero e quasi privo di vibrato, lunghe linee di note rubate e un incedere pigro, languido, insinuante; semplice in apparenza, in realtà pieno di sottigliezze, sfumature, e arditezze armoniche. Un discorso musicale allusivo ed ellittico, quello di Lester, enigmatico quanto la sua personalità, che prese tutti in contropiede e fu presto imitatissimo, al punto di diventare irrinunciabile (almeno quanto quello di Hawkins) per lelaborazione del linguaggio jazzistico successivo.

Venendo al disco in questione, si tratta di una data in trio incisa per la Verve nel 1946, con Buddy Rich alla batteria e Aye Guy – ovvero Nat "King" Cole costretto a incidere sotto pseudonimo, probabilmente per motivi contrattuali – al pianoforte. Un set fatto di standard e di un brano originale, il blues "Back To The Land", firmato da Lester stesso. Un set di classe cristallina, dove Rich crea coi piatti un finissimo supporto, allinsegna della discrezione e dellunderstatement, e Cole si prodiga in una miriade di lirici, aggraziati ghirigori, riempiendo lo spazio del contrabbasso con un impressionante gioco della mano sinistra e inventando al contempo spirali di contromelodie avvolgenti che si intersecano a meraviglia con il sax morbido, discreto, elegantissimo di Pres ("The President", come lo chiamava la sua grande amica Billie Holiday). Lalbum privilegia tempi medi e ballad, vedi il succitato blues dapertura appunto, o unappassionata "The Man I Love" che si rifrange in un gioco di specchi deformanti grazie allinterplay di Lester e Nat. Spetta alla veloce ed eccitante "Ive Found A New Baby" piena di sospensioni ritmiche e spiazzanti "honk" che squarciano le linee di sax in maniera inaspettata e soprendente, il compito di alzare il tiro. In tutto, una decina di brani che in massimo quattro minuti riescono a distillare classe, inventiva e originalità da ogni battuta, e allo stesso tempo accessibili a chiunque. Mica bruscolini! Un capitolo fondamentale, da avere, per poi continuare ad esplorare la discografia del Presidente in lungo e in largo.

Nota: la ristampa contiene anche quattro brani dove Nat Cole suona con Harry "Sweets" Edison e Dexter Gordon. Per carità, si tratta sempre di un gran bellascoltare, anche se appare strano sentire quattro pezzi senza Lester Young in un disco di Lester Young… però si nota quanto il grandissimo Long Tall Dexter sia riconoscente a Mr. Porkpie Hat! Questo disco è incluso nel bellissimo cofanetto Verve che contiene tutte le incisioni di Pres per la rinomata etichetta di Norman Granz.

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Anchio sono vittima di un complotto

Vedete, io e i miei colleghi abbiamo inviato un articolo ad una rivista scientifica, per la pubblicazione. Dopo un po di tempo ci hanno risposto: a detta loro, è necessario approfondire una parte, potenzialmente molto interessante.  Potrebbe sembrare una risposta normale e addirittura seria, da parte del comitato  di una pubblicazione scientifica internazionale, giusto? Ahimè,  vi garberebbe. Anche a me. Ma non è così, ve lo giuro.

Non siamo stati noi ad aver scritto un articolo che ha bisogno di revisione, perchè il nostro articolo è assolutamente perfetto, uno dei migliori mai fatti nellintera storia della scienza. Chi lo critica, e lo respinge, naturalmente vuole boicottarlo per un secondo fine. Vuole che non esca perché minaccerebbe interessi più grandi. Del resto non è detto che, una volta apportata la modifica richiesta, non verrebbero fuori altre misteriose magagne. E non è nemmeno detto che altre riviste accetterebbero il capolavoro scomodo così comé, no. E dunque, viene spontaneo chiedersi: chi vuole ostacolarci? Chi vuole impedire la divulgazione? Chi vuole imbavagliare il nostro lavoro, probabilmente per sempre?

La risposta a questi interrogativi in realtà è semplice, molto più di quanto si possa pensare. E bastato guardarci fra di noi e riflettere su alcune nostre caratteristiche.

Perché io e i miei colleghi non siamo nè ebrei nè americani. La verità ci ha colpito duramente e con violenza inaudita, ma alla fine abbiamo capito. Abbiamo capito cosa dobbiamo fare per combattere questingiustizia, per opporci a questa ignobile congiura che corrompe il mondo e lo trascina sempre più nel porcido: ci applicheremo per la green card e, una volta trasferitici a NY (o anche a Sausalito, che cé sempre bel tempo), apriremo una bottega di ori e gioielli, e nel retrobottega faremo gli usurai.

Io poi cambierò nome in Nick Carlsberg. Del resto, se non puoi batterli unisciti a loro. <!– –>

Pubblicità pubblicità e il budello di tu ma

E bene che si sappia. <!– –>

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