TANSTAAFL, YOU FREETARD!

Laltro giorno ho fatto una capatina al negozio di dischi per comprarmi "The Conjoined" dei Project: Failing Flesh (consigliaterrimi, per inciso – beh, altrimenti non li avrei comprati). Facendo la fila alla cassa, vedo che il tipo subito davanti a me ha la sua bella copia di "In Rainbows", lultimo disco dei Radiohead. Non voglio ora stare a fare una disquisizione musicologica – qualunque persona di sana di mente riconoscerebbe subito limmane superiorità dei P:FF nei confronti dei Radiohead dogni tempo e luogo. No, il discorso è relativo al grandissimo can-can messo in piedi dalluscita, qualche mese fa, del suddetto "In Rainbows", distribuito in formato elettronico dal sito della band, senza case discografiche, ad offerta libera, la mossa che avrebbe dovuto segnare linizio della rivoluzione e della liberazione dei musicisti dal giogo della discografia e blablabla. Io non ci ho mai creduto, e vedere "In Rainbows" nei negozi in una confezione normale, anziché nella ventilata edizione extralusso cd+vinile+custodia in pelle umana, è solo il segnale dellavvenuto scoppio di una bolla daria.

Ricapitoliamo le mosse dei frignoni inglesi.

– Scaduto il contratto
con la EMI dopo "Hail To The Thief", i Radiohead annunciano che non ne cercheranno altri. Vogliono vendere il loro prossimo disco esclusivamente tramite il sito internet, in formato digitale, e ad offerta libera: chi vuole se lo piglia gratis, chi vuole offre… quanto si sente.

– Trent Reznor
dice che "alè, figo, lo volevo fare anchio, aspettavo solo qualcuno che desse il segnale, minghia". Risposta: "Prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr!"

– Il 10 Ottobre scorso
, "In Rainbows" esce sul sito, che permette anche di ordinare e ricevere a casa il box lussuoso (40 sterline, quindi laggettivo non è tanto per). Già qui le cose appaiono fatte con il cazzo: la musica è scaricabile in MP3. Ora, far pagare in offerta libera degli MP3 è una merdata. Se, come si suppone, tu band hai dei fan dedicati che naturalmente vogliono le cose fatte per benino, non gli metti a disposizione degli stronzi MP3 che vanno benissimo per liPod ma meno per un ascolto figo nello stereo. Costava tanto mettere unimmagine del cd e il libretto in formato pdf, per dire? Questo avrebbe testimoniato maggior attenzione e comprensione del mezzo, che i tempi di Napster son finiti da quel dì e lADSL ce lha pure il majale (o almeno un suo amico).

– Non si riesce a sapere
, esattamente, quali siano le vendite di "In Rainbows" dopo due mesi e mezzo, questo lo sanno solo Yorke e compagni. Il fatto che i piani siano cambiati, e sia uscita una normale edizione da negozio (autoprodotta e distribuita dalla Baggars Banquet, storica indie inglese, e quindi un canale tradizionalissimo), lascia pensare che tanto bene le cose non siano andate. Il sacco è pieno di pive, ahimè.

Credo che il piano radioheadiano fosse una stronzata fin dalla partenza. Il primo motivo è quello del sonoro: mettere in vendita gli MP3, quando puoi mettere un pacchetto completo a prezzo comunque più basso della vendita in negozio (perché manca tutto il canale della distribuzione), è una vera minchiata. Gli appassionati di musica vogliono il cd tutto ammodino, si sa, non riuscirai a farli rinunciare così a ufo. Se come alternativa proponi una barile lussuoso da 40 sterline, beh, complimenti. Qualcosa va in stallo per forza. Io non spenderei una lira per degli MP3, e credo che molta gente abbia ragionato allo stesso modo, costringendo i Radiohead a tornare di nuovo nei negozi.

Ma, cosa più importante, che incidenza può avere questa mossa? Cambierà davvero qualcosa? Il mercato discografico sarà stravolto, i vertici di Sony, EMI, Universal e Time/Warner sono al suicidio? Manco per il cazzo. E vero che le vendite dei dischi sono calate negli ultimi anni, ed è vero che il fenomeno del p2p ha inciso e modificato la questione. Ne avevo pure già parlato qui. La vita per i musicisti si è modificata: una volta il tour serviva per promuovere al meglio un nuovo album, le cui vendite restavano la principale fonte di sostentamento dei musicisti stessi. Oggi le cose si invertono: si pubblica il disco per poi andare in tour incessantemente e in questo modo riuscire a campare. Sono moltissimi quelli che ormai concepiscono lalbum come motivo per andare in giro, magari per duecento giorni lanno tutti gli anni. E dopo essersi sbriciolati il culo così, riescono a malapena a campare.

Naturalmente, occorre che questo disco qualcuno lo pubblichi e lo metta nei negozi. E occorre quindi un contratto. E occorre la promozione che ti assicura una casa discografica, perché internet e le sue risorse da sole sono un validissimo canale addizionale, pure economico, ma insufficiente a far conoscere ad una nicchia di mercato un gruppo di esordienti. Al limite, gli esordienti molto "addati" sul proprio MySpace possono attirare lattenzione di una casa discografica – ci sono un sacco di A&R che passano giornate a visitare i siti MySpace per cercare nuovi gruppi interessanti. Ma dalla discografia non si scappa. Ergo, la "rivoluzione" dei Radiohead non avrebbe rivoluzionato un cazzo, al limite avrebbe potuto dare potere individuale a chi comunque era già noto e famoso come i Radiohead medesimi. Per tutti gli altri… its a long way to the top if you wanna rocknroll. Vale sempre.

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