LHotel Girmo era un edificio malridotto e antiestetico, figlio della più selvaggia speculazione edilizia. Era stato edificato sul finire degli anni 90 utilizzando maestranze negre, messicane, portoricane e pellerossa, disperate e sottopagate, che a fine lavori sparirono misteriosamente dalla circolazione. I loro resti sono ancora lì, cementificati da qualche parte nelle fondamenta; limpresario Kenny Calogero (legato ai think-tank neocon da una lunga catena di bustarelle) potè costruire lintero stabile senza spendere un dollaro e lo rivendette subito, con guadagni spropositati. Adesso, il Girmo è un lucroso alberghino a ore, frequentato da tutti gli uomini daffari della zona per le loro sveltine in pausa pranzo. A questo porta il capitalismo.

In una squallida stanzucola dellultimo piano, una stanza che dava sulla Main Street, Harvey Spappolax aveva montato il fucile di precisione sul cavalletto già da unora e stava ripensando distrattamente alle circostanze che lavevano condotto lì. La sua carriera era iniziata nei piani bassi della CIA, dove svolgeva inizialmente il compito di addetto alle caldaie, per poi decollare quando inchiodò il senatore Kruger per il famoso "Scandalo delle Biglie di Cerume", come lo aveva battezzato audacemente il New York Times Square. Da lì in poi la sua vita professionale fu tutta in crescendo: spia di questura, infiltrato nel Partito Nazicomunista Panamericano, contatto a Valdicastrozza per delicatissime operazioni di intelligence (o approvvigionamento di skipass),  hacker personale di Karl Rove, campione rionale di biliardo. Ora lo avevano incastrato: nelle indagini in corso durante lOperazione Lontra Assassina aveva pestato alcuni piedi di troppo, che in un paio di telefonate lo misero alle strette. O uccideva il presidente Alan P. Quatermass-Rebaudengo, oppure era finito – avevano volutamente omesso i dettagli per rendere i suoi orizzonti più incerti e le sue paure più angosciose. A questo porta il capitalismo, si sa. Il suo sguardo annoiato ripercorse per lennesima volta la stanza: la moquette scadente e macchiata di schifezze, quei mozziconi di sigaretta spenti ogni dove, la pila di mutande sporche lasciate in quellangolo da chissà quanti clienti nel corso degli anni, le lampadine che penzolavano dal soffitto ingiallito e sudicio come bulbi oculari di gufo, i due iguana che si litigavano un pezzo di ananas nel bagno (umido e muffito). Accese lennesima sigaretta, tracannò del whiskey da discount, indispensabile per calcare il tono da antieroe maledetto, ed estrasse dal taschino della giacca la sua pallottola preferita. Gliela regalò Chèrol ai tempi della missione in Kamchatka, quel posto che se non fosse per il tabellone di Risiko nessuno conoscerebbe, e Harvey aveva deciso di tenersela come portafortuna personale. In quel momento aveva un disperato bisogno di fortuna, si trovava alle prese col più drammatico "o la va o la spacca" della sua vita: quale migliore occasione per usarla? Si rese conto allimprovviso che la sua grottesca e disperata situazione era ricca di risvolti simbolici. Era il sistema a cui non si scappava, che si feriva coscientemente per ridarsi la forza come un masochistico nastro di Moebius. In un hotel, figlio del più bieco sistema capitalista, si trovava un assassino che aveva fatto una rapida scalata nel dietro le quinte del sistema stesso, e che doveva sparare con la pallottola di Chèrol ("simboleggia affetti e occasioni sacrificate", pensò – chissà che brutta fine ha fatto, Chèrol, dopo che la persi a rubamazzo indagando sul caso Acme) contro il presidente, il simbolo universale delloccidente capitalista neocon globalizzante. E che nome, il presidente: "Alan P." come Alan Parsons, rinomato musicista e compositore, grande esponente della cultura musicale; Quatermass, come il dottore omonimo del celebre film, che dava un che di popolano e ruspante; infine Rebaudengo, genetliaco piementose che declina il tutto in chiave italica, signorile, borghese. Ah, il sistema. Incredibile come la dialettica fra il proprio vissuto personale e laltro da sè fosse una rappresentazione perfetta dello spaccato di quei teNpi disumani. In quel denso tessuto epiteliale metanarrativo, si disse Harvey, nessuno scavo linguistico sarebbe mai stato avvilito! Sulla parola "avvilito", la parete alle sua spalle esplose fragorosamente e una grossa palla di cannone lo centrò in mezzo alle scapole, sparpagliando la metà superiore del suo corpo in tutta la stanza.

"Avanti, corpo di mille trichechi!" tuonò la voce di Capitan Storione mentre si faceva largo attraverso la breccia che il colpo di cannone aveva aperto nel muro. Fece eco un coro di incitamenti, risate, rutti, scorregge camuffate da assoli di oboe. Col passo deciso della sua gamba di legno, frutto di una eroica fuga da Ginko Blec e la sua tribù di cannibali nel cuore del Borneo, quellomone alto e corpulento entrò nellagognata stanza che gli riservò solo delusione e un cospicuo travaso di bile. Il suo occhio buono (quello senza benda, sopravvissuto ad un micidiale combattimento con i pirati fantasmi della Lama del Terrore) gettava faville sul pavimento pieno di gore di sangue, profumo da quattro soldi, pezzi di sterco congelati e ragù; vide le gambe di un uomo e uno strano fucile giacere disordinatamente in terra, lungo la traiettoria della cannonata. Fremente di stizza, menò col suo braccio destro (quello che finiva con un robusto uncino, grazie al letale morso di Gorgo il Drago degli Abissi che per poco non se lo portava allinferno)  un fendente che avrebbe decapitato il primo timoniere Rollo se questultimo non si fosse abbassato di un soffio, come del resto succede ogni volta che il prode Capitano perde la pazienza. "Ma questo non é Fort Gion! Non cé il tesoro della Legione Nera! E dai tempi di Tortuga Bay che lo inseguo… per tutti i sargassi, che il diavolo mi porti, sangue di balena!" sbraitò il vecchio, ormai fuori di sé e con la lunga barba grigia scarmigliata e resa elettrica dalla rabbia. "Telavevodetto, telavevodetto, craaaaaak!" fu il commento di Polly, il pappagallo che Capitan Storione si portava in spalla da quando sconfisse a braccio di ferro il Pyrata Eustachio.Fu compito del minuto mozzo Ruoppolo, come al solito, placare quella montagna duomo.  "Capitano, credo di aver capito… siamo finiti in una storia post-moderna," disse con voce flebile, "torniamo indietro." Capitan Storione si fermò, tese lo sguardo ardimentoso verso il futuro (coincidente col tramonto), inspirò profondamente ed esclamò "Sì, corpo di mille chiodi rampini! Io sono un vero pirata, e mai mi arrenderò di fronte a queste scemenze radical chic!", guidando la sua fedele ciurma verso nuove mirabolanti salmastrose imprese.
<!– –>